lunedì 21 aprile 2008

Da IL CORRIERE DELLA SERA



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13 Aprile prima e dopo

L'esodo dei poveri da sinistra a destra
BARBARA SPINELLI

Analisi del voto italiano e dei meccanismi sociali e storici che sono alla base dei rivolgimenti politici in un mondo insicuro e fragile.
da La Stampa, 20 aprile 2008
Il passaggio da sinistra a destra di numerosi elettori popolari ha prodotto in Italia stupore triste o divina sorpresa, ma è un fenomeno non nuovo nelle democrazie e come spesso succede è in America che s'è manifestato negli ultimi decenni, estendendosi poi all'Europa. In realtà è fenomeno antico-la Germania prehitleriana conobbe analoghe saldature tra sinistre e destre estreme-e se oggi si ripropone con forza è perché alcune componenti riappaiono. Tra esse c'è il risentimento, questa passione che dà immenso ardimento all'individuo che si sente abbandonato e solo nella società, e che il massimo della potenza la raggiunge quando diventa risentimento territoriale, tribale, di classe. Nietzsche dà a tale passione il nome di morale dello schiavo, perché l'uomo del risentimento ha l'impressione quasi fiera di non poter mai raggiungere il benessere o il potere cui aspira. «Il No -spiega nella Genealogia della Morale-è la sua azione creatrice». Il no è opposto a tutto quello che è «fuori», «altro», che è «non io». Una prima risposta all'esodo dei poveri verso destra è venuta in queste settimane da Barack Obama. È accaduto il 6 aprile a San Francisco, quando il candidato democratico alle primarie presidenziali ha spiegato alcuni tratti di tale esodo. Nelle piccole città colpite dalla crisi, ha detto, l'amarezza è tale che la persona si sente perduta, ed è a quel punto che s'aggrappa non a reali soluzioni del disagio economico, ma a valori e stili di vita sostitutivi, culturalmente consolatori: l'uso delle armi o della religione, la ripugnanza del diverso, dello straniero. Amarezza e frustrazione sono varianti del risentimento descritto da Nietzsche, e negarne la realtà vuol dire fuggirla. Sono decenni che le cosiddette questioni culturali sono invocate in America per occultare difficoltà e misfatti economici. Obama è stato giudicato ingenuo, imprudente: avrebbe offeso gli operai, guardandoli dall'alto e comportandosi come uno snob, un elitario (in Italia si dice anche: antipatico). Non è detto che siano critiche errate, ed è vero che Obama rischia molto, sin dalle primarie di martedì in Pennsylvania. Ma perdere le battaglie non significa aver torto, e i numeri delle urne non ti danno automaticamente ragione: cosa spesso trascurata da commentatori improvvisamente dimentichi di quel che il prosindaco leghista di Treviso Gentilini dice a proposito del ventennio fascista («il ricordo di una maschia gioventù che lavorava, faceva il suo dovere, ubbidiva alle leggi») o delle parole proferite dall'onorevole leghista Salvini («i topi sono più facili da debellare degli zingari. Perché sono più piccoli»). Quel che vince è piuttosto un malinteso, sui valori come sulla povertà: lo stesso malinteso che affligge oggi Obama. L'amarezza di cui ha parlato il candidato è cosa tangibile, dopo le tante promesse non mantenute di Bush, ma d'un tratto è lui ad aver offeso i poveri, la gente comune non beneficata da regali fiscali, il lavoratore autentico che fatica a sbarcare il lunario. Da parecchi decenni la destra americana si è fatta paladina dei poveri e delle classi medie declassate, e con Bush junior la vocazione s'è ancor più sdoppiata: impoverire i deboli, e scaricare su altri la responsabilità dell'impoverimento. Nel 2004 hanno votato per lui numerose regioni immiserite. Il risentimento che generalmente appartiene alle sinistre è passato a destra, e proprio questo ha voluto dire Obama parlando di quei valori divisivi (le cosiddette wedge questions con cui i repubblicani svuotano l'elettorato democratico: religione politicizzata, aborto, matrimoni gay, controllo delle armi). In Francia sono valori divisivi il nazionalismo, e il rancore contro una sinistra sospettata di transigere su immigrati, sicurezza, ed erede di quel terribile Sessantotto ripetutamente denunciato in America, Francia e Italia. Il malinteso su valori e povertà è acutamente analizzato da Thomas Frank, in un libro pubblicato in concomitanza con la seconda vittoria di Bush (What's the Matter With Kansas? How conservatives won the heart of America, 2004). Obama ha forse sbagliato a usarne gli argomenti, ma le cose narrate nel libro restano importanti e valgono anche in Europa. Il risentimento ha infatti bisogno, per continuare a infiammare, di un'indignazione che non scema e anzi si dilata, indipendentemente dai risultati elettorali. L'uomo del risentimento rinasce contemplando se stesso, e il se stesso che contempla è non solo insoddisfatto ma eternamente marginale, minoritario, vittima di un'élite dominante che lo tiranneggia e l'imbavaglia. Dell'élite fanno parte i liberal americani (le sinistre europee) e il loro potere è considerato enorme, soffocante, invincibile. Essi agiscono attraverso i giudici, gli universitari, i giornalisti, gli intellettuali, anche quando questi ultimi si spostano a destra. Qui è la menzogna, che occulta la realtà per istinto e strategia. La conquista dei ceti popolari avviene fingendo che la maggioranza conservatrice, anche quando ha tutti i poteri come in America (parlamento, Corte suprema), anche quando regna su affari ed economia, sia una maggioranza perseguitata. Gli uomini di sinistra, ai suoi occhi, sono al potere comunque, poco importa se eletti o no: il progressismo liberal domina anche se i Repubblicani hanno vinto sei elezioni presidenziali su nove dal 1968; anche quando i Repubblicani controllavano tutti i poteri dello Stato. «Al di là della politica, il liberalismo è un tiranno che domina la nostra esistenza nei modi più svariati e rovesciarlo è praticamente impossibile». L'oppressore e il prepotente quasi sempre s'atteggiano a vittima. L'ideologia del ressentiment è questo: ritenersi in ogni caso e sempre un outsider, un emarginato, anche quando si hanno le leve del potere. È un dispositivo centrale dei successi di Bush, Sarkozy, Berlusconi: per vincere, occorre che l'indignazione non si raffreddi mai, dunque che la realtà sia a intervalli regolari falsata. Se un giornalista come Marco Travaglio scrive che in Italia permangono conflitti d'interessi e corruzione è considerato subito non un outsider, come irrefutabilmente è, ma un nemico straordinariamente forte e minaccioso. Basta un solo dissidente, basta un giornale minoritario come l'Unità, e gli outsider vincitori si sentono assediati da orde vastissime. Nelle dittature basta l'1 per cento di dissenso ed è panico. Frank racconta come questo risentimento populista abbia fatto presa nell'800 sulla sinistra ­ in Texas ad esempio ­ e sia stato poi disinvoltamente catturato dalla destra. Perché ciò avvenisse sono cambiate le antiche linee divisorie: la lotta di classe contrapponeva operai e padroni, poveri e ricchi, sopra e sotto, mentre oggi ci si divide tra assistiti o parassiti e salariati, tra bianchi e neri, tra chi è fuori e chi dentro, tra chi si sveglia all'alba-dice Sarkozy-e chi dopo. Ma soprattutto ci si divide culturalmente: tra snob e autentici, tra antipatrioti come Obama (non porta la spilla con la bandiera Usa sulla giacca) e nazionalisti, tra relativisti e devoti, magari calcolatori ma pur sempre devoti. La sinistra ha molto da fare, se vuol arrestare la parte menzognera dell'esodo e convincere i fuggitivi che ha perduto per propria insipienza, per propria incapacità di dar risposte razionali alle nuove povertà, ai nuovi bisogni popolari. Si tratta di ricominciare a parlare di economia, di malaffare, di legalità, obbedendo inflessibilmente al principio di realtà. Si tratta di denunciare il potere dove realmente si esercita. Si tratta di rivalutare la sicurezza, senza criminalizzare i giudici ma rendendoli più rapidi e presenti in un settore-l'immigrazione -che sarà sanato dalla legge uguale per tutti oltre che dall'ordine. Si tratta di dire le cose come stanno: è la più appassionante delle avventure, se solo si designa l'avversario senza aver paura della falsa paura che si incute.


