venerdì 31 ottobre 2008

L'INTERVISTA A MASSIMO D'ALEMA

La Repubblica
VENERDÌ, 31 OTTOBRE 2008

Pagina 11
I moderati

"Tra Berlusconi e il paese idillio finito nel Pd si deve aprire una nuova fase"

D´Alema: Veltroni coinvolga tutti, il profilo riformista va alzato

Lavoriamo ad una vasta coalizione per tornare a dialogare con i ceti moderati che hanno votato Berlusconi
Capisco l´appello di Walter all´unità ma è lui che deve prendere l´iniziativa altrimenti non ci si lamenti se nascono le fondazioni

MASSIMO GIANNINI
ROMA -
«La protesta di massa sulla scuola, la drammatica crisi economica che attanaglia famiglie e imprese. Ormai è evidente: l´idillio tra Berlusconi e l´Italia si sta incrinando e la vicenda della legge elettorale europea, di cui apprezziamo il ritiro, non è solo il risultato della fermezza dell´opposizione ma anche di difficoltà interne alla maggiranza. Di qui dobbiamo partire per rifondare un nuovo centrosinistra, che rappresenti agli occhi dei cittadini un´alternativa vera e credibile per il futuro governo del Paese».
Ammainate le bandiere della grande manifestazione del 25 ottobre, Massimo D´Alema scende in campo e suona la carica al Partito democratico e a Veltroni. «Adesso - dice l´ex premier ed ex ministro degli Esteri - bisogna lavorare per costruire intorno al Pd una vasta coalizione democratica, e che ci permetta di alzare il nostro profilo riformista, di dialogare con tutte le opposizioni, di parlare ai ceti moderati che hanno votato Berlusconi, e che ora capiscono la sua palese inadeguatezza».
Onorevole D´Alema, non è che state scommettendo un po´ troppo su questa «fine della luna di miele» tra il Cavaliere e gli italiani? «Nessuna illusione. Ma non possiamo non vedere quello che sta succedendo. L´Italia attraversa una crisi senza precedenti, che sarà di lungo periodo. Si è ormai dissolta l´idea che Berlusconi vivesse una sorta di `luna di miele permanente´ con il Paese. Stanno esplodendo i primi, seri problemi nel rapporto tra il governo e i cittadini. Sta crollando come un castello di carta la straordinaria `fiction´costruita dal governo in questi mesi. Ci sono problemi enormi, il governo li ha gravemente sottovalutati e oggi dimostra di non avere la forza per affrontarli con la necessaria radicalità».In realtà, l´unico serio «problema nel rapporto tra il governo e i cittadini», come lo chiama lei, riguarda la scuola.«E le pare una cosa da poco? Quello che sta accadendo sulla scuola merita una grandissima attenzione. Un insegnate mi faceva notare una cosa molto giusta: mentre nel 77 in prima fila c´era la parte meno qualificata del corpo studentesco, oggi in testa ai cortei ci sono i primi della classe, che non vedono più una prospettiva per il futuro. Perché questo succede: se tagli gli investimenti nelle università, blocchi il turn over e cacci i ricercatori, rubi il futuro agli studenti più bravi e più capaci. Ora, io penso che l´opposizione debba rispettare e non strumentalizzare i fatti. Ma gli scontri dell´altro ieri a Roma mi hanno enormemente allarmato. Ci sono aspetti che devono essere chiariti e che riguardano anche la condotta della polizia: il centro era tutto bloccato alla circolazione, per chiunque, eppure un furgoncino carico di mazze è potuto arrivare fino a Piazza Navona, dove ha scaricato la sua `merce´, e dove un gruppo di squadristi ha atteso il corteo degli studenti. Com´è possibile?».Comunque sulla scuola chi è senza peccato scagli la prima pietra.