martedì 20 novembre 2007

Diario del Partito Democratico

La prima seduta dell’Assemblea Costituente Toscana del PD (Firenze, 10 novembre 2007), è stata importante e vivace. Molte, molte facce nuove, molti giovani, metà dei partecipanti donne ( e quando mai si era visto prima un convegno politico caratterizzato in tal senso?).
Molti interventi, molti temi, molta passione.
Ecco alcuni motivi di riflessione, senza alcuna pretesa di completezza :

  • ci sono state grande attenzione e molte proposte di emendamento sul “dispositivo” finale, contenente regole e procedure per l’elezione dei coordinatori territoriali e dei segretari comunali. Le cautele e la voglia di chiarezza e di trasparenza, spesso allertata da testi scritti in “politichese ostrogoto”, sono certamente giustificate. Il rischio di un partito che delude, ai suoi primi passi, aspettative di partecipazione e novità, è grande e si deve lavorare per evitarlo. Tuttavia si deve anche ricordare che siamo nel pieno di una fase “costituente”, che si deve costruire, nientemeno, che un partito nazionale, e la strada non può non incontrare curve e tornanti. E’ importante vigilare, ma anche sdrammatizzare e relativizzare il valore degli aspetti procedurali, anche per non correre un altro rischio, quello di trasformare la stessa fase costituente in una estenuante assemblea di condominio. Per sdrammatizzare si ricorre però troppo facilmente all’argomento della “provvisorietà” di organismi, assemblee e assetti. Con il risultato involontario di indebolire le scelte che si fanno senza acquisire maggiore chiarezza. E’ certo che tutto è provvisorio in questa fase, che ci separa dal Primo Congresso. Ma anche dopo, per un bel po’, navigheremo in mare aperto, prima di arrivare, speriamo comunque presto e bene, ad una struttura e ad un assetto stabile ( sempre relativamente, s’intende, si parla di politica, no? E quindi di qualcosa di dinamico per definizione). Preferirei allora che al quadro della “provvisorietà” si sostituisse quello della “processualità”, per evidenziare la fase costituente come un processo, in cui ogni giorno si fa un passo avanti, ogni scelta organizzativa è una tappa di un percorso che sia leggibile come costruzione. Nella sua relazione introduttiva il segretario regionale Andrea Manciulli ha fatto riferimento alla “responsabilità”, come atteggiamento fondamentale. Il grande, inatteso, entusiasmante risultato di partecipazione alle primarie del 14 ottobre è il nostro patrimonio fondamentale, il più importante evento politico di questo anno difficile A noi spetta il compito di incrementare questo valore, non disperderlo. Non è più il momento di dirsi che partito desideriamo o aspettiamo. Ora c’è da costruire. Sembrava di sentire riecheggiare il famoso discorso di John Kennedy : non chiederti che cosa l’America può fare per te, ma cosa tu puoi fare per l’America. Che cosa può fare ciascuno di noi per costruire il PD. La domanda è necessaria, ma la risposta resta, per ora, difficile.
  • Un passo della relazione di Manciulli è stato chiaro quanto importante, quando il segretario ha affermato la scelta del Pd per le primarie sempre, come metodo insostituibile per scegliere i candidati del Pd alle elezioni amministrative e non solo. Non è soltanto una giusta risposta alle attese del “popolo delle primarie”, forza essenziale del nuovo partito, ma una conferma definitiva di una nuova concezione politica. Se si afferma sempre, e non episodicamente, questo metodo consente infatti non solo una trasparente ed efficace selezione dei candidati alle elezioni e quindi dei rappresentanti elettivi ( non chiamiamola classe dirigente, per favore!). Permette anche di coinvolgere attivamente i cittadini-elettori nella scelta dei programmi e delle politiche con i quali i candidati si identificano. Non saranno politiche opposte, trattandosi di candidature di un medesimo partito. Tuttavia, un grande partito, ricco di visioni e culture differenziate, non può stare a lungo unito se non elabora e pratica un metodo che coinvolga in modo trasparente i propri aderenti nelle scelte, ispirandosi al modello costituzionale, mai pienamente realizzato, che vede i partiti come soggetti fondamentali della partecipazione e della elaborazione delle scelte politiche.
  • Un partito basato e, gradualmente, plasmato, sul metodo delle primarie, è un partito “elettorale” ? Nel consolidato politichese di sinistra, questo attributo equivale, per una struttura politica, ad una ignominiosa offesa. La tradizione socialista e, ancor più, quella comunista hanno legato all’idea di partito politico un complesso di significati di tipo finalistico, che hanno visto, di volta in volta, il partito percepito e vissuto come una “chiesa”, cioè una comunità morale di giusti, di dispensatori di precetti e di solidarietà sociale diretta, oppure come organismo basato sul lavoro dei “militanti”, cioè, come dice la parola, di “soldati”, pronti al sacrificio in nome di lontani traguardi di giustizia, oppure come un’avanguardia di fondatori di una migliore società futura. In tali concezioni, il momento elettorale, era, tuttalpiù, un passaggio propagandistico, un’occasione di proselitismo e di avanzamento, dotato di debole significato proprio. Con la scelta del PD l’acquisizione definitiva, a lungo maturata, dell’orizzonte della democrazia rappresentativa come unica manifestazione della democrazia stessa e dell’alternanza come competizione sulle cose per governare meglio, capovolge la scala dei valori relativa alle finalità del partito. “Elettorale” non è più un’offesa perché favorire, organizzare, promuovere la partecipazione dei cittadini alla scelta di programmi e uomini e donne per realizzarli , in ogni tipo di elezione, amministrativa, regionale e politica, è l’alfa e l’omega della politica democratica. Oltre non c’è altro. Non c’è la rivoluzione, non c’è l’utopia, non c’è la militanza intesa come sacerdozio laico. Allora al Pd “partito elettorale”, dico di si. In Italia c’è bisogno di un partito che sottragga un popolo democraticamente un po’ immaturo e vulnerabile alla demagogia, al rischio di vivere in un limbo di retorica spicciola che dove si dispensano a piene mani sogni e valori che non costano nulla e, sottobanco, si gestiscono scelte, si formano e riformano le classi dirigenti secondo l’italico principio del trasformismo. Vogliamo parlare della forma organizzativa ideale per un siffatto partito? Appuntamento alla prossima puntata.

    Claudio Frontera
    Cosituente Regionale

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