domenica 20 aprile 2008

Strutture dell'elettorato

da www.alleo.it


di Marco Giaconi
In una recente ricerca CENSIS sulle campagne elettorali (che comunque è stata terminata prima delle ultime elezioni politiche) si fa notare che sono soprattutto i “giovani del Nord” a essere influenzati dai messaggi elettorali, con un 40% di essi che ha cambiato attitudine di voto durante la fase pubblicitaria del dibattito politico.Segno che la classe più bombardata dai messaggi commerciali, che funziona da trend setter per i consumi di massa (si pensi al ruolo dei bambini nell’acquisto delle auto) è anche quella più sensibile a quello che noi abbiamo chiamato “il fustino elettorale”. Essendo però minoritaria nel centro e nel centro-Nord, l’area dei giovani permette smottamenti elettorali nel Nord, appunto, e nel Sud, dove la quota di giovani sulla popolazione votante è più elevata.Gli adulti hanno cambiato voto, sempre sulla base dei dati CENSIS relativi alle ultime tornate elettorali prima dell’Aprile 2008, in percentuale molto meno rilevante: solo il 15% circa degli adulti, su tutto il territorio nazionale, ha mutato il proprio orientamento elettorale durante la campagna pubblicitario-politica.In effetti, i messaggi della comunicazione politica, in tutti i partiti che si sono presentati alle politiche del 2008, erano divisi in due settori ben separati tra di loro, per evitare il cross-cutting delle preferenze: c’era un sistema fisso di pochi messaggi forti e unici, gli slogans fissi dei due schieramenti maggiori, e una sequela di messaggi di settore con i quali si fidelizzavano gli elettorati marginali e già costituiti in lobbies e gruppi di pressione. I pensionati, i gay, i giovani precari, ecc. Qui, la gara era tra chi arrivava prima: chi picchia prima, anche con i soli messaggi elettoral-pubblicitari, picchia due volte. Solo gli elettori marginali e non strutturati venivano lasciati di fatto a un unico schieramento. I gay, i disoccupati ultratrentenni, i ricercatori costretti a fuggire dall’università italiana. Qui contano i numeri del gruppo elettorale, non le loro eventuali ragioni. Le democrazie post-ideologiche stabilizzano la competizione sui gruppi elettorali maggiori, per poi tenersi di riserva, qualora occorra, i gruppi elettorali più ridotti che possono fare, in un testa a testa tra le siglie maggiori, la differenza tra la vittoria e la sconfitta.Ma anche gli anziani sono largamente influenzabili dalla qualità e dai messaggi delle campagne elettoral-pubblicitarie, e il CENSIS fornisce un dato quasi simile a quello valido per i giovani: il 31%. Sia i giovani che gli anziani, entrambi più lontani dal sistema produttivo e dalla sua forte solidificazione delle richieste al sistema politico, sono quindi sensibili alla comunicazione politica mirata, e soprattutto percepiscono, come peraltro accade anche nella pubblicità commerciale, l’effetto gestaltico, la coerenza dell’insieme comunicativo di slogans e proposte.Non si possono difendere insieme gli interessi del NordEst e del “popolo delle partite IVA” con quelli del sistema bancario, non si può propagandare insieme la necessità della sicurezza per i cittadini e la massima apertura delle frontiere per gli immigrati. Gli elettori sono magari poco interessati ai singoli messaggi, ma percepiscono immediatamente la dissonanza cognitiva creata da messaggi simultanei ma semanticamente configgenti tra loro.Oltre il 34% delle donne, secondo i dati immediatamente precedenti alle elezioni del 2008, sceglie il voto durante la campagna elettorale.Per quel che riguarda le motivazioni di voto, è rimasta progressivamente in calo la “attrattiva del leader” che attirava al voto solo per il 14% nelle elezioni del 2006, e certamente questo è un trend confermato nel 2008.Stabilmente scarso l’appeal dei programmi, che risultava nelle scorse tornate elettorali vicino al 12% per entrambi gli schieramenti, con la serie di proposte “spot” settoriali che risultavano spesso irrilevanti sia per gli elettori di destra che per quelli di sinistra.E anche i candidati non hanno mai contato granchè, salvo naturalmente che nelle elezioni locali. Gli elettori italiani ancora separano nettamente le elezioni per gli enti territoriali da quelle politiche.In linea di massima, per i giovani vale una motivazione al voto legata alla vicinanza dello schieramento con i propri valori e ideali, che peraltro sono quelli che stabilizzano il loro voto prima delle campagne elettorali.Il che implica che la fine del ’68 è già arrivata: quella lunga fase in cui la sinistra intercettava quasi automaticamente il disagio e i “mondi vitali” dei giovani è finita. Oggi è la destra a trovarsi in sintonia percettiva e immediata con il mondo giovanile, sia di cultura elevata che nelle aree marginali del voto popolare dei pre-trentenni.Forza Italia ha visto passare la quota dei suoi elettori “valoriali” dal 30% del 1996 al 40% nel 2006, Alleanza Nazionale ha una quota di elettorato “valoriale” che è passata dal 42% del 1996, secondo i dati CENSIS, al 50,4% del 2006.Per i DS il voto valoriale è passato dal 58% nel 1996 al 64% nel 2006, mentre per la “Margherita”, ora confluita nel “Partito Democratico”, il voto di appartenenza era del 43% nel 1996 per arrivare al 41% nel 2006.Tutte le elaborazioni parziali che stanno facendo i politologi empirici sulle ultime elezioni tendono a confermare questi trend.E le richieste concrete degli elettori, che come abbiamo visto, contano molto meno di quanto appaia? Le gerarchie statistiche, confermate anche dalle ultime analisi ISTAT, vedono al primo posto la Sanità, con percentuali simili per gli elettori sia di destra che di sinistra. Al secondo posto, vi sono le pensioni, emergenza nazionale percepita egualmente sia tra i berlusconiani che tra gli attuali veltroniani.Il più importante argomento che però divide l’omogeneità del corpo elettorale è il fisco: estremamente importante per l’elettore di centrodestra e meno rilevante per quello orientato verso il PD ora e l’Ulivo fino ad ieri. Il fatto che il fisco sia stato particolarmente pesante nelle politiche dell’ultimo governo Prodi ha probabilmente fatto “smottare” una parte rilevante dell’elettorato non fidelizzato di sinistra verso il centro-destra.La Giustizia viene ritenuta essenziale, come area di riforma radicale da parte di ogni governo, dal 30% di tutti gli elettori. I dati ISTAT precedenti alle elezioni dell’Aprile scorso danno un 24% di priorità bipartisan tra gli elettori per la questione “Riforma della Giustizia”.La Sicurezza, è centrale nelle richieste degli anziani e degli elettori del Centro e si situa al 16% delle priorità bipartisan degli elettori. Ma l’insorgenza della questione sicurezza al Nord, e la presenza al Nord della maggior quota di elettorato “fluido” ha permesso alla questione sicurezza, per chi l’ha potuta agitare nelle elezioni del 2008, un vero e proprio scoop elettorale.Ma i temi degli elettori sono di difficile soluzione, non solo e non tanto per la capacità politica e intellettuale delle due élites politiche, ma per la intrinseca contraddittorietà delle opzioni. Se chiudo i confini all’immigrazione elevo il costo del lavoro, e rendo ancora più evidente lo squilibrio dei conti INPS, se d’altro canto elevo le pensioni oltre un certo livello, non ho più risorse per riformare la scuola, e quindi produco manodopera di minor valore sul mercato. Insomma, tutti e due gli schieramenti dovranno far ricorso al “fine tuning” delle loro politiche di settore, il che implica che aumenterà la quota di tecnocrati non elettivi nell’élite del potere italiana.[21 aprile 2008]





venerdì 18 aprile 2008

Lettera a Walter

Giovanni Bollea, padre della Neuropsichiatria infantile, in questa bellissima lettera a Walter spiega perche, al di la’ della sconfitta, Walter abbia in realta’ ottenuto una vittoria che restera’ nel tempo: la nascita di un Partito che sara’ sintesi delle forze piu belle e ricche della storia d’Italia
Roma, 16 aprile 2008