«E´ evidente, ma da questa crisi non si esce con le scelte primitive della destra. Giusto colpire gli sprechi e i privilegi, ma per farlo non si possono prosciugare le risorse di tutta la scuola. Giusto colpire gli abusi al diritto di assistenza dei disabili, ma per farlo non si può eliminare il diritto. Giusto colpire i casi di `baronato´ e i corsi universitari con un solo studente, ma per farlo non si può tagliare 1 miliardo di euro a tutta l´università. L´autonomia non è arbitrio. E il fatto che non ci siano i soldi è una scusa. Le scelte compiute dal governo su Alitalia alla fine costeranno 2 miliardi ai contribuenti. La soppressione dell´Ici per i più abbienti è costata 3,5 miliardi.Quei soldi c´erano. Il problema è che sono stati usati per effettuare una politica redistributiva a favore della parte più ricca del Paese. Quindi il governo non è stato costretto a tagliare: ha fatto una scelta, ben precisa. Ed è una scelta di destra che il Paese mostra di non gradire».Lei ha qualche dubbio sul referendum contro la legge Gelmini.Perchè?«Non è questione di dubbi. Penso che il referendum è uno strumento monco e improprio, perché i tagli alla scuola approvati in Finanziaria non sono materia da referendum, e le norme della Gelmini, se e quando il referendum si facesse, cioè all´incirca nel 2010, avranno già prodotto i loro effetti. Quindi io dico: raccogliamo pure le firme, ma impegniamoci davvero, qui ed ora, per costringere il governo a un cambiamento di rotta».Quali altri segnali vede, di questa incrinatura tra il governo e il Paese? «C´è il profondo malessere che sta crescendo dentro la stessa maggioranza sulla riforma delle legge elettorale per le europee.Su questo abbiamo fatto una riunione con tutti i gruppi parlamentari. Ebbene, oltre a una convergenza sul tema specifico, è emersa la preoccupazione condivisa sulla visione della democrazia di questa maggioranza: questa idea oligarchica, presidenzialista e plebiscitaria del potere, indebolisce la democrazia e produce solo una parvenza di decisionismo».Ma la denuncia di questa situazione, e tutti i no che ne derivano, basta a voi dell´opposizione per mettervi l´anima in pace? «No, non basta. E qui veniamo al cuore del problema. Questa crisi, drammatica, non è solo della maggioranza, è del Paese. E questo da un lato getta le basi per una prospettiva politica nuova, dall´altro lato carica l´opposizione di una grande responsabilità. Dobbiamo alzare nettamente il nostro profilo riformista. Dobbiamo ridefinire il progetto politico dell´opposizione, e aprire una fase nuova che ci consenta di creare un campo di forze per l´alternativa. E non sto parlando di nomenklatura, ma di pezzi della società italiana, di ceti moderati, di classi dirigenti, che devono tornare a guardare a noi come a un nuovo centrosinistra di progetto e di governo, che non riproduca i limiti e gli errori del passato. La costruzione di questa coalizione va di pari passo con la nostra capacità di parlare al Paese, che non è solo quello che scende in piazza».La vostra piazza del 25 ottobre non doveva servire proprio a questo? «E´ stata una piazza molto bella, soprattutto perché è stata festosa.Tuttavia, dopo il grande sforzo comune di quella manifestazione, mi piacerebbe adesso che l´insieme del gruppo dirigente fosse coinvolto in una riflessione per il rilancio della nostra prospettiva. Capisco l´appello di Veltroni all´unità, ma è innanzitutto da lui che deve venire l´iniziativa per favorirla e renderla efficace. Siamo in uno scenario che sta cambiando profondamente. Siamo passati dall´illusione di una partnership con Berlusconi per fare le riforme (quello che Ferrara sul Foglio sintetizzava con l´espressione `Caw´), ad una aspra conflittualità, di cui innanzitutto il premier porta la responsabilità. Ora, però, è molto importante dare anche forza propositiva alla nostra iniziativa e rilanciare la capacità di dialogare con l´intera società italiana».Partiamo dall´opposizione. Il suo ragionamento implica che, a partire da Di Pietro, vadano ridiscusse le alleanze. E´ così? « Prima ancora di questo occorre mettere a fuoco un nuovo progetto riformista e riformatore per l´Italia, sul quale cercare il massimo dei consensi possibili, e non solo nell´opposizione. I temi non mancano: dai meccanismi per il voto europeo al federalismo, dal referendum sulla legge elettorale al Mezzogiorno. Insomma, anziché una inutile discussione tra di noi se si debba guardare a destra o a sinistra, ciò che dobbiamo fare è accrescere la nostra capacità di attrazione, a partire dal nostro progetto riformista e dall´iniziativa politica che mettiamo in campo. L´obiettivo, certamente, è quello di allargare il campo delle alleanze».E cosa intende quando parla di riflessione sul Pd e sulla sua organizzazione interna? Siamo di nuovo alla diarchia conflittuale D´Alema-Veltroni? «No, nessuna diarchia e nessun conflitto. Ma per il Pd il problema non pienamente risolto continua ad essere quello della piena valorizzazione delle sue risorse. Andiamo verso la conferenza programmatica, e quello sarà un momento di verifica importante proprio per marcare il nostro profilo riformista. Questo richiederebbe il contributo di tutti, perché in caso contrario è inevitabile che le forze si disperdano. Se non è il partito a chiamare ed impegnare tutti, non ci si può lamentare se nascono fondazioni, associazioni, e iniziative di vario segno».. La sua Red come la vogliamo giudicare? «Io mi occupo della Fondazione Italianieuropei. Red è un´associazione che ci aiuta a sviluppare i nostri progetti, e sta coinvolgendo molte persone anche fuori dal Pd. Non c´è nulla di anormale in questo. E´ sbagliata l´immagine di un partito che si identifica in un principe buono, minacciato da un gruppo di pericolosi oligarchi cattivi».E questa idea chi la mette in giro, se non tutti voi messi insieme? «Io non mi riconosco tra i diffusori di questa immagine. Veltroni è il leader del Pd. Come sa io non ho incarichi e non ne cerco. Sono uno dei pochi che ha lasciato incarichi per favorire il rinnovamento. Ma in questo partito c´è un gruppo dirigente formato da molte personalità, e non da oligarchi cattivi. Questo gruppo dirigente è anche una garanzia del rapporto tra il Pd e il Paese. Mettere al lavoro queste persone, vecchie e giovani, non indebolisce Veltroni, ma al contrario lo rafforza».E il congresso straordinario che fine ha fatto? Ormai si farà dopo le europee.«Non ho mai chiesto che si tenesse un congresso straordinario. Il congresso com´è previsto dallo statuto, si terrà dopo le europee».Comunque di tempo ne avete. Il Cavaliere vi consiglia un riposo di 5 anni.«Berlusconi non ha molto da ironizzare. I sondaggi dicono che le difficoltà della maggioranza sono serie, il governo ha perso 18 punti. Ma la fine dell´idillio non si traduce in un travaso di consensi dalla maggioranza all´opposizione. Quando un Paese non ha fiducia né nel governo, né nell´opposizione significa che c´è il rischio di una democrazia più debole. Anche per questo è urgente rilanciare non solo la nostra battaglia di opposizione, ma il nostro progetto politico. Il partito del centrosinistra riformista è nato per questo».

