Il Tirreno
LUNEDÌ, 18 FEBBRAIO 2008
«È bene che fossero due i candidati in lizza per il vertice cittadino»
LUCIANO DE MAJO
LIVORNO
LUNEDÌ, 18 FEBBRAIO 2008
«È bene che fossero due i candidati in lizza per il vertice cittadino»
LUCIANO DE MAJO
LIVORNO
«Cosa penso dell’assemblea comunale del Pd? Che la presenza di due candidati abbia fatto bene a entrambi. E’ stato un fatto importante, che ha dimostrato come il Partito democratico non sia solo una fusione a freddo di due partiti, ma molto di più».
Claudio Frontera è stato fra quelli che hanno sostenuto la candidatura di Daniele Bettinetti, che poi è stato superato da Giorgia Beltramme nella corsa alla segreteria cittadina del Pd. E giudica con parole positive il fatto che ci sia stato un secondo candidato in lizza. Parole positive che estende al processo costituente del Pd.
«Io che ero un entusiasta di questo nuovo partito - dice - lo sono tuttora. Penso che tutti i passi compiuti siano stati positivi. E’ quasi un miracolo se in pochi mesi è nato un partito nuovo, radicato nei territori e con la metà degli eletti, a tutti i livelli, composta da donne. Non condivido, pertanto, i giudizi liquidatori e negativi. Magari non è esattamente quello che sognavo un anno fa, però siamo ancora in rodaggio, non dimentichiamolo».
E che cosa sognava un anno fa?
«Forse immaginavo un lavoro di approfondimento culturale più affinato. Non sarebbe stato male lavorare a una identità politico-culturale più strutturata. Ma lo ripeto, non è un rimprovero».
Dica la verità, questo Pd è avviato verso la sconfitta...
«Io sono convinto che possa vincere. Esiste la potenzialità reale di passare subito nella fiducia dei cittadini. Ci sono alcuni segnali inequivocabili: è stata una ottima decisione quella di andare da soli. Ed è una scelta di straordinaria efficacia quella che Veltroni sta compiendo sul fronte della comunicazione: fare un programma di dodici punti è un elemento di grandissima innovazione. Secondo me, è una operazione politica di altissimo valore».
Lei dice che il Pd va da solo. Ma se si è appena unito a Di Pietro: insomma, non è che la volontà, in fin dei conti, era quella di scaricare la sinistra?
«No, io credo che il punto sia un altro: la chiarezza della proposta. Se le promesse all’elettorato le fa un soggetto singoli, allora mantenerle è più probabile. Se arrivano da un soggetto plurimo, è tutto più difficile. Questo è un ritorno all’essenza della politica. E’ una rivoluzione copernicana, non so se ci rendiamo conto fino in fondo della sua portata».
Ma quelle per scegliere i candidati, che primarie saranno? Chi potrà votare? Solo gli iscritti o tutti gli elettori?
«Questo è ancora da decidere. Io, se volete sapere il mio parere, sono per fare le primarie sempre e per farle sempre con lo stesso metodo: il massimo dell’apertura. Anche perché cambiare sistema potrebbe generare dubbi e sospetti. E cioè che vi siano dei sistemi più funzionali a determinati obiettivi. Allora, per fugare ogni perplessità, decidiamo di far partecipare tutti gli elettori. E’ meglio. Poi ci sono anche scelte peggiori di non fare le primarie».
Quali?
«Le primarie finte, per esempio. Le primarie sono vere quando chi si esprime può farlo sulla base di opzioni plurime. Se non si fanno, i cittadini hanno la percezione che non si vuole coinvolgerli. Se si fanno senza che siano autentiche, allora hanno l’impressione di essere presi in giro. E non ci sarebbe niente di peggio».