Caro Walter,

oggi dopo la sconfitta, io sono tranquillo, se penso che il Partito Democratico chiude un secolo di storia molto discutibile.
Un secolo pieno di difficoltà, che iniziava con la caduta della destra – sconfitta nel 1905/1910 con Giolitti, mai più ricostruita come forza vera moralmente accettabile, chiusa più che mai nel suo impegno neo-industriale e priva ormai del vero spirito morale di una destra-guida - per continuare con la lotta di Aldo Moro e della sua corrente, nella difficile marcia tra Vaticano e sinistra social-comunista.
Io ho vissuto tutto il dramma, ma “ad latere”, chiuso in forma ossessiva nella mia Neuropsichiatria infantile: dal 1945 non l’ho mai abbandonata. Ma, sul piano politico, potevo liberamente pensare, attendere, soffrire, e sperare.
Il tuo partito per me risolve dunque un’epoca e raggiungerà quella sintesi in cui speravo, ma che mi sembrava troppo coraggiosa in un’Italia che trattiene ancora in sé due anime positive controverse e una destra vera. Ecco perché ha vinto una destra che non è una destra!
E ha perso una sinistra che non è una sinistra armonica; intelligente sì, ma a cui i propri ideali non sono del tutto chiari.
Conclusione: Il Pd per la nazione Italia, che ha in sé due grandi verità in contrapposizione politica più che ideale, doveva ancora progredire.
Il Pd è il vero partito che vince e porta alla vittoria quella ricchezza contraddittoria italiana, rispetto agli altri Paesi, stretta tra Vaticano e mondo del lavoro. Vaticano e spirito di attività e di volontà di dare, che è proprio del mondo impiegatizio-operaio. Ma che la destra italiana non ha mai saputo capire nel suo lato positivo.
Medita anche tu su quanto ti ho detto, su ciò che è stato il dramma della mia vita, che ho saputo sublimare in me stesso solo nel dare al mondo scientifico della Neuropsichiatria infantile.
Ti sono molto vicino e dai miei 95 anni vedo una prossima vittoria tua e del tuo partito, se sarà capace di comprendere meglio il dramma positivo e negativo del secolo passato.
Ti prego di meditare dieci minuti al giorno su questo mio sfogo e prenditi tutti i pensieri, la volontà, le speranze e la sicurezza di tutta la mia vita.
La morale, per me, è nelle parole di mio padre che, portandomi a vedere a 8 anni la casa del Lavoro di Torino, che i fascisti avevano bruciato, gridava: “Giovanni, ricorda! Giovanni, ricorda! Giovanni, ricorda!”.
Da quel tragico fuoco è nata tutta la mia lotta psicologica e politica, che ha determinato il desiderio di darmi al mio popolo, nel limite delle mie possibilità.
Dai miei 95 anni ti mando tutti i più trepidi e commossi auguri. Sei ancora molto giovane. Lotta e non cedere mai ai tuoi ideali. Sei riuscito a ridurre l’enorme frammentazione a 2-3 partiti. Hai fatto un lavoro straordinario e stupendo.
Ricordo ancora il tuo discorso nei giorni in cui eri diventato Sindaco di Roma: “…Ma io rimarrò in questo settore”, quando ti risposi: “Sei troppo giovane per decidere della tua vita”. La frase che forse ti sembrò molto sibillina voleva dire: vai avanti e credi in quello che fai cocciutamente, ogni volta che decidi qualcosa.
Sono sicuro che le tue idee, come supporto al tuo coraggio di costruire e prendere la guida del Partito Democratico, saranno la tua grande vittoria: un irrinunciabile plus valore per il nostro Paese.
Un giorno, scherzando, ho detto a Fassino che volevo essere il numero 12 del Partito, perché lasciavo il posto agli altri undici molto più importanti di me! Ed ora, a parte le battute, mantengo in forma ideale questo mio desiderio. E avendo avuto la grande fortuna di captare le verità essenziali dei tuoi discorsi, ti dico: continua.
Il Pd, come inizio di un’armonica costruzione fra le necessità e gli ideali italiani in una visione europea, deve continuare perché l’Italia è la nazione più ricca di contrasti, ma è depositaria di un vastissimo bacino di insospettabili, costruttive qualità caratteriali e culturali.
La sconfitta deve quindi insegnare a capire molto di più di quanto è giusto, per discutere, costruire e proporre il giusto all’Italia che tutt’ora si interroga.

Buon lavoro.

