martedì 30 settembre 2008

LA VECCHIA NARRAZIONE

VELTRONI E IL PUTINISMO
Corriere della sera
di PierLuigi Battista
Un partito, oltre che dai suoi programmi e dalle sue linee di condotta, è necessariamente tenuto insieme da una «narrazione», da una chiave narrativa ed emotiva che legge simbolicamente il mondo e modella il lessico del suo popolo, ravvivandone il senso di appartenenza. La denuncia di Veltroni della deriva autoritario- putiniana in cui starebbe sprofondando la maggioranza di governo dimostra che se sul piano dei programmi e dei valori il Partito democratico ha portato a compimento una coraggiosa frattura con il passato, sul piano della «narrazione» appare invece ancora prigioniero degli schemi, degli automatismi mentali e del discorso retorico dell'oramai defunta Prima Repubblica. Riaffiora il disegno narrativo che prevede la descrizione dell'avversario come nemico ontologico della democrazia e di conseguenza anima l'appello «unitario» per fronteggiare il pericolo incombente. Contro Putin non si impone forse la mobilitazione straordinaria e la messa tra parentesi di dissensi e diversità?Sembrava che questo schema narrativo finalmente si fosse frantumato con le elezioni, e prima ancora con la scelta dello stesso Veltroni di sottrarsi all'imperativo dell'ammucchiata eterogenea cementata solo da un corale «contro », anziché da un progetto condiviso. Un gigantesco equivoco ha preteso che il nuovo schema dovesse necessariamente prevedere l'autocensura moderata dell'opposizione, la sordina sulle critiche anche veementi all'azione del governo. Invece no, è assolutamente normale che l'opposizione demolisca, eventualmente, la politica economica, le scelte sull'immigrazione, i provvedimenti sulla scuola, gli orientamenti sulla giustizia del governo. È ciò che fanno tutte le opposizioni del mondo democratico, che talvolta si confrontano con la maggioranza, e molto più spesso ne contrastano duramente la politica. Ma se si cede alla tentazione di alimentare il sospetto sulla stessa lealtà democratica dell'avversario, se tra la maggioranza e l'opposizione si costruisce un muro invalicabile che tende a dividere inappellabilmente il campo della democrazia da quello dell'antidemocrazia, allora si finisce per svuotare il principio stesso della reciproca legittimazione tra le parti politiche che competono alla guida dell'Italia.Crede davvero il leader del Pd che lo stesso avversario con cui solo pochi mesi fa si chiedeva un patto per le riforme istituzionali più urgenti, che lo stesso Berlusconi con cui proprio in questi giorni D'Alema (ma la coincidenza cronologica è davvero casuale: la conversazione con Bruno Vespa è di alcuni mesi fa) ha avviato una discussione sul modello presidenzialista, che dunque proprio l'interlocutore di ieri si sia trasformato nell'odierno rischio democratico? L'ipotesi più verosimile è che Veltroni, dopo aver imboccato con successo (anche se accolto con le reazioni sgarbate del capo del governo) la via del «confronto» nelle ultime fasi della vicenda Alitalia, abbia in mente la scadenza del 25 ottobre, in cui il popolo democratico manifesterà in piazza contro il governo Berlusconi. Conoscendo il suo popolo e le sue pulsioni, il leader del Pd sa quanto la «narrazione » della democrazia in pericolo, costruita in un quindicennio dominato dal vecchio schema, abbia ancora un'influenza pervasiva nella mentalità e nell'emotività diffusa nella sinistra. Un residuo del passato.

lunedì 29 settembre 2008

CONVERGENZE PARALLELE

Provincia, 29 settembre 2008
Il presidente della provincia di Pisa, Giovanni Pieroni, sta facendo di tutto per evitare le primarie, nel contempo, a San Miniato, per la corsa a sindaco, c'è una giovane donna che vorrebbe farle: sta per esplodere una Grana.
da Il primo cerchio
Il primo cerchio