domenica 26 ottobre 2008

ROMA. «Noi al Circo Massimo, Berlusconi al massimo al circo».


DOMENICA, 26 OTTOBRE 2008

La folla grida a D’Alema: sei meglio di Clooney

ROMA. «Noi al Circo Massimo, Berlusconi al massimo al circo». Porta la firma del gruppo Venturina, provincia di Livorno, uno dei cartelli più ironici preparati dai militanti del Pd che ieri hanno invaso Roma come un fiume in piena. Due milioni e mezzo di persone a sentire gli organizzatori, arrivate da ogni angolo della penisola. Una risposta oceanica, un mare di bandiere che hanno attraversato la città da piazza dei Partigiani e piazza della Repubblica per riunirsi al Circo Massimo e dire basta al governo Berlusconi, ai tagli di Tremonti, alle riforme della Gelmini, al razzismo, ai salari da fame, ai lodi salvapotenti e a tutte le mafie. I treni speciali e gli autobus di linea hanno cominciato ad arrivare nella capitale alle prime luci dell’alba. Delegazioni da tutte le regioni, dalla Lombardia alla Toscana, dal Lazio alla Sicilia, dall’Emilia Romagna alla Calabria, dall’Umbria all’Abruzzo. Gente comune, mica no global. Impiegati, insegnanti, pensionati, professionisti, operai, precari licenziandi, cassintegrati, famiglie con zainetti dai quali spuntano panini arrotolati nella carta stagnola. Quasi tutti over cinquanta, e spesso anche sessanta. I due cortei gemelli hanno sfilato pacati e imponenti, aperti da un grande striscione con una citazione del senatore Leopoldo Elia, padre costituente da poco scomparso: «Abbiamo il dovere morale di mantenere in vita tutte le libertà conquistate per i nostri figli, per i nostri nipoti, di conservarle, valorizzarle, difenderle». Tra la folla che si incanala lungo via Cavour, il corteo più nutrito, spicca una parte del gruppo dirigente nazionale. Ci sono Piero Fassino e Anna Finocchiaro. Ci sono Franco Marini ed Enrico Letta. Walter Veltroni, invece, fa la spola tra i due cortei. E quando arriva la gente lo accoglie con un boato. «Walter ci siamo tutti», gli grida un manifestante della sezione Pd del Prenestino mentre la folla inizia a scandire lo slogan «Chi non salta Berlusconi è», fin quasi a far tremare l’asfalto, mentre a piazza dei Partigiani la folla invoca unità e acclama Massimo D’Alema come una star. «Massimo sei meglio di Clooney», urla qualcuno. Ma la gente, nonostante i numeri, non dà problemi al rodato servizio d’ordine del partito. I cortei sfilano disciplinati tra migliaia di bandiere del Pd, ritmati dal suono dominante di fischietti e tamburelli. Qualche gruppo intona «Bella ciao», altri optano per l’inno di Mameli. C’è anche uno striscione con la scritta «Barack Obama». I ragazzi che lo tengono issato per le strade del centro hanno una maglietta che è una dichiarazione di voto a favore del senatore nero dell’Illinois, candidato democratico alla Casa Bianca: «Americans in Italy for Obama». Qualcuno innalza un cartello artigianale scritto a pennarello: «Disintossicatelo». Tanti indossano una maglietta verde dove si legge che «il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». Altri giovanissimi che sono in piazza per la prima volta e rifiutano etichette di partito al ministro della Pubblica Istruzione hanno invece dedicato un santino: «Beata Ignoranza». Più degli studenti, però, stavolta sono gli anziani e i pensionati. «Niente inciuci. Il portafoglio è vuoto», ammonisce un cartello. «25 aprile, 1º maggio, 2 giugno», ricorda un altro striscione. (n.a)

sabato 25 ottobre 2008

" Signore perdonali, perché a noi non ci riesce"

