domenica 20 aprile 2008

Strutture dell'elettorato

da www.alleo.it


di Marco Giaconi
In una recente ricerca CENSIS sulle campagne elettorali (che comunque è stata terminata prima delle ultime elezioni politiche) si fa notare che sono soprattutto i “giovani del Nord” a essere influenzati dai messaggi elettorali, con un 40% di essi che ha cambiato attitudine di voto durante la fase pubblicitaria del dibattito politico.Segno che la classe più bombardata dai messaggi commerciali, che funziona da trend setter per i consumi di massa (si pensi al ruolo dei bambini nell’acquisto delle auto) è anche quella più sensibile a quello che noi abbiamo chiamato “il fustino elettorale”. Essendo però minoritaria nel centro e nel centro-Nord, l’area dei giovani permette smottamenti elettorali nel Nord, appunto, e nel Sud, dove la quota di giovani sulla popolazione votante è più elevata.Gli adulti hanno cambiato voto, sempre sulla base dei dati CENSIS relativi alle ultime tornate elettorali prima dell’Aprile 2008, in percentuale molto meno rilevante: solo il 15% circa degli adulti, su tutto il territorio nazionale, ha mutato il proprio orientamento elettorale durante la campagna pubblicitario-politica.In effetti, i messaggi della comunicazione politica, in tutti i partiti che si sono presentati alle politiche del 2008, erano divisi in due settori ben separati tra di loro, per evitare il cross-cutting delle preferenze: c’era un sistema fisso di pochi messaggi forti e unici, gli slogans fissi dei due schieramenti maggiori, e una sequela di messaggi di settore con i quali si fidelizzavano gli elettorati marginali e già costituiti in lobbies e gruppi di pressione. I pensionati, i gay, i giovani precari, ecc. Qui, la gara era tra chi arrivava prima: chi picchia prima, anche con i soli messaggi elettoral-pubblicitari, picchia due volte. Solo gli elettori marginali e non strutturati venivano lasciati di fatto a un unico schieramento. I gay, i disoccupati ultratrentenni, i ricercatori costretti a fuggire dall’università italiana. Qui contano i numeri del gruppo elettorale, non le loro eventuali ragioni. Le democrazie post-ideologiche stabilizzano la competizione sui gruppi elettorali maggiori, per poi tenersi di riserva, qualora occorra, i gruppi elettorali più ridotti che possono fare, in un testa a testa tra le siglie maggiori, la differenza tra la vittoria e la sconfitta.Ma anche gli anziani sono largamente influenzabili dalla qualità e dai messaggi delle campagne elettoral-pubblicitarie, e il CENSIS fornisce un dato quasi simile a quello valido per i giovani: il 31%. Sia i giovani che gli anziani, entrambi più lontani dal sistema produttivo e dalla sua forte solidificazione delle richieste al sistema politico, sono quindi sensibili alla comunicazione politica mirata, e soprattutto percepiscono, come peraltro accade anche nella pubblicità commerciale, l’effetto gestaltico, la coerenza dell’insieme comunicativo di slogans e proposte.Non si possono difendere insieme gli interessi del NordEst e del “popolo delle partite IVA” con quelli del sistema bancario, non si può propagandare insieme la necessità della sicurezza per i cittadini e la massima apertura delle frontiere per gli immigrati. Gli elettori sono magari poco interessati ai singoli messaggi, ma percepiscono immediatamente la dissonanza cognitiva creata da messaggi simultanei ma semanticamente configgenti tra loro.Oltre il 34% delle donne, secondo i dati immediatamente precedenti alle elezioni del 2008, sceglie il voto durante la campagna elettorale.Per quel che riguarda le motivazioni di voto, è rimasta progressivamente in calo la “attrattiva del leader” che attirava al voto solo per il 14% nelle elezioni del 2006, e certamente questo è un trend confermato nel 2008.Stabilmente scarso l’appeal dei programmi, che risultava nelle