Giovanni Bollea

VERRANNO TEMPI DURI

di Marco Cedolin - 17/04/2008

Fonte: Cedolin Marco Blog




Le urne si sono chiuse da appena 24 ore e già Silvio Berlusconi si è affrettato ad annunciare che “verranno tempi duri” ci “saranno momenti difficili” ed il futuro governo (probabilmente insieme a quello ombra di Walter Veltroni) sarà costretto ad approvare misure impopolari ma necessarie.
Con la chiusura dei seggi è dunque svanita come in una dissolvenza tutta la lunga sequela di fantasmagoriche promesse elettorali attraverso le quali i partiti politici sono riusciti a carpire il voto dei cittadini. Tagli delle tasse, aumenti dei salari, nuovi posti di lavoro, ripresa economica, incrementi delle pensioni, aiuti alle famiglie, riduzioni degli sprechi, miglioramento della giustizia, redistribuzione della ricchezza, nuove case per tutti, sono solo alcune delle “allucinazioni” vendute come buone dagli imbonitori di professione pur essendo già morte ancora prima di nascere.
Il bengodi prospettato alla vigilia del voto non è durato neppure un battito di ciglia e mentre le urne sono ancora calde già si scontra con una realtà dai contorni diametralmente opposti, fatta di tempi duri, momenti difficili, riforme impopolari.

A stupire non è la caducità di promesse talmente surreali da somigliare a veri e propri deliri onirici, che pure hanno ottenuto l’effetto voluto. Ciò che stupisce realmente è come Berlusconi possa prospettare “tempi duri” per quei cittadini che già oggi stanno vivendo tempi durissimi, senza riuscire ad arrivare a fine mese, con l’incubo del lavoro precario e con salari dal potere di acquisto in caduta libera. Pensare di rendere la vita degli italiani ancora più dura e difficile di quanto lo sia oggi, attraverso riforme impopolari, è un proposito talmente peregrino da rasentare l’assurdo. Affermarlo pubblicamente il giorno dopo le votazioni, mentre in campagna elettorale si è provveduto a vendere una marea di sogni, dimostra semplicemente che la vera assurdità consiste nell’illudersi che esista ancora una logica a muovere la politica.







E adesso?

La netta vittoria della Pdl e di Bossi, l’uscita di scena della Sinistra Arcobaleno, dei socialisti di Boselli e della Destra di Storace, ridisegnano la composizione del prossimo Parlamento italiano. Al Senato il Partito della libertà più Lega più MPA può contare su 168 senatori contro i 130 del Pd più Di Pietro e alla Camera su 340 deputati contro i 239 dell’alleanza di centrosinistra. Di quale opposizione ha bisogno ora il Paese? Ci deve essere un confronto su alcuni provvedimenti di emergenza come per esempio nel campo dell’economia o per la riforma della Costituzione e della legge elettorale, oppure, sempre e comunque opposizione?