AVANTI CON LE PRIMARIE


Dall’Assemblea Comunale del Partito Democratico, riunitasi l’ultima volta alla fine di maggio, l’argomento ”primarie” sembra scomparso, comparendo sporadicamente di riflesso solo rispetto alla definizione delle regole di svolgimento regionale.
Le primarie sono un valore e non una procedura burocratica così come ricorda Gianfranco Pasquino nel suo recente articolo su L’Unità “ Chi ha paura delle Primarie”. Sono anche un momento fondamentale in cui si attua una cultura democratica e aperta di confronto delle istanze politiche.
La questione, nel territorio provinciale, non è irrilevante. Abbiamo Sindaci non rieleggibili, perché a fine del secondo mandato, e Sindaci alla fine del primo mandato così come lo stesso Presidente della Provincia.
Le procedure sono ormai fissate da tempo, il 3 febbraio, in tutta la regione, si svolgeranno le primarie. Il tempo a disposizione non è molto.
Il primo passo, stabilito dal regolamento regionale, è costituito dalla formulazione per scritto, da parte degli amministratori in carica, qualora siano al primo mandato, di una dichiarazione in cui dovranno manifestare la propria decisione di candidarsi. Solo dopo tale dichiarazione (da formulare entro il 15 ottobre) potranno essere avviate le raccolte di firme per candidature diverse.
Nella realtà cittadina livornese dei due amministratori uscenti, il Sindaco ha già affermato pubblicamente in più occasioni di non volersi autocandidare, ma di aspettare un pronunciamento del partito democratico.
Tale percorso non è previsto dal regolamento e del resto non sembra neppure che rimanga il tempo sufficiente per una verifica adeguata, presso gli iscritti ed elettori dato che il termine per l’eventuale candidatura alle primarie è il 15 ottobre.
Delle volontà del Presidente della Provincia Kutufà non si hanno notizie.
Tale verifica non è ancora partita ed il rischio, in un clima incerto come sembra determinarsi, è quello di non far percepire l’importanza politica e di partecipazione democratica che le primarie portano con sé come loro significato profondo e come valore.
Niente, meglio delle primarie, rende credibile agli occhi degli elettori la sincerità del progetto di rinnovamento della politica su cui è nato il PD, mentre svalutarne il ruolo in qualsiasi modo potrebbe danneggiare irrimediabilmente tale credibilità.
Facciamo pertanto appello a tutte le risorse del partito affinché sviluppino un dibattito aperto e sereno che sdrammatizzi e renda legittimo agli occhi di tutti gli iscritti ed elettori un confronto aperto e leale tra idee, programmi e candidati.
Daniela Miele Coordinamento territoriale Associazione INCONTRIAMOCI
Daniele Bettinetti Coordinamento comunale Associazione INCONTRIAMOCI



domenica 28 settembre 2008




Berlusconi sembra deciso ad eliminare le preferenze anche dalle elezioni europee. Il Partito Democratico si è già detto contrario, e si prepara ad opporsi, ma abbiamo già verificato che questa destra non si fa scrupoli a cambiare le regole del gioco a colpi di maggioranza: maggioranza che è molto netta, alla Camera e al Senato.Di fronte a questa probabile, ennesima riduzione degli spazi della democrazia, noi crediamo che il PD debba rispondere rilanciando le primarie anche per scegliere i candidati per le Europee. Se il nostro partito rendesse noto da subito che, in caso di liste bloccate, queste saranno decise dagli elettori e non dalle segreterie, allontanerebbe qualunque sospetto che, sotto sotto, quella soluzione non gli dispiace.La nostra campagna Primarie vere, primarie sempre - www.primariesempre.org - raccoglie adesioni per assicurare le primarie anche alle europee. Ci siamo posti l'obiettivo di arrivare a mille firme entro la fine di settembre, e questo obiettivo è alla portata: ne mancano meno di 150. Però ci serve la collaborazione di tutti. Per chi non ha ancora aderito, questo è il momento giusto per farlo; per tutti, è il momento di far conoscere l'iniziativa e trovare nuove adesioni.Vi chiediamo solo due cose: fate girare questo messaggio fra tutti i vostri amici, conoscenti, fra tutti quelli che hanno a cuore la democrazia.
E, se non lo avete ancora fatto, aderite! Basta andare sul sito della campagna, oppure mandare un'email con nome, cognome e città a primariesempre@gmail.com
Diamoci da fare, facciamo capire agli italiani chi sono i veri democratici!
Il gruppo di Primarie vere, primarie sempre

Dal blog di Giancarlo Sacripanti:http://sacripanti.blog.tiscali.it//I_tempi_della_politica_1930503.shtml


Il silenzio degli ignavi
Gli ignavi oggi sono coloro che si adeguano senza mai schierarsi , senza mai esprimere una propria idea evitando quel confronto critico e responsabile necessario per una società culturalmente partecipata. Hanno scelto il silenzio, il non rispondere nella certezza che è meglio tacere e rinviare piuttosto che sottoporsi al dialogo; " ..non ragioniam di lor , ma guarda e passa" il verso dantesco andrebbe benissimo se tanti ignavi non fossero entrati in politica ....
Turms
Appello
Le fortezze che si ritengono inattaccabili , inespugnabili per tradizione e rendita storica , hanno sicuramente un difetto: invecchiano. E allora ... perché l'oligarchia degli eterni duplicanti e degli arrivisti senza alcuna qualità non toglie il disturbo ?

Turms

*Turms divinità etrusca che trovava un corrispettivo nel mondo greco in Hermès, il messaggero degli dèi


Grazie, Giancarlo e benvenuto nel mondo dei bloggers!
Daniela
http://sacripanti.blog.tiscali.it//I_tempi_della_politica_1930503.shtml

venerdì 26 settembre 2008

Giulia, la radicale che sfida i «young dem» «Sembrano la Dc, ma organizzati peggio»

Storia di.....PRIMARIE!


