mercoledì 26 marzo 2008

Quello che resta: l'importanza della memoria

Ho ricevuto oggi dal Cantiere per la democrazia, da Rossano Pazzagli, questo brano di Gramsci lo copio e incollo.
Restare vuol dire anche insistere e resistere, difendere, nella memoria, il ricordo di un'esistenza, resistere alla tragicità dell'oblio che cancella i ricordi e svaluta la storia, la cultura, le emozioni provate.
E' forse il pezzo che più conosciamo, ma lo metto lo stesso, perchè è bellissimo e perchè fra le cose che Gramsci ci ha lasciato c’è l’amore per la giustizia.
Parole note, da rileggere ogni tanto, pensieri che vivono ancora:

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perchè la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La massa ignora, perchè non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perchè mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917
L'indifferenza, insomma, ha un ruolo ben più incisivo e pericoloso di quanto si possa immaginare, è il braccio della conservazione, il piedistallo del potere, il terreno fertile delle ingiustizie.
Per dirla con De Andrè, “per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti” ( Canzone del maggio ).
Daniela Miele

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