mercoledì 16 aprile 2008

Quei sette punti persi dal centrosinistra

LA REPUBBLICA
16/04/08

ILVO DIAMANTI

A leggere i titoli dei giornali di oggi c´è da stropicciarsi gli occhi. Pare di essere tornati indietro di 10-15 anni. Ai trionfi di Forza Italia e della Lega. Una marcia rapida verso il passato. Con la differenza che, allora, Lega e FI erano concorrenti. Alle elezioni del 1994: vinsero insieme, nel Polo delle Libertà. Ma FI cannibalizzò la Lega. Nel 1996 avvenne il contrario. La Lega corse da sola, contro il Polo.
E sfondò, nel Nord, realizzando il maggiore risultato della sua storia. A spese di FI. In queste elezioni, invece, la Lega si è affermata, anzi, ha trionfato alleandosi con FI e AN, confluiti nel Popolo della Libertà. L´ultima invenzione di Silvio Berlusconi. Non un leader, ma, come ha sottolineato Mauro Calise sul Mattino, "il capo". Un accordo vantaggioso per tutti. Il Pdl, nel Centrosud, ha, infatti, ampiamente recuperato i voti "ceduti", nel Nord, alla Lega. Che, peraltro, ha conquistato alla causa comune consensi che vanno molto al di là dei confini di centrodestra. Quanto alle forze politiche di centrosinistra, si tratta di una pesante sconfitta. Al di là delle attese. Disastrosa per la Sinistra Arcobaleno. Per capire perché e come sia avvenuto tutto ciò, conviene precisarne meglio le misure, le dinamiche, la geografia, la sociologia del risultato. In modo sommario e, necessariamente, approssimativo.
1. Il successo di Berlusconi è stato netto. La sua coalizione ha ottenuto oltre 17 milioni di voti alla Camera. Circa 3 milioni e mezzo in più dell´alleanza Pd e IdV, che sosteneva Veltroni. La quale prevale solo nelle regioni rosse (+14 punti percentuali). Inoltre, c´è equilibrio nelle regioni del Centrosud (Lazio, Abruzzo e Molise: +2 punti per il Cavaliere). Mentre nelle altre zone il successo di Berlusconi appare schiacciante: +17 punti nel Nordovest, +19 nel Nordest, +15 nel Mezzogiorno e nelle Isole. Difficile, per il centrosinistra, agitare la "questione settentrionale", questa volta. Perché altrettanto grave, per questa parte politica, risulta la "questione meridionale". D´altronde, nel Sud, la coalizione di Veltroni, rispetto al 2006, è cresciuta di un solo punto, grazie all´IdV.
2. Dal punto di vista territoriale, il Pdl è il primo partito in 67 province, il Pd in 35, la Lega in 6. Il Pd prevale nelle tradizionali regioni rosse (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche). Inoltre, nelle nuove regioni "rosa" del Centrosud: Molise e Basilicata. Mentre crolla in alcune regioni dove, negli ultimi dieci anni, si era consolidato. Fra tutte: la Campania.
3. La Lega si impone ovunque, nel Nord padano. Ma soprattutto nelle sue zone di origine. Nelle zone pedemontane, che hanno conosciuto negli ultimi vent´anni una grande crescita dell´economia di piccola impresa. Supera il 30% in 5 province: Sondrio, Verona, Bergamo, Vicenza e Treviso. Ma in altre 20 va oltre il 15. Da Belluno a Cuneo, passando per Brescia, Como e Varese. La stessa mappa del ´92. Che, a sua volta, riassume la propagazione del voto leghista dal 1983 in poi. La sorpresa di chi continua a sorprendersi dei successi della Lega, a intervalli regolari, è, quindi, fuori luogo. Oggi è il partito che ha più storia tra quelli presenti in Italia. Viene da lontano. Ha quasi 30 anni. È radicato. Governa città e province. Nel 1993 (qualcuno lo dimentica) conquistò Milano.
4. Il Pdl è partito più forte in quasi tutto il Mezzogiorno, isole comprese. Soprattutto in Sicilia, dove raggiunge livelli elevatissimi. Ma è forte anche nel Nordovest. Ripercorre e riproduce la geografia e la biografia dei soci fondatori. FI, che, fin dall´origine, ha ottenuto le migliori performance nel Nordovest, lungo l´asse che collega Milano alla Liguria Occidentale; nelle isole, soprattutto in Sicilia; nella fascia tirrenica del Mezzogiorno. An: che ha ereditato e rafforzato il bacino elettorale del Msi, nel Centrosud, lungo l´asse che unisce il Lazio alla Puglia.