Corriere della Sera intervista Giulia Innocenzi


26 Settembre 2008


Giulia Innocenzi,


Partito Democratico, primarie
Il personaggio: tra sit-in e denunce, la 24enne Innocenzi ha fatto slittare le primarie dei giovani Pd.
Roma - «Questa storia delle primarie giovanili nel Pd è gravissima… anzi, no: è comica. A pensarci bene è più comica che grave». (Sa giocare con le parole. Talento indispensabile, per militare nel Partito radicale: Giulia Innocenzi è la coordinatrice studenti dell’associazione Luca Coscioni, ha 24 anni, è nata a Rimini, madre inglese, l’Erasmus a Parigi, poi ospite di una famiglia a Las Vegas, quindi la laurea in Scienze politiche: diciamo che avrebbe un identikit perfetto per piacere a Walter Veltroni). «E invece direi proprio che…».Andiamo con ordine.«Allora, salto indietro d’un paio di settimane: mi parlano delle primarie, ci penso, l’idea mi piace, decido di candidarmi».
Come?
«Ecco, appunto. Apro il sito del Pd: zero, nemmeno una parola. Allora telefono al partito: ma, pure lì, nessuno sa niente».
Scusi: sul sito del Pd non c’era traccia delle primarie giovanili?
«Ripeto: neppure mezza parola».
Lei, a questo punto, che fa?
«Insisto con il partito. Finché un tipo caritatevole non mi dà il numero di un certo Fausto Raciti, mio coetaneo, ex segretario dei piccoli diessini e, a quanto ne so, il più autorevole candidato alla carica di segretario dei giovani del Pd».
Come se…
«Come se, fatte le debite proporzioni, avessero detto a Hillary di chiamare Obama per sapere cosa fare per candidarsi alle primarie americane».
Singolare.
«No, ridicolo. Comunque Raciti mi spiega che la bozza di programma che gira sui blog, piena di date scadute e imprecisioni, è ufficiosa, perciò mi consiglia di stare ferma e buona, tanto sarà lui a richiamarmi».
La richiama?
«No. Così, giovedì scorso, sul quotidiano Europa, scrivo una lettera aperta a Veltroni, spiegandogli ciò che accade».
E lui?
«Non risponde».Nemmeno un sms?«Nemmeno».
Strano.
«Giuro: mi ignora. Per fortuna, però, domenica sera mi chiamano certi tipi di un blog, pdnetworkgiovani.it: e mi spiegano che finalmente c’è, sia pure clandestino, un regolamento ufficiale».
Contenuto?
«Per candidarsi bisogna presentare 6oo firme entro giovedì, cioè oggi».Quattro giorni di tempo. Pochini.«Infatti domenica sera chiamo l’agenzia Ansa e detto un’altra lettera, la seconda, destinata a Veltroni».
Risultato?
«Continua a far finta di niente. Solo che io, lunedì mattina, mi scateno…».
Giovane cuore radicale…
«Creo un blog, giuliainnocenziworldpress.it, spedisco una email di denuncia a tutti i parlamentari del Pd e comincio a raccogliere le firme utilizzando i moduli che Pannella usò un anno fa, per le primarie dei grandi».
Martedì, che succede?
«Organizzo un sit-in davanti alla sede del partito, al Nazareno, dov’era convocata la segreteria… chiedo di vedere Veltroni, e aspetto lì due ore, mentre passano tutti, Bersani, la Bindi che mi incoraggia…».
E Veltroni?
«Niente. Ad un certo punto, mi manda fuori Franceschini. Che, tutto soddisfatto, annuncia due decisioni: il regolamento andrà sul sito, la data del voto slitta al 3 ottobre».È qualcosa.«E qualcosa di patetico. Sono divisi per correnti, tutti hanno un piccolo candidato… D’Alema ha il suo, un certo Roberto Speranza… Rutelli ha il suo, un tal Nobile… insomma sembrano proprio la Dc, senza però averne l’organizzazione…» .
di Fabrizio Roncone

