martedì 30 settembre 2008

LA VECCHIA NARRAZIONE

VELTRONI E IL PUTINISMO
Corriere della sera
di PierLuigi Battista
Un partito, oltre che dai suoi programmi e dalle sue linee di condotta, è necessariamente tenuto insieme da una «narrazione», da una chiave narrativa ed emotiva che legge simbolicamente il mondo e modella il lessico del suo popolo, ravvivandone il senso di appartenenza. La denuncia di Veltroni della deriva autoritario- putiniana in cui starebbe sprofondando la maggioranza di governo dimostra che se sul piano dei programmi e dei valori il Partito democratico ha portato a compimento una coraggiosa frattura con il passato, sul piano della «narrazione» appare invece ancora prigioniero degli schemi, degli automatismi mentali e del discorso retorico dell'oramai defunta Prima Repubblica. Riaffiora il disegno narrativo che prevede la descrizione dell'avversario come nemico ontologico della democrazia e di conseguenza anima l'appello «unitario» per fronteggiare il pericolo incombente. Contro Putin non si impone forse la mobilitazione straordinaria e la messa tra parentesi di dissensi e diversità?Sembrava che questo schema narrativo finalmente si fosse frantumato con le elezioni, e prima ancora con la scelta dello stesso Veltroni di sottrarsi all'imperativo dell'ammucchiata eterogenea cementata solo da un corale «contro », anziché da un progetto condiviso. Un gigantesco equivoco ha preteso che il nuovo schema dovesse necessariamente prevedere l'autocensura moderata dell'opposizione, la sordina sulle critiche anche veementi all'azione del governo. Invece no, è assolutamente normale che l'opposizione demolisca, eventualmente, la politica economica, le scelte sull'immigrazione, i provvedimenti sulla scuola, gli orientamenti sulla giustizia del governo. È ciò che fanno tutte le opposizioni del mondo democratico, che talvolta si confrontano con la maggioranza, e molto più spesso ne contrastano duramente la politica. Ma se si cede alla tentazione di alimentare il sospetto sulla stessa lealtà democratica dell'avversario, se tra la maggioranza e l'opposizione si costruisce un muro invalicabile che tende a dividere inappellabilmente il campo della democrazia da quello dell'antidemocrazia, allora si finisce per svuotare il principio stesso della reciproca legittimazione tra le parti politiche che competono alla guida dell'Italia.Crede davvero il leader del Pd che lo stesso avversario con cui solo pochi mesi fa si chiedeva un patto per le riforme istituzionali più urgenti, che lo stesso Berlusconi con cui proprio in questi giorni D'Alema (ma la coincidenza cronologica è davvero casuale: la conversazione con Bruno Vespa è di alcuni mesi fa) ha avviato una discussione sul modello presidenzialista, che dunque proprio l'interlocutore di ieri si sia trasformato nell'odierno rischio democratico? L'ipotesi più verosimile è che Veltroni, dopo aver imboccato con successo (anche se accolto con le reazioni sgarbate del capo del governo) la via del «confronto» nelle ultime fasi della vicenda Alitalia, abbia in mente la scadenza del 25 ottobre, in cui il popolo democratico manifesterà in piazza contro il governo Berlusconi. Conoscendo il suo popolo e le sue pulsioni, il leader del Pd sa quanto la «narrazione » della democrazia in pericolo, costruita in un quindicennio dominato dal vecchio schema, abbia ancora un'influenza pervasiva nella mentalità e nell'emotività diffusa nella sinistra. Un residuo del passato.

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