Il Partito democratico parte bene, in pochi giorni ha segnato a suo vantaggio grandi risultati. Oltre tre milioni di cittadini di quest’Italia dipinta come stanca della politica escono di casa una domenica e vanno a votare, pagando pure, per il segretario e le assemblee costituenti di un partito nuovo: fatto mai visto qui o in altri paesi europei.
I commenti segnalano inoltre una grande attenzione per questa straordinaria capacità di rigenerare la partecipazione politica mentre i sondaggi indicano una grande potenzialità elettorale del nuovo soggetto.
Secondo Costituzione
Il nuovo segretario Walter Veltroni, poi, forte di una grande investitura popolare, parla all’assemblea costituente di Milano e rilancia l’appoggio al governo Prodi e la creazione di un nuovo approccio alla politica, riformulando l’agenda delle priorità e indicando metodo e proposte nuovi. Per un riformismo che molti volevano decotto e per una politica che appariva irrimediabilmente appassita, sono risultati assolutamente eccellenti. Molti adesso si chiedono che fare per costruire il nuovo Partito democratico. Gli obiettivi sono (abbastanza) chiari, il modo per realizzarli meno. La risposta più convincente riguarda la costruzione del nuovo partito e il suo radicamento sul territorio, ma come? Sono già cominciate contorte discussioni nelle quali si nasconde, in agguato, il vecchio politichese: sarà un partito liquido o solido? Di elettori o di militanti? E via strologando. Eppure, a ben vedere, trovare la strada del nuovo partito è semplice come l’uovo di Colombo. Partito abbiamo detto, no? E a che cosa serve un partito? Non dobbiamo inventare niente, la Costituzione repubblicana risponde con chiarezza a questa domanda. I partiti, ossatura della democrazia, servono a formare e selezionare le potenziali classi dirigenti da mettere in competizione con le elezioni a qualsiasi livello, nonché ad elaborare proposte e soluzioni ai problemi del paese o di un territorio, assicurando in tale processo un ampio e reale coinvolgimento dei cittadini. Senza seguire le orme dei precedenti partiti che avevano smarrito questa via maestra, consegnando la formazione e la selezione della classe dirigente al conformismo e al verticismo, e la elaborazione delle proposte e delle soluzioni ad oligarchie ristrette politico-tecniche, il nuovo partito si radicherà non con gli appelli o con i volantinaggi, ma con l’apertura a tutti gli elettori dei procedimenti di scelta sia di programmi e proposte sia degli uomini e delle donne più capaci e preparati per realizzarli.
Forza delle primarie
Le primarie del 14 ottobre hanno già dimostrato che la voglia di partecipazione e di cambiamento c’è ed è grande; se il nuovo partito ha pari voglia di partecipazione e di cambiamento, non c’è da incamminarsi per sentieri tortuosi. Se il nuovo Partito democratico riuscirà a far partecipare veramente i cittadini e il popolo del centro-sinistra alle scelte politiche, nazionali, regionali e locali ma anche alla scelta delle persone, il radicamento e la costruzione di un nuovo grande soggetto politico non saranno più un’utopia.
Claudio Frontera
costituente regionale
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