Illuminante anche l'intervento del Senatore a vita Cossiga sui futuri percorsi formativi
"In primo luogo lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito...Lasciar fare gli universitari . Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri . Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano Soprattutto i docenti,non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. "
Ma l'istigazione a delinquere è stata abolita? Perché con tutti questi lodi ... non ci si capisce più nulla !
Turms
Pensierino della sera
Per coloro che continuano a sostenere questa "elite" governativa possiamo forse richiedere l'intervento divino :
" Signore perdonali, perché a noi non ci riesce. "
http://sacripanti.blog.tiscali.it//index.shtml
Forse qualcuno potrebbe pensare che è un vecchio rimbambito, un picconatore suonato dalle sue stesse picconate, ma non è così. Egli non è nuovo a questa ideologia della violenza e le cose che ora dice le ha fatte davvero quando era ministro dell'Interno. La povera Giorgiana Masi è un esempio dell'uso sistematico della provocazione come strumento di ordine pubblico, ma ci sono molti altri casi. Per questo durante il movimento del '77 molti di noi giovani in tutta Italia andavano nottetempo a scrivere 'Kossiga boia' con la K e la doppia s alla nazista, nelle città come in provincia, e di giorno manifestavano la rabbia e il desiderio di un paese migliore e più democratico. Ma vinse lui... dopo essere stato Ministro dell'Interno nel '77 e nel '78, ministro al tempo dell'uccisione di Aldo Moro, negli anni '80 è stato fatto anche Presidente della Repubblica. Incredibile. Infatti, e non solo per questo, l'Italia è ulteriormente peggiorata e la sua classe dirigente ne è lo specchio fedele. E oggi ritira fuori quell'ideologia fascista perché sa di non predicare nel deserto e di trovare orecchie attente... purtroppo i pericoli per questa debole democrazia non finiscono mai.
Rossano Pazzagli
dal Cantiere della democrazia

giovedì 23 ottobre 2008

UNIVERSITARI IN PIAZZA




Berlusconi: "Non permetteremo occupazioni. Scuole e università saranno sgombrate dalla polizia"
"Non permetteremo che vengano occupate scuole e università". Lo ha detto il premier, Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi con il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "E' una violenza, convocherò oggi pomeriggio Maroni per dargli indicazioni su come devono intervenire le forze dell'ordine"."L'ordine deve essere garantito. Lo Stato deve fare il suo ruolo garantendo il diritto degli studenti che vogliono studiare di entrare nelle classi e nelle aule".Ieri 21 ottobre in Piazza Cadorna a Milano si sono verificati i primi scontri tra studenti che tentavano di arrivare in stazione e polizia decisa ad impedire il blocco dei binari. Oggi le dichiarazioni del premier fanno intendere che il governo userà "il pugno duro" contro le occupazioni proprio mentre si annuncia che la Facoltà di Lettere di Torino è stata occupata. La situazione sta precipitando?

Informazioni

Video Berlusconi su scuola e forze dell'ordine
Dal minuto 21 al minuto 22 circa
Fonte: governo.it
Come venire alla manifestazione PD
Fonte: partitodemocratico.it

Manifestazioni degli studenti

mercoledì 22 ottobre 2008

Ombre Cinesi

http://sacripanti.blog.tiscali.it

"In Livorno e le elezioni " Claudio Frontera percepisce il clima di una città da troppo tempo senza identità, tormentata da vaganti ombre cinesi in cerca di un autore. Se accanto ad una presenza dell'uomo storicamente segnata non si riesce a comprendere il presente, prospettare il futuro diventa solo una pura esercitazione linguistica; è il valore d'uso del territorio che deve essere reinventato secondo scelte efficaci di carattere politico. Il non aver colto il mutamento complessivo che si è diversamente articolato nel nostro territorio nel corso degli anni ha eluso quella dinamica culturale, stimolo necessario per un'attività progettuale, ripensata in tutte le fruizioni possibili, nelle diverse variabili e non solo in chiave occupazionale.
Ci sono almeno dieci anni di pura e semplice gestione della res pubblica cittadina, che ha volutamente ignorato ogni possibile confronto innovativo e come tale potenzialmente "creativo". Quando per gratuita supponenza si pensa di essere rappresentativi per una sorta di appartenenza "religiosa-partitica" o per innata supremazia etica , l'ottusità politica trionfa sicuramente e non allontana quella storica diffidenza nei confronti del centro sinistra che il PD ha in parte ereditato..
In un'assemblea del PD ho avuto modo di ricordare che questo deve essere il momento massimo dell'ascolto, ascoltare chi, con nuovo entusiasmo si è avvicinato al PD, ma qualche dotto inquisitore d'apparato ha immediatamente osservato che l'ascoltare potrebbe essere interpretato come una possibile deficienza dialettica! ...
Nella società del disincanto non essere capaci di ascoltare apre ulteriori foschi scenari e tra l'altro mette in discussione anche lo zoccolo duro: non si è, infatti, capito che molti di noi "ragazzi" del ‘46 ( ed anni limitrofi), per meglio capirci, quelli dai tanti sogni infranti che sempre hanno costituito gli irriducibili votanti del partito di maggioranza nella nostra città, abbiano esaurito la loro vocazione, logorati da una vacua ed abulica dialettica politica, stanchi di un sistema mercenario di regime e di una totale assenza di meritocrazia, e potrebbero serenamente, senza troppo chiasso, decidere anche di non votare ...nonostante i sondaggi.
E' vero, dei figli del dopo guerra si può anche fare a meno, ma almeno, è garantito il consenso delle nuove generazioni? La questione è dubbia, non si comprende, infatti, per quale motivo la discontinuità genetica dovrebbe sostenere "la continuità" di una forza politica e di personaggi inaffondabili che si proclamano diversi e nuovi, ma imitano la politica degli avanzi e del personalismo del cavaliere.
E' il momento di avere il coraggio di mettersi veramente in gioco a tutto campo con un confronto aperto con la cittadinanza attiva e riformista della città e con i giovani scesi in piazza in difesa della scuola pubblica ed evitare di confrontarsi solo nelle segrete stanze dei palazzi con gli amici degli amici.
Giancarlo Sacripanti