giovedì 25 settembre 2008

CHI HA PAURA DELLE PRIMARIE

L’Unità 25/09/08
Gianfranco Pasquino
Partito Democratico

Un partito si impianta, si costruisce, si rafforza e, persino, si espande quando le sue procedure di reclutamento degli iscritti sono inclusive, vale a dire aperte ad un seguito potenziale molto ampio, e le sue procedure di selezione dei dirigenti e dei candidati sono altrettanto aperte, ma anche trasparenti e competitive. Nel suo Statuto nazionale (e, per quello che è possibile saperne, anche negli Statuti regionali), il Partito Democratico afferma solennemente principi.
Il primo, che tutte le cariche monocratiche debbono essere contendibili. Il secondo, che le primarie debbono costituire lo strumento principale per scegliere le candidature a quelle cariche, ovvero per consentire agli iscritti e, forse anche agli elettori potenziali di partecipare ai processi di selezione. Naturalmente, almeno in una certa misura, è comprensibile che il passaggio dalla lettera (e dallo spirito) degli statuti alla pratica risulti in non poche realtà locali alquanto complicato e conflittuale. Tuttavia, almeno su un punto, dovrebbe essere reso chiaro e ribadito che non si può tornare indietro. Qualora ci sia più di una candidatura ad una carica elettiva si debbono indire elezioni primarie e non come qualcuno ha sostenuto convocare «robuste e sane (a parere di chi?) assemblee cittadine» che non sono menzionate da nessuna parte nello Statuto e che certamente sarebbero tutto meno che mobilitanti per gli iscritti e gli elettori. A Firenze, grazie al fatto che il sindaco non è rieleggibile, la situazione sembra chiarissima. Si sono variamente manifestate diverse candidature e, dunque si dovranno tenere elezioni primarie per scegliere fra di loro il prossimo candidato sindaco. Rimane, però, da specificare un punto chiave: saranno primarie ristrette ai soli iscritti al Partito Democratico oppure saranno primarie di coalizione aperte sia a candidature non del Pd, ma espresse da partiti disposti a governare con il Pd, sia agli elettori dei partiti coalizzabili? Comunque si decida, ed esistono buone ragioni per entrambe le opzioni, un altro punto dovrebbe essere chiaro o chiarito. I dirigenti dei partiti, a cominciare dal Pd, hanno il diritto di esprimersi a favore di una candidatura piuttosto che di un’altra, ma nessuno di loro può impegnare il partito in quanto tale. A Bologna e in tutte le situazioni nelle quali vi sia un sindaco in carica che aspira al secondo mandato, la situazione è più complessa. E, infatti, non mancano le tensioni. Il principio generale dello Statuto nazionale deve essere fatto valere senza tentennamenti e senza eccezioni. La carica è contendibile. Dunque, se qualcuno vuole candidarsi, bisogna, anzitutto, che si faccia avanti e alzi la mano, come ha detto Arturo Parisi, ma subito dopo quel qualcuno deve darsi da fare per raccogliere il numero di firme stabilite dal regolamento del Partito Democratico. Per il sindaco in carica, la raccolta di firme non dovrebbe essere necessaria, ma questo non significa affatto che il sindaco possa firmare, come ha provocatoriamente dichiarato un paio di volte Cofferati, per il suo eventuale oppositore, che sia uno o più di uno. Leggo che, un po’ dappertutto serpeggia il timore di primarie laceranti che conducano poi alla sconfitta nelle elezioni amministrative. Sembra che sia già anche successo così, ma mi riserverei di approfondire se la causa della sconfitta non fosse un partito già diviso piuttosto che il prodotto di primarie male congegnate e peggio praticate. Mi parrebbe ovvio che chi si candiderà alle primarie debba assumere il nobile e solenne impegno ad appoggiare chiunque conquisterà la candidatura. Continuo anche a pensare che un partito che si chiama “democratico” debba essere costituito da persone, gentildonne e gentiluomini, che si comportano in maniera democratica, accettando il verdetto espresso dagli elettori e che sappiano che un Partito cresce quando vince le elezioni e che, dunque, la vittoria del prescelto dalle primarie servirà a tutto il partito e quindi anche a candidate sconfitti nelle primarie. Non voglio, in conclusione, in nessun modo negare che le primarie sono uno strumento che produce anche tensione e delusione. Penso, poiché molti richiamano le primarie presidenziali Usa (ma quelle italiane dovrebbero essere piuttosto paragonate alla scelta dei candidati governatori Usa), al sofferto discorso di “concessione” splendidamente pronunciato da Hillary Clinton. Ma, le primarie producono anche informazioni sulla biografia politica dei candidati, sui programmi e sulle priorità. Non sono mai “concorsi di bellezza” e, infine, lanciano, sulla coda della mobilitazione conseguita, una campagna elettorale che parte con l’abbrivio. I cittadini coinvolti non soltanto saranno più soddisfatti, ma probabilmente saranno anche disponibili a partecipare attivamente per fare vincere il candidato prescelto.

martedì 23 settembre 2008

Ci sono momenti nella vita.........