5. Malgrado il profondo rinnovamento dell´offerta politica degli ultimi mesi, quindi, la geografia del voto non è cambiata. Le fedeltà politiche territoriali degli italiani appaiono più forti di ogni influenza mediatica. Più vischiose di ogni personalizzazione.
La novità, semmai, è che la Lega, per la prima volta, ottiene un risultato travolgente insieme al centrodestra. Non "sola contro tutti". Probabilmente perché, in questi anni, ha potuto operare all´opposizione. La posizione che sa sfruttare meglio.
6. Infine, l´Udc ha tenuto il suo segmento di voti. Limitato, ma comunque stabile. Le forze politiche della Sinistra Arcobaleno, invece, hanno subito un vero tracollo. Hanno perduto il 7% su base nazionale. Nel 2006, avevano ottenuto oltre il 10% dei voti validi. Alle elezioni dei giorni scorsi, insieme, poco più del 3%. Oltre due milioni e mezzo di voti in meno.
7. Una voragine aperta nel centrosinistra. Che la coalizione guidata da Veltroni ha colmato in minima parte. IdV ha sicuramente ottenuto un buon risultato. Il 4,4%. Quasi il doppio rispetto a due anni fa. Quanto al Pd, se consideriamo insieme i partiti che ne fanno parte (oltre a Ds e Margherita, anche i Radicali e la lista dei Consumatori), rispetto al 2006 si osserva una crescita molto ridotta: meno di 1 punto percentuale. Che si realizza soprattutto nelle zone rosse e nel Centrosud. Mentre nel Nord e nel Mezzogiorno è sostanzialmente fermo. Oppure perde qualcosa. In altri termini: il Pd ha intercettato i voti delle forze politiche che lo hanno promosso. Ma non è riuscito ad attrarre flussi aggiuntivi. Dal centro e soprattutto da sinistra.
8. Così, se consideriamo il bacino elettorale di destra e sinistra delineato dalla Cdl e dall´Unione nel 2006, oggi, il piatto della bilancia pende decisamente a destra. In particolare, i voti delle forze politiche di centrosinistra (l´Unione), rispetto a due anni fa, sono calati di quasi 7 punti percentuali. Esattamente quelli perduti dalla Sa. Finiti, evidentemente, altrove. Insieme a molti socialisti. Se osserviamo i primi flussi elettorali (elaborati da Ipsos su dati aggregati, utilizzando il modello di Goodman), ne abbiamo conferma. Su 10 elettori dei partiti di sinistra radicale, infatti, sembra che meno di 3 siano rimasti fedeli, altri 2 abbiano votato per il Pd e IdV, seguendo il richiamo del voto utile. La metà di essi, invece, si è divisa equamente, fra l´astensione e altre formazioni politiche. In minima parte di estrema sinistra, soprattutto di centrodestra. Per il Pdl, nel Mezzogiorno. Per la Lega, in molte zone del Nord.
Non ci soffermiamo sulle ragioni politiche di questa diaspora. Ci limitiamo, invece, a sottolineare come contribuisca a enfatizzare un problema di rappresentanza e di prospettiva, già evidente in passato. Come hanno mostrato le indagini di Demos, pubblicate su Repubblica nelle ultime settimane, il Pd prevale, sotto il profilo elettorale, fra gli impiegati pubblici e i pensionati. Mentre il Pdl supera, nettamente, il Pd fra gli imprenditori, i lavoratori autonomi e i dipendenti del privato. Infine, tra i giovani (soprattutto se lavorano).
Da ciò l´interrogativo. Quale futuro può attendere una forza politica riformista di centrosinistra asserragliata nelle tradizionali regioni rosse? Straniera nel Nord e spaesata nel Mezzogiorno? Se non riesce a parlare ai più giovani, alle classi produttive? Ai ricchi e neppure ai più poveri?

lunedì 14 aprile 2008

"Abbiamo perso anche questo crepuscolo" (Pablo Neruda)

Diceva Spinoza "Sedulo curavi humanas actiones non ridere non lugere neque detestari, sed intelligere" , (più o meno, “ho cercato pazientemente di imparare a non ridere delle azioni degli uomini, a non piangerne, a non odiarle, ma a comprenderle.").