P.S. Sia bene chiaro tutti hanno il diritto e in molti casi i meriti necessari per ricandidarsi o candidarsi per le prossime amministrative, ma ad una condizione: nel rispetto della democrazia partecipata e del confronto dialettico con gli elettori, ascoltare per capire perché molto è cambiato in questi ultimi anni...per una frase simile detta negli anni ‘90 nella direzione dei DS venni "monarchicamente " esiliato per lesa maestà. Speriamo bene...

martedì 21 ottobre 2008

«La sinistra si confronti sulle questioni reali»

Il Tirreno
21/10/08
Mi inserisco nell’analisi di Claudio Frontera sulle prossime elezioni amministrative pubblicata dal “ Il Tirreno “ il 15 ottobre scorso, da persona esterna al Partito Democratico ed alla maggioranza che amministra il Comune e la Provincia di Livorno, e come consigliera provinciale di Rifondazione Comunista, partito all’opposizione nelle due istituzioni.
L’ho trovata analisi interessante e, pur se di parte, ispirata da forte senso critico purtroppo motivato dalla realtà e dall’aspirazione alla politica dello spirito di servizio e della passione civile.Personalmente aggiungerei l’aspirazione alla prossimità dei/delle cittadini/e alle Istituzioni, alla percezione diffusa di far parte ognuno/a di una complessa attività sia programmatica che amministrativa includente, al vivere solidalmente in una Livorno ricca sì di problemi ma con un’anima ed un cuore pulsanti. Frontera, nel tratteggiare la Sinistra radicale la descrive incerta tra “ confrontarsi con una maggioranza che non fa concessioni programmatiche o restare all’opposizione “. Io ritengo che questo sia solo uno degli argomenti che impegnano la cosiddetta Sinistra radicale (per me oggi più che mai radicalità significa elaborazione di strumenti per l’ottenimento di risultati rispondenti ai bisogni presenti nella società). Gli altri argomenti sono, a mio parere e tra gli altri, reagire alla batosta elettorale, alla banalizzazione di “ tanto sono tutti uguali “, all’arroganza preistorica della maggioranza che governa il nostro Paese alimentando la paura nella popolazione. Alla drammatica situazione indotta dal Governo a lavoratori/trici dipendenti e pensionati/e tutta la Sinistra livornese dovrà trovare risposte forti, necessarie, efficaci. Certo le elezioni amministrative rappresentano per la comunità locale un momento di partecipazione diretta alla politica e mi piacerebbe che si vivessero con consapevolezza e rispetto ma anche con la volontà di innovare ciò che non ha finora convinto, di individuare modalità anche coraggiose, di soddisfare le tante esigenze della nostra città rispettandone l’habitat ambientale e culturale. Per l’amministrazione comunale c’è una grande questione sospesa: le migliaia di firme raccolte e divenute inutili per lo svolgimento del referendum sull’offshore. E’ una questione di democrazia che non può essere rimossa. La congiuntura economica è preoccupante, certo e non solo per Livorno, ma riscoprire la voglia di confrontarsi sulle questioni reali senza condizionamenti precostituiti, sarebbe sicuramente il miglior auspicio per la nostra comunità.
Graziella Pierfederici
consigliera provinciale del partito della Rifondazione Comunista