Ci sono dei momenti nella vita… (no, non è l’incipit del famoso sketch di Gigi Proietti) nei quali viene naturale porsi seriamente delle domande fondamentali sulla razionalità dell’umanità a partire da quella parte che,con arroganza (pari solo alla sua ignoranza), dice di formare sistemi che supponentemente si dichiarano, ma soprattutto si sentono, “avanzati” (e forse avanzati lo sono sul serio, “ma nel frigorifero”, ormai marci fino al midollo).
Della fragorosa esplosione in corso a livello planetario e avente per oggetto il bubbone finanziario, l’unica cosa che sorprende davvero, consentitemi di aggiungere “noi economisti reali” (per intendersi quelli che si sporcano le mani con imprese, settori ecc., e per questo raramente vanno nei salotti televisivi e ancora più raramente fanno il ministro e così via), è la sorpresa generale. In fin dei conti cosa è accaduto davvero? Un castello di carta e di carte, come per tutti questi anni avevamo temuto, avevamo previsto, avevamo delineato per implorarne la limitazione, è crollato, e data la dimensione finanziaria raggiunta sta per interessare l’equilibrio economico dell’intero pianeta. Peccato che il mondo non sia costretto a portare i libri in tribunale e risolvere così la sua crisi, si potrebbero vivere momenti di rara e imperdibile comi-tragicità e forse potremmo sperare in un poco di trasparenza. Ma non è possibile.
Comunque vada, ormai è chiaro, saranno inevitabilmente “lacrime sudore e sangue”. Speriamo che, soprattutto il sangue (virtuale ovviamente) sia dei molti responsabili e non quello invece dei milioni di poveri piccoli risparmiatori, che convinti dalla mitologia liberista di questi ultimi anni, artatamente enfatizzata da ogni servo del potere ovunque dislocato nei mezzi di comunicazione di massa, hanno investito ingenuamente lungo le direttrici indicate da banche, agenti di borsa, intermediari di ogni risma, giornali e giornalisti (della carta stampata e della TV) finendo con il rimetterci i loro risparmi ed il loro tenore di vita, presente e soprattutto futuro.
Accuso il sistema capitalistico contemporaneo di aver tramato consapevolmente al fine di creare, anzi ri-creare, giacché gli economisti liberali ne avevano già sgombrato il campo più di una volta, il “mito” dell’infallibilità del mercato.
Accuso tale sistema di aver tramato per convincere milioni di sciagurati che il denaro o il “prodotto finanziario” che dir si voglia sia una merce come qualsiasi altra.
Accuso il sottosistema-finanziario di aver creato a fini di bieca massimizzazione del profitto, senza alcun rispetto per i valori etici sbandierati a destra e manca e con il massimo della cinica crudeltà, ogni sorta di “falso prodotto” pur di vendere e ri-vendere e ri-ri-vendere ancora, una sola effettiva entità economica reale.
Accuso le migliaia di testimoni (tecnici e politici) di questo scempio di avere taciuto.Gli ayatollah del liberismo nazionalizzano a catena per non restare travolti dallo tsunami che la loro ideologia ha creato, mostrando non tanto e non solo l’ultima ridicola incoerenza, ma la loro doppiezza pronta a rimangiarsi tutto appena è in gioco qualche voto. Liberisti che ora teorizzano l’intervento dello stato per socializzare le perdite prodotte dal fallimento di quel sistema da loro stessi voluto e creato e che pure ha di fatto privatizzato in questi anni miliardi e miliardi di euro e di dollari di profitti nelle loro tasche ed in quelle dei loro clienti. Ecco allora che si rivelano per quel che sono, non hanno ideologie, non sono liberisti, tantomeno liberali o semplicemente dei pragmatici, sono solo dei “pronti a tutto".
MASSIMO PAOLI

domenica 21 settembre 2008


L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo.

Pier Paolo Pasolini Vie Nuove n. 36, 6 settembre 1962

Da IL TIRRENO del 15 GENNAIO 2008 un articolo di CLAUDIO FRONTERA


Caro Cosimi, le primarie non sono certo lesa maestà
Il sindaco Cosimi, con le sue dichiarazioni al Tirreno, ha scelto di aprire sulla stampa, e non nel partito in cui milita, un dibattito sulle primarie per la scelta del candidato sindaco alle prossime amministrative. Per chi, nello stesso partito, ha idee diverse su tale argomento, manifestarle nello stesso modo, è di conseguenza, legittimo, se non addirittura doveroso, perché tacere oggi potrebbe essere frainteso domani. Le tesi di Cosimi, secondo me ancora lontane dal rinnovamento della politica avviato con la nascita del Partito Democratico, si possono riassumere in tre punti: (...) «sono pronto a ricandidarmi per un secondo mandato, ma se fossi ricandidato non deciderei da solo»; (...) «ho sempre pensato ad un arco temporale di dieci anni e non di cinque, necessari per fare le cose»; (...) «non temo le primarie». Queste le mie considerazioni: in politica oggi è centrale il concetto di responsabilità. La carica di sindaco è ad elezione diretta. Ciò vuol dire che il sindaco, una volta eletto, in virtù del mandato popolare, esercita un potere diretto, di nomina (giunta, dirigenti, enti derivati) e di gestione di tutti gli aspetti dell’amministrazione. Ritengo indubbio che ad una elezione diretta debba corrispondere una assunzione di responsabilità diretta, che favorisce la trasparenza e la serenità delle scelte dei cittadini. La legge dice che il mandato amministrativo è di cinque anni. Per un uomo delle istituzioni non sono opportune, credo, interpretazioni personali su argomenti del genere. Il programma del 2004 era per cinque anni, i cittadini hanno dato un mandato per cinque anni. Dopo cinque e non dopo dieci anni si sceglie di nuovo. Ciascuno valuti i risultati del mandato e si esprima liberamente. Se un sindaco dicesse: «Temo le primarie», ci sarebbe da preoccuparsi! È scontato, mi auguro, che un esponente del Pd non le tema. Le primarie non sono una sfida o un atto di lesa maestà, ma una scelta fondamentale per dare risposta ad un crescente bisogno di partecipazione dei cittadini e alla campagna che dipinge la classe politica come «casta». Sta scritto nel Dna del Pd ed è stato ripetuto un’infinità di volte. La politica è cambiata e ha bisogno di piena disponibilità al confronto e al giudizio degli altri. Il punto non è temerle o no, ma crederci o no. In quattordicimila hanno partecipato, a Livorno, lo scorso 14 ottobre, alla scelta del segretario nazionale del Partito Democratico, ma quando si sceglierà il candidato sindaco che quel partito proporrà nel nostro comune, dovrebbero stare a guardare? Le primarie servono per consentire a tutti gli elettori del Pd una valutazione sul futuro che non li escluda dalle scelte. È una opzione essenziale, non negoziabile, per quanto da regolamentare. Chi, in un modo o nell’altro, tentasse di condizionarne il percorso, si assumerebbe una grave responsabilità.