E va bene, anch’io, nel mio piccolissimo, ci provo;non sempre ci riesco,ma questo è un altro discorso.
daniela

domenica 13 aprile 2008

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giovedì 10 aprile 2008

3 Giorni dall'election day

"Noi Democratici abbiamo intrapreso con convinzione un cammino di sintesi alta tra culture diverse. Ciascuno di noi è nel Partito Democratico con il proprio bagaglio di valori, che con il dialogo e l'ascolto reciproco riusciamo ad integrare.
C'è molta più sapienza nell'incontrarsi che nello scontrarsi. Noi abbiamo scelto di costruire una strada diversa per affrontare i problemi del Paese: non più da barricate contrapposte, che come dimostra la storia recente di questo paese non producono alcun vantaggio nella vita reale, ma consapevoli che solo la disponibilità al dialogo con chi è portatore di valori diversi possa portare risultati.
Nessuno di noi abbandona la sua storia e le sue idee: il Partito Democratico ha un progetto più ampio di società.
Una società inclusiva che permetta a tutti di realizzare i propri progetti di vita sentendosi cittadini nel rispetto reciproco.
Il nostro programma sui diritti civili e sulle questioni che riguardano la vita delle persone parla chiaro e tutti siamo impegnati ad attuarlo.
Il PD non strumentalizza questi temi,che diventeranno atti concreti anche attraverso una coerente iniziativa ed un confronto parlamentare più ampio ed elevato possibile: è questa la sfida che attende tutti i democratici italiani.
Noi questa sfida la vogliamo vincere. Perché un'Italia migliore si può fare."

Emanuela Baio Dossi, Andrea Benedino, Rosy Bindi, Paola Binetti, Luigi Bobba, Enzo Carra, Mauro Ceruti, Anna Paola Concia, Gianni Cuperlo, Mauro Del Vecchio, Giuseppe Fioroni, Francesco Saverio Garofani, Paolo Gentiloni, Marianna Madia, Giovanna Melandri, Barbara Pollastrini, Giulio Santagata, Ivan Scalfarotto, Livia Turco.
Mai come quest'anno votare informati è importante.
Aiutaci a diffondere la conoscenza inoltrando questa mail.
Buona campagna elettorale!
www.pdobama.net
30 “Pillole” di saggezza-anti-rischio da….. Carnevale-politico:
Friedrich Engels
Coloro che si sono vantati di aver fatto una rivoluzione hanno sempre visto, il giorno dopo, che non sapevano quel che facevano, che la rivoluzione che avevano fatto non assomigliava per nulla a quella che avrebbero voluto fare.
Horacio Verbitsky
Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia, il resto è propaganda.
Milton Friedman
I governi non imparano mai. Solo la gente impara.Robert de FlersDemocrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta che ne abbiamo bisogno.
Thomas Jefferson
E’ solo l’errore che ha bisogno del sostegno del governo. La verità si regge da sola
Henry Brooks Adams
La pratica politica consiste nell’ignorare i fatti.
Anatole France
Giustizia è sancire le ingiustizie esistenti.
John Galsworthy
C’e` una sola regola per gli uomini politici di tutto il mondo: quando sei al potere non dire le stesse cose che dici quando sei all’opposizione. Se ci provi, tutto quello che ci guadagni e` di dover fare quello che gli altri hanno trovato impossibile.
Paul Goodman
L’organizzazione della società americana è un sistema intercollegato di semi-monopoli notoriamente venali, di un elettorato notoriamente miope, il tutto sotto la guida di mass media notoriamente fasulli.
Anonymus
Se il voto cambiasse qualcosa, lo renderebbero illegale.
John Kenneth Gailbraith
La politica non e’ l’arte del possibile. Consiste nello scegliere fra il disastroso e lo sgradevole.
Adolf Hitler
Che fortuna per i governanti che gli uomini non pensino.
Aldous Huxley
L’idealismo e` la nobile toga con cui i signori della politica avvolgono la propria ansia di potere.
Adolf Hitler
Al vincitore non si chiederà se abbia raccontato o no la verità. Nei preparativi e nell’inizio di una guerra non è il fatto di avere ragione che conta ma la vittoria.
Frank Kent
l’unico modo in cui un reporter dovrebbe guardare un politico è dall’alto in basso.
Enzo Biagi
Si può essere a sinistra di tutto, ma non del buon senso.
George Burns
Peccato che tutti quelli che saprebbero governare il paese siano già occupati a guidare taxi e tagliare capelli.
Winston Churchill
Il politico deve essere in grado di predire ciò che avverrà domani, il prossimo mese e l’anno che verrà, e di spiegare poi perché non è avvenuto.
Leo Tolstoj
Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desidero di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.
Stanislaw Jerzy Lec
La sua coscienza era pulita; infatti non la usava mai.
George Washington
Ogni volta che basta una sola persona per eseguire un compito con la dovuta diligenza, il compito viene eseguito in modo peggiore da due persone e difficilmente viene eseguito se l’incarico è affidato a tre o più.
Lionel Strachey
Per essere patriottici, odiate tutte le nazioni tranne la vostra; per essere religiosi, tutte le sette tranne la vostra; per essere onesti, tutte le false apparenze tranne la vostra.
Aldous Huxley
Finché la gente ammirerà Cesare e Napoleone, Cesare e Napoleone puntualmente risorgeranno per portare disgrazie alla gente.
Mario Puzo
La mafia è un business come un altro: con la differenza che ogni tanto spara.
James J.Walker
Un riformatore è uno che naviga in una fogna su una barca dal fondo di vetro.
Bill Mauldin
Pace è quando nessuno spara. Una “pace giusta” è quando la nostra parte ottiene quello che vuole.