lunedì 20 ottobre 2008

Dal coordinatore cittadino dell'ASSOCIAZIONE INCONTRIAMOCI

Istruzione: non solo tagli ma strategie studiate a tavolino
Molto si è parlato in questi giorni della “bufera Gelmini” con tutto il flusso di detriti che porta con sé un’ondata di piena che di fatto copre quanto di buono si era cominciato a fare per avvicinare l’Italia ai nuovi standard europei di istruzione e formazione che partiranno ufficialmente e presumibilmente senza ritardi dal 2012.
In tutte queste discussioni si è spesso attribuito al decreto che vuol riformare il sistema scolastico una sottesa volontà non tanto dettata da scelte di merito ma semplicemente dalla necessità di far quadrare i bilanci dello stato facendo passare l’idea che questa sia la vera ragione che travalica e domina quella della riforma del sistema scolastico.
Ora, se sicuramente l’obiettivo di far quadrare il bilancio non è assente da questo ragionamento è anche vero che dobbiamo considerare se ci siano delle altre questioni, più nel merito delle scelte politiche di cui il governo Pdl è portatore e che si esprimono in modo chiaro anche riguardo ai temi dell’istruzione e della formazione. Parlare quindi solo di necessità di bilancio che dettano tutte le politiche del governo potrebbe essere solo una parte del problema e, da un certo punto di vista, neanche la più grave, per quanto negativa.
Una prima considerazione riguardo all’approccio conservatore riguarda il concetto di costo applicato all’erogazione dei servizi pubblici, fra cui intendiamo anche l’istruzione e i servizi scolastici. Parlare in modo generico di tagli porta infatti con sé una precisa filosofia che vede il servizio pubblico solo come un costo e non già come investimento. Questo significherebbe, secondo il primo approccio, che un servizio pubblico, che quindi porta con sé un alto “ritorno” in termini di “valore sociale” viene interpretato solo dal punto di vista del valore economico nella misura in cui debba produrre utili o efficienza solo contabile.
Il problema, che è tuttora parte di ampi dibattiti su scala mondiale su cui si interrogano molti economisti e sociologi a diversi livelli è che pare ormai accertato come un investimento sui servizi sociali, che di per sé può essere guidato si da criteri di efficienza nell’utilizzo delle risorse ma senza essere comandato solo dall’analisi costo-beneficio economica deve (dovrebbe) essere misurato nel valore di crescita sociale che realizza verso una comunità, sia nazionale che territoriale/locale. Ed è pure ormai dimostrato come questo risultato sociale sia in realtà ben misurabile, non sia cioè solo una bella dichiarazione d’intenti. Infatti, attraverso specifiche analisi dell’incremento del Pil, sia a livello nazionale che locale è possibile misurare quanto un servizio strategico per la crescita sociale di una comunità possa incidere nel miglioramento dei parametri di misura del benessere della stessa.
In questo senso un governo che parla solo di tagli alla scuola potrebbe far pensare che stia cercando di consolidare un vero e proprio approccio politico dettato da una precisa filosofia di pensiero di stampo un po’ antico e non già di rispondere solo a necessità di tipo contingente. E questo, se così fosse, sarebbe ancora più grave poiché dimostra il tentativo di incidere in modo profondo nel contesto e nei modi in cui si manifesta la vita sociale di un paese senza che i cittadini abbiano piena coscienza della reale portata del cambiamento che è in atto e, soprattutto, delle conseguenze negative che ne deriveranno oltre quelle immediate dei tagli al personale della scuola e il decadimento dei livelli qualitativi di erogazione dei servizi.
Ma non è solo questo. L’altro approccio o filosofia che sembra essere sottesa riguarda l’istruzione e la formazione e, vede la contrapposizione fra un modello di apprendimento “cognitivo” (uso il termine per semplificare) rispetto ad un modello che valorizza i risultati di apprendimento (che è quello europeo). Cioè si assiste ancora una volta ad estenuanti dibattiti sui tempi di fruizione della materia oggetto di studio ma non si accenna a come i risultati di apprendimento, che ogni persona produce in modo diverso e a seconda del contesto formativo-educativo in cui si trova a vivere, vengano in realtà prodotti e realizzati. Peccato che l’Unione Europea abbia “partorito” un sistema denominato EQF (European Qualification Framework) che identifica 8 livelli di apprendimento, da quello di base all’alta formazione, e che legge ogni livello in termini di risultato di apprendimento, in modo indipendentemente (come concetto) dai tempi e dai modi in qui questo possa essere avvenuto, in questo volendo considerare anche gli apprendimenti non formali che derivano da esperienze di lavoro o di vita e non solo quelle scolastiche in senso stretto.
E’ questa una novità importante, che cela una sua complessità di cui qui non mi dilungo e sarà pienamente attuata a partire dal 2012 alla fine di un lungo periodo di sperimentazione, e che ha visto già molti soggetti muoversi nella giusta direzione, fra le prime sicuramente la Regione Toscana e lo stesso governo Prodi attraverso alcuni provvedimenti significativi presi dall’allora ministro Fioroni.
Tutto questo che fine farà? Il dubbio è quindi che la nuova riforma che il ministro Gelmini ci propone sia espressione non solo della volontà di operare tagli, ma anche nell’intenzione di voler applicare una sorta vetero-liberismo (contrapposto al welfare, per quanto in discussione) e di una buona dose di antieuropeismo o euroscetticismo che dir si voglia. Di questo è opportuno essere consapevoli.