Claudio Frontera membro della Costituente regionale del Pd

venerdì 19 settembre 2008

martedì 16 settembre 2008

LA SINDROME DEL CONTROLLO TOTALE

Italia, 16 settembre 2008Il Partito Democratico è sempre più profondamente ammalato: non sa fare opposizione (ha convocato una manifestazione il 25 ottobre senza sapere per cosa si dovrebbe manifestare); la democrazia interna è sempre più debole, tanto che le direzioni nazionale, regionali e provinciali sono state fatte con un listone letto dal segretario e ratificato dai presenti; non è più aperto alla società, ha evitato accuratamente le primarie alle scorse elezioni, aprendo la porta a sconfitte inaspettate e clamorose (da Roma a Viareggio), ed ora sembra pronto a ricascarci, grazie all'europorcellum tentatore. Inoltre la classe dirigente ormai si mostra anacronistica e incapace di rinnovarsi, è il risultato della fusione freddissima tra DS e Margherita, ed ha perso tutta la parte nuova che c'era stata nella fase di gestazione del PD. Per non parlare di come il PD governi stancamente gli enti locali ancora in mano al centrosinistra. Quale è la malattia che ha ridotto così cieca la classe dirigente del PD? Mi rifiuto di pensare che sia la malafede, cioè l'egoismo e la volontà di gestire l'esistente per salvarsi il posto di lavoro nelle giunte, negli enti consorziati e in parlamento. Io credo semplicemente che si sia compiuto un solo errore, ma fatale: si è fatto il PD senza capire che dovevamo anche cambiare il nostro modo di pensare e di agire, ed abbiamo portato nel PD la vera eredità del PCUS, l'ossessione del PCI-PDS-DS, soprattutto dove e quando si governava: la sindrome del controllo totale. Perché non si fanno le primarie? Perché si ha paura di non saper gestire la situazione se non vince il candidato designato. Perché si fanno le liste bloccate? Perché si ha paura di non poter gestire gli equilibri interni se viene eletta quella invece di quell'altro. Provate a pensare a tutte le cavolate recenti del PD, tutte si spiegano con la sindrome del controllo totale. Condizione necessaria per guarire è capire che malattia abbiamo. E qualcuno che provi a fare un pò di terapia sperimentale.

lunedì 15 settembre 2008

i commenti dei nostri lettori......

Peccato,
il Partito Democratico si è sciupato sul nascere nella fase della costituente, quando abbiamo ventilato si dare dignità a cittadino dicendoli che tu puoi sceglierti il candidato, invece non è stato così.
Siamo andati al Governo e non abbiamo fatto nemmeno la riforma elettorale per dare al cittadino quel Diritto Costituzionale, invece pretendiamo che i cittadini siamo funzionari del partito votando il “Simbolo”
A Livorno, quando si parlerà di politica a cose fatte?
Siamo alla disfatta ma tutto si può aggiustare se si usano sistemi diversi e candidati capaci che conoscono magari la Costituzione Italiana che hanno carisma e che siano persone molto conosciuti a Livorno. Non la “Corrida “ Dilettanti allo sbaraglio .
Luigi Turtur

domenica 14 settembre 2008

VIA DAI CORRIDOI

Corriere Fiorentino
Carlo Fusaro
La telenovela primarie Pd è alla stretta finale. Ora che Lapo Pistelli ha rotto gli indugi sappiamo che, come questo giornale aveva auspicato da mesi, sarà primaria vera: e questo è un bene per quel partito e per la città.Ricordiamo cos'è una primaria (aperta): è un'elezione cui siano chiamati a partecipare tutti cittadini interessati per decidere col voto chi debba essere il candidato di un partito o di più partiti a una importante carica politico-amministrativa.Chi vince, poi, dovrà ottenere i voti per essere eletto/a alle elezioni vere e proprie.Ma dati i rapporti politici a Firenze, sarà la primaria, di fatto, a scegliere il sindaco: su questo non ci piove. Ecco perché (non per picca accademica o giornalistica) si disse subito che la primaria doveva essere «vera» e non «finta».Primaria finta è quella in cui c'è un supercandidato/a (indicato magari dal gruppo dirigente del partito che la indice) che, come nelle vecchie palestre di boxe, si allena con degli sparring partner pronti a pigliar cazzotti e a non darne (tipo punching ball).Primaria finta è una specie di consacrazione popolare di una scelta già fatta: come fu per Prodi e per Veltroni.La primaria vera è invece quella in cui tutti partono alla pari: e si vede dopo chi taglia il filo di lana per primo.Questo è, infatti, ciò che ha giustamente chiesto Daniela Lastri, trasparente candidata da mesi; è quello che ha fatto di tutto per garantire Leonardo Domenici (bravo!) ed è quello, infine, che con la sua scelta di partecipare, ha garantito ora a tutta la città, come che vada, Lapo Pistelli.Se verranno altri candidati, da chiunque sostenuti e sponsorizzati, si dovranno allineare anche loro al via con Lastri e Pistelli: senza vantaggi, né corsie privilegiate.Non credo saranno tanti: da noi la cultura del lanciarsi senza rete, rischiando ciò che uno già è (assessore, presidente o altro), in nome di una bella battaglia aperta, frontale e incerta, non si è ancora affermata.Da noi hanno funzionato sempre i corridoi. Ecco perché chi è convinto che le primarie siano uno strumento di partecipazione prezioso, indispensabile in un contesto come Firenze (senza uscenti da confermare, senza leader maximi da incoronare, e con un nuovo sindaco da eleggere e non da nominare) registra volentieri questo passo avanti dal quale non si tornerà indietro.E non importa più se la primaria sarà di coalizione o del solo Pd: conta la sostanza, conta che sarà vera.Se altri vorranno mettersi in gioco e disputare i voti a Lastri e Pistelli, meglio. Un consiglio tecnico: per fare ancora melina, checché dicano i regolamenti, non c'è molto tempo a disposizione (giorni e ore, non settimane: agli elettori chi la fa cascar dall'alto piace poco).