scorse tornate elettorali vicino al 12% per entrambi gli schieramenti, con la serie di proposte “spot” settoriali che risultavano spesso irrilevanti sia per gli elettori di destra che per quelli di sinistra.E anche i candidati non hanno mai contato granchè, salvo naturalmente che nelle elezioni locali. Gli elettori italiani ancora separano nettamente le elezioni per gli enti territoriali da quelle politiche.In linea di massima, per i giovani vale una motivazione al voto legata alla vicinanza dello schieramento con i propri valori e ideali, che peraltro sono quelli che stabilizzano il loro voto prima delle campagne elettorali.Il che implica che la fine del ’68 è già arrivata: quella lunga fase in cui la sinistra intercettava quasi automaticamente il disagio e i “mondi vitali” dei giovani è finita. Oggi è la destra a trovarsi in sintonia percettiva e immediata con il mondo giovanile, sia di cultura elevata che nelle aree marginali del voto popolare dei pre-trentenni.Forza Italia ha visto passare la quota dei suoi elettori “valoriali” dal 30% del 1996 al 40% nel 2006, Alleanza Nazionale ha una quota di elettorato “valoriale” che è passata dal 42% del 1996, secondo i dati CENSIS, al 50,4% del 2006.Per i DS il voto valoriale è passato dal 58% nel 1996 al 64% nel 2006, mentre per la “Margherita”, ora confluita nel “Partito Democratico”, il voto di appartenenza era del 43% nel 1996 per arrivare al 41% nel 2006.Tutte le elaborazioni parziali che stanno facendo i politologi empirici sulle ultime elezioni tendono a confermare questi trend.E le richieste concrete degli elettori, che come abbiamo visto, contano molto meno di quanto appaia? Le gerarchie statistiche, confermate anche dalle ultime analisi ISTAT, vedono al primo posto la Sanità, con percentuali simili per gli elettori sia di destra che di sinistra. Al secondo posto, vi sono le pensioni, emergenza nazionale percepita egualmente sia tra i berlusconiani che tra gli attuali veltroniani.Il più importante argomento che però divide l’omogeneità del corpo elettorale è il fisco: estremamente importante per l’elettore di centrodestra e meno rilevante per quello orientato verso il PD ora e l’Ulivo fino ad ieri. Il fatto che il fisco sia stato particolarmente pesante nelle politiche dell’ultimo governo Prodi ha probabilmente fatto “smottare” una parte rilevante dell’elettorato non fidelizzato di sinistra verso il centro-destra.La Giustizia viene ritenuta essenziale, come area di riforma radicale da parte di ogni governo, dal 30% di tutti gli elettori. I dati ISTAT precedenti alle elezioni dell’Aprile scorso danno un 24% di priorità bipartisan tra gli elettori per la questione “Riforma della Giustizia”.La Sicurezza, è centrale nelle richieste degli anziani e degli elettori del Centro e si situa al 16% delle priorità bipartisan degli elettori. Ma l’insorgenza della questione sicurezza al Nord, e la presenza al Nord della maggior quota di elettorato “fluido” ha permesso alla questione sicurezza, per chi l’ha potuta agitare nelle elezioni del 2008, un vero e proprio scoop elettorale.Ma i temi degli elettori sono di difficile soluzione, non solo e non tanto per la capacità politica e intellettuale delle due élites politiche, ma per la intrinseca contraddittorietà delle opzioni. Se chiudo i confini all’immigrazione elevo il costo del lavoro, e rendo ancora più evidente lo squilibrio dei conti INPS, se d’altro canto elevo le pensioni oltre un certo livello, non ho più risorse per riformare la scuola, e quindi produco manodopera di minor valore sul mercato. Insomma, tutti e due gli schieramenti dovranno far ricorso al “fine tuning” delle loro politiche di settore, il che implica che aumenterà la quota di tecnocrati non elettivi nell’élite del potere italiana.[21 aprile 2008]





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