Eraclito

Se non ti aspetti l’inatteso non lo scoprirai, sfuggente e improbabile com’è.
Francois Rabelais
Se vuoi evitare di vedere un cretino devi prima rompere il tuo specchio…..
Mark Twain
Il genere umano dispone di una sola arma veramente efficace: la risata…..
Blaise Pascal
Se vuoi far ridere Dio, raccontagli dei tuoi progetti…..
Cinque regole affinché il “programma” (politico)“non faccia” ridere Dio…..:
1. Definisce in termini univoci e concreti i settori di intervento governativo contemplati, in ordine di “priorità”, per ciascuna area di Governo, cui fa capo un identificato Ministero, indicando sempre “cosa” si vuole “modificare” o “innovare” e “perché”, per raggiungere quale “obiettivo”.
2. Definisce sempre un “obiettivo” in termini quantificati, qualificati e temporali, in modo che sia realisticamente e attendibilmente fattibile “il controllo” a posteriori per accertare se il contemplato “obiettivo” sia stato raggiunto o meno.
3. Indica sempre se e in quale misura sono/saranno disponibili i necessari “fondi di finanziamento” , anno per anno, indicando sempre “quali fonti di entrate” ne determineranno la disponibilità reale e tempestiva.
4. Omette di contemplare/elencare concetti, frasi o presunti scopi del “programma” che “non” rispettino oggettivamente i tre criteri suindicati, evitando cosi` …..bla-bla-bla- squalificanti…..
5. Indica, per ciascun “obiettivo” relazionato con il Ministero indicato, “quale Politico sia assegnato come responsabile” del progetto contemplato. Potrà essere il Ministro stesso, o un Vice-Ministro o un Sottosegretario. “Non” sono ammesse le cosiddette “commissioni di studio” quali responsabili dell’operato ministeriale o governativo.
Questo blog pubblicherà la propria diagnosi, “non politica” e quindi “non di parte”, ma esclusivamente “manageriale” sui vari “programmi” elettorali appena vengono pubblicati dalla stampa.
Si ricorda un detto molto popolare in Lombardia:
“Ofelè, fa el tò mestè!”Che è come dire:
- non chiedere alla cicala di “spendere meglio, spendere meno”…..- non pretendere che le formiche facciano sciopero “solo” perché lo vuole il Sindacato-trinariciuto…..- non far Ministro di Giustizia un presunto mariuolo in odore sospetto di relazioni mafiose…..- non far Ministro di Sanità un giornalista che “non” sa rinunciare al proprio “peso”…..- non violentare le donne italiane con proposte anti-aborto partorite da vecchi eunuchi filo-vaticanensi…..- non presumere che la Corte dei Conti o la Magistratura Contabile si mettano finalmente a lavorare…..- non presumere che gli italiani vogliano diventare il maggior “gruppo etnico” in Italia…..- non far rappresentare gli italiani all’estero da un presunto mariuolo arrivista e cambiacasacca…..- non far lavorare in Parlamento gli ultra-settantenni e gli ultra-ottantenni, perché hanno il “dovere” di fare “solo” i nonni…..e basta!- non parlare mai di “TV di qualità” perché in Italia “non” interessa alle greggi- e alle mandrie-votanti…..- non dimenticare che “Mafia & Dintorni” controllano di fatto la maggioranza dei voti in almeno 4 Regioni del Sud Italia…..- non vendere agli italiani “lucciole per lanterne”…..
…..e chi più ne ha, più ne metta!…..

domenica 6 aprile 2008

VOTA BENE!




PER VOTARE INFORMATI

SIMBOLI, VOTI, SEGNI:
LE INSIDIE DELLE SCHEDE
In queste elezioni il rischio di... distrazione fatale è alto.
PD e Italia dei Valori sono apparentati.
Nella scheda questa alleanza si traduce in un rettangolo che racchiude entrambi i simboli
.
E allora?
Semplice: bisogna stare attenti a
NON passare
con la matita il confine tra i due simboli;

chi vota PD, non deve invadere lo spazio
dell'Italia dei Valori (e viceversa
)

Già che ci siamo, un’altra accortezza.
Visto il piccolo piano d’appoggio che c’è nella cabina, può venire istintivo mettere le schede una sull’altra per votare. NON facciamolo, perché la pressione della matita sulla prima scheda lascia il segno anche su quelle sottostanti,esponendole al rischio d’invalidità.
Facciamo girare queste semplici istruzioni tra i nostri amici.
Meglio un messaggio superfluo, che un voto superfluo.