Il "percorso diverso" del "ragazzo di S. Frediano"

Non sarà "autocandidato" Conti che aspetta un segnale chiaro da parte del suo partito e di larghe fette della società fiorentina e delle sgreterie dei partiti della coalizione.
L'annuncio di Riccardo Conti, il ragazzo di S.Frediano, ha sciolto i primi dubbi: «Io non mi autocandido», ma ha ammesso di pensare seriamente all'ipotesi di correre. Aspetta una «chiamata».
L'assessore regionale si dice «disponibile», aspettando di decidere «insieme» ai firmatari di un appello su misura . Conti, per la prima volta, ha ammesso di pensare seriamente all'ipotesi di correre, ma ribadisce che non ama le autocandidature ed evoca la chiamata «degli elettori democratici e dei cittadini fiorentini» per decidere «insieme».
«Non è lontano dal vero chi parla di un mio "tormento", anche se mi sembra più esatto chiamarla "riflessione". Voglio bene a Firenze — ha detto —, la mia città, alla sua gente, alle decine di persone che ogni giorno mi salutano. La considero un concentrato di storia, di bellezza, di cultura, una cosa importante e delicata da trattare con ogni riguardo ». «È necessaria una nuova stagione di innovazione e di modernizzazione: una grande sfida per il riformismo toscano. Voglio bene al Pd, alle sue storie, alle sue persone, al suo travaglio, al suo pluralismo, all'obiettivo di costituire una grande forza riformista. Voglio bene ad una mia storia e alle tante cose che ho imparato. Ho imparato — ha sottolineato poi — soprattutto lo straordinario valore della parola "insieme". E, siccome sono "un ragazzo di San Frediano", che non ha pensato di essere predestinato fin dalla nascita a fare il sindaco della sua città, sento il peso di una responsabilità che comporta una scelta. Da mille punti di vista mi interrogo se io posso essere la risposta giusta. Invidio chi con piglio deciso si autocandida per una prova del genere: io non sarò un autocandidato. Quella parola, "insieme", continua a frullarmi nella testa e a farmi battere il cuore».
Chi può rispondere agli interrogativi del Ragazzo di S.Frediano? (D.M.)

sabato 13 settembre 2008

Succede a Firenze...............


Primarie La mossa a sorpresa del deputato mentre i dirigenti Pd cercavano il nome forte
Lo strappo di Pistelli «Candidato sindaco»
Lapo Pistelli scende in campo. Nel giorno in cui tutti si aspettavano la candidatura di Riccardo Conti alle primarie del Pd, è arrivata — a sorpresa — quella del deputato e responsabile esteri dei democratici
.




