Caro Cosimi, le primarie non sono certo lesa maestà
Il sindaco Cosimi, con le sue dichiarazioni al Tirreno, ha scelto di aprire sulla stampa, e non nel partito in cui milita, un dibattito sulle primarie per la scelta del candidato sindaco alle prossime amministrative. Per chi, nello stesso partito, ha idee diverse su tale argomento, manifestarle nello stesso modo, è di conseguenza, legittimo, se non addirittura doveroso, perché tacere oggi potrebbe essere frainteso domani. Le tesi di Cosimi, secondo me ancora lontane dal rinnovamento della politica avviato con la nascita del Partito Democratico, si possono riassumere in tre punti: (...) «sono pronto a ricandidarmi per un secondo mandato, ma se fossi ricandidato non deciderei da solo»; (...) «ho sempre pensato ad un arco temporale di dieci anni e non di cinque, necessari per fare le cose»; (...) «non temo le primarie». Queste le mie considerazioni: in politica oggi è centrale il concetto di responsabilità. La carica di sindaco è ad elezione diretta. Ciò vuol dire che il sindaco, una volta eletto, in virtù del mandato popolare, esercita un potere diretto, di nomina (giunta, dirigenti, enti derivati) e di gestione di tutti gli aspetti dell’amministrazione. Ritengo indubbio che ad una elezione diretta debba corrispondere una assunzione di responsabilità diretta, che favorisce la trasparenza e la serenità delle scelte dei cittadini. La legge dice che il mandato amministrativo è di cinque anni. Per un uomo delle istituzioni non sono opportune, credo, interpretazioni personali su argomenti del genere. Il programma del 2004 era per cinque anni, i cittadini hanno dato un mandato per cinque anni. Dopo cinque e non dopo dieci anni si sceglie di nuovo. Ciascuno valuti i risultati del mandato e si esprima liberamente. Se un sindaco dicesse: «Temo le primarie», ci sarebbe da preoccuparsi! È scontato, mi auguro, che un esponente del Pd non le tema. Le primarie non sono una sfida o un atto di lesa maestà, ma una scelta fondamentale per dare risposta ad un crescente bisogno di partecipazione dei cittadini e alla campagna che dipinge la classe politica come «casta». Sta scritto nel Dna del Pd ed è stato ripetuto un’infinità di volte. La politica è cambiata e ha bisogno di piena disponibilità al confronto e al giudizio degli altri. Il punto non è temerle o no, ma crederci o no. In quattordicimila hanno partecipato, a Livorno, lo scorso 14 ottobre, alla scelta del segretario nazionale del Partito Democratico, ma quando si sceglierà il candidato sindaco che quel partito proporrà nel nostro comune, dovrebbero stare a guardare? Le primarie servono per consentire a tutti gli elettori del Pd una valutazione sul futuro che non li escluda dalle scelte. È una opzione essenziale, non negoziabile, per quanto da regolamentare. Chi, in un modo o nell’altro, tentasse di condizionarne il percorso, si assumerebbe una grave responsabilità.
Il sindaco Cosimi, con le sue dichiarazioni al Tirreno, ha scelto di aprire sulla stampa, e non nel partito in cui milita, un dibattito sulle primarie per la scelta del candidato sindaco alle prossime amministrative. Per chi, nello stesso partito, ha idee diverse su tale argomento, manifestarle nello stesso modo, è di conseguenza, legittimo, se non addirittura doveroso, perché tacere oggi potrebbe essere frainteso domani. Le tesi di Cosimi, secondo me ancora lontane dal rinnovamento della politica avviato con la nascita del Partito Democratico, si possono riassumere in tre punti: (...) «sono pronto a ricandidarmi per un secondo mandato, ma se fossi ricandidato non deciderei da solo»; (...) «ho sempre pensato ad un arco temporale di dieci anni e non di cinque, necessari per fare le cose»; (...) «non temo le primarie». Queste le mie considerazioni: in politica oggi è centrale il concetto di responsabilità. La carica di sindaco è ad elezione diretta. Ciò vuol dire che il sindaco, una volta eletto, in virtù del mandato popolare, esercita un potere diretto, di nomina (giunta, dirigenti, enti derivati) e di gestione di tutti gli aspetti dell’amministrazione. Ritengo indubbio che ad una elezione diretta debba corrispondere una assunzione di responsabilità diretta, che favorisce la trasparenza e la serenità delle scelte dei cittadini. La legge dice che il mandato amministrativo è di cinque anni. Per un uomo delle istituzioni non sono opportune, credo, interpretazioni personali su argomenti del genere. Il programma del 2004 era per cinque anni, i cittadini hanno dato un mandato per cinque anni. Dopo cinque e non dopo dieci anni si sceglie di nuovo. Ciascuno valuti i risultati del mandato e si esprima liberamente. Se un sindaco dicesse: «Temo le primarie», ci sarebbe da preoccuparsi! È scontato, mi auguro, che un esponente del Pd non le tema. Le primarie non sono una sfida o un atto di lesa maestà, ma una scelta fondamentale per dare risposta ad un crescente bisogno di partecipazione dei cittadini e alla campagna che dipinge la classe politica come «casta». Sta scritto nel Dna del Pd ed è stato ripetuto un’infinità di volte. La politica è cambiata e ha bisogno di piena disponibilità al confronto e al giudizio degli altri. Il punto non è temerle o no, ma crederci o no. In quattordicimila hanno partecipato, a Livorno, lo scorso 14 ottobre, alla scelta del segretario nazionale del Partito Democratico, ma quando si sceglierà il candidato sindaco che quel partito proporrà nel nostro comune, dovrebbero stare a guardare? Le primarie servono per consentire a tutti gli elettori del Pd una valutazione sul futuro che non li escluda dalle scelte. È una opzione essenziale, non negoziabile, per quanto da regolamentare. Chi, in un modo o nell’altro, tentasse di condizionarne il percorso, si assumerebbe una grave responsabilità.
Claudio Frontera membro della Costituente regionale del Pd
Nessun commento:
Posta un commento