SLALOM FRA I TRABOCCHETTI
di PAOLO ERMINI

da Il Corriere Fiorentino


A forza di infilare aghi e tirar fili per sgombrare il campo da candidati sgraditi e ridurre le primarie a un pantomima per incoronare l'uomo scelto dai vertici, qualche dirigente locale del Pd rischia di cogliere un risultato esattamente opposto ai propri desideri: la proliferazione dei candidati. È possibile e vien quasi voglia di dire «ben gli starebbe», vista la pervicacia autolesionista con la quale per giorni si è cercato di accomodare l'esito di questa partita, non esaltante per i comuni cittadini, ma non priva di colpi di scena, trabocchetti e veleni. Come se si trattasse di un avvicente feuilleton d'altri tempi invece che di uno scontro politico tra il tentativo di far decollare un partito nuovo, aperto alla società che gli sta intorno e non più ostaggio delle vecchie oligarchie, e la voglia di salvare lo status quo, invocando a parole il cambiamento ma lasciando intatto lo stesso sistema di selezione dei dirigenti, con tutto ciò che questa scelta comporterebbe nella formazione delle giunte e poi nell'esercizio del potere.Il primo strappo a questo copione lo aveva dato Daniela Lastri quando a sorpresa annunciò, con molta semplicità ed emozione, che lei si metteva in corsa per Palazzo Vecchio; il secondo lo ha dato ieri Lapo Pistelli che ora è ufficialmente il secondo candidato del Pd per la carica di sindaco di Firenze. Forse può sorprendere come lo ha fatto sapere, con un comunicato giunto a sorpresa sui computer delle redazioni, ma probabilmente è dipeso proprio dal clima che si respira in queste ore dentro il suo partito. Può darsi che ci fosse la necessità di bloccare pressioni e contromosse. E può anche darsi che alla spinta finale per rompere gli indugi non sia stata estranea la preoccupazione per l'eccessivo movimentismo dei dalemiani fiorentini anche verso Veltroni (l'unico che poteva fermare la candidatura del deputato ex Margherita), come racconta Marzio Fatucchi a pagina 3. Quel che conta, in ogni caso, è il risultato: un'altra bella boccata di aria fresca che al Pd non può che far bene, in sintonia con quanto andava dicendo da giorni il sindaco Leonardo Domenici, che ieri ha anche alzato la voce per farsi sentire meglio (e mai come questa volta la sfuriata è stata, da molti, apprezzata…). Ora vedremo se a Lastri e a Pistelli si aggiungeranno altri nomi: Riccardo Conti (ma non più come «prescelto dall'alto», l'«unto del partito»), Graziano Cioni, Matteo Renzi o anche qualcun altro, rimasto fin qui nell'ombra. Questo vuole la legge delle primarie. E questo chiede una città sempre più insofferente per il conservatorismo di sinistra e per l'afasia di un centrodestra che è sembrato incapace perfino di sfruttare il vantaggio che in questi giorni, generosamente, l'avversario gli ha offerto.

lunedì 8 settembre 2008

e la nave va.......

Scalfari scrive che la Sinistra sta implodendo,Diamanti sostiene che non avremo mai un Obama e Manciulli dichiara che le primarie a Firenze non saranno "accomodate" (perché, qualcuno pensava il contrario?). La nave - senza nocchiero, in gran tempesta - va!
da Il primo cerchio

sabato 6 settembre 2008

Un articolo di Massimo Paoli

L’industria dell’auto sta vivendo un momento di reale fibrillazione dovuto alla repentina quanto negativa svolta congiunturale dei mercati serviti.
Da un lato la crisi economica libera un sempre minor reddito disponibile per spese “importanti” nelle mani degli utilizzatori-consumatori.
Dall’altro l’elevato controllo oligopolistico della raffinazione, ormai di nuovo in mano ad una sorta di “sette sorelle”, rende molto rigido e alto il prezzo delle varie benzine potendo prendere a scusa e rialzare, quando il prezzo del petrolio greggio rialza, ma evitando accuratamente di ribassare (almeno nelle stesse proporzioni del rialzo), quando questo arretra.
Due fenomeni che convergendo hanno depresso la capacità di acquisto di auto a livello internazionale.
Ma non è vero che va male per tutti. Non va male per chi ha saputo interpretare la traiettoria tecnologica del risparmio energetico (vedi Toyota), non va male per chi ha saputo interpretare la traiettoria tecnologica del minor impatto ambientale (di nuovo vedi i giapponesi e qualche europeo), non va male per i produttori emergenti dei paesi in via di forte sviluppo (vedi Tata). Va malissimo invece per le “immagini ambulanti” dello spreco e dell’insensibilità ambientale (vedi i mercati SUV statunitense, anche -30% nel corso d’anno, ed europeo).
L’area vasta pisano-livornese vanta un insediamento di componentistica auto che era forte (ai tempi belli contava quasi 3mila occupati diretti ecc. ecc.).
Oggi si dice che i problemi di questo insediamento industriale sono riferibili alla crisi Fiat. E’ vero, ma questo dipende forse dal destino “cinico e baro”?
No, ovviamente, questo dipende unicamente dal fatto che questo importante insediamento industriale, l’area vasta l’ha ricevuto in omaggio dalla storia.
Non l’ha programmato veramente, non ha scelto i suoi protagonisti (per alcuni ci è andata benissimo, per altri no, e credo che gli operai della Delphi se lo stiano chiedendo a chi è andata peggio), non ha scelto i loro ruoli nella filiera automotive, ha subito più che governato praticamente tutti gli insediamenti.
In termini tecnici si potrebbe dire che è mancato del tutto anche solo uno straccio di politiche per il marketing d’area al fine dell’attrazione di investimenti industriali.
E questa nel 2008 comincia ad essere una grave responsabilità politica.Quindi non si dica che va male qui (ed i nuovi problemi di Magna non sono che scricchiolii sinistri che dovrebbero aguzzare l’ingegno e non il piangersi addosso) perché va male dappertutto. Non è così e non ce la possiamo cavare dando la colpa al fato, o peggio riferirsi alla bieca filosofia del “mal comune mezzo gaudio”, perché il mal comune non ha conseguenze “comuni” (i bravi ed i fortunati non se la passeranno come i gonzi) e perché con un intelligente marketing per l’attrazione degli investimenti le cose potrebbero andare ben diversamente