Daniele Bettinetti
Esperto di formazione, consulente Sistema Regionale delle Competenze, Regione Toscana

L'articolo è stato pubblicato su Il Corriere di Livorno del 20 ottobre

Sintonie

http://ilprimocerchio.blogspot.com/

Ci son due frasi che sento spesso in questo periodo, e denotano tutta la superficialità e l'arrendevolezza che ci sta opprimendo: "Da qualche parte si deve pur cominciare" e "Qualcosa bisogna pur fare". No! Si deve cominciare dalla parte giusta e fare cose sensate e ben fatte.Vi avviso che sto diventando intollerante verso chi le pronuncia, da qualche parte dovrò pur iniziare... di [domitilla]

Se non l'avete visto in tv ieri sera, guardate il monologo della Littizzietto cliccando qui sotto. Verso la fine è molto efficace contro / sulla Gelmini e anche molto divertente
http://it.youtube.com/watch?v=K6FZ1UpA8oU

domenica 19 ottobre 2008

Libertà religiosa
nel Mediterraneo?


Pensieri in margine a

Guido Bellatti Ceccoli, Tra Toscana e Medioriente
La storia degli arabi cattolici a Livorno
(sec. XVII-XX)
Livorno, EdiTasca, 2008
Ne parlano

dott. Claudio Frontera
Associazione Incontriamoci
prof. Renato Burigana
Fondazione Giovanni Paolo II

Coordina
dott. Andrea Faggioli
Toscana Oggi


Lunedì 20 ottobre ore 18.00
Toscana OggiVia de Pucci 2 - Firenze

mercoledì 15 ottobre 2008

Cercasi guizzo per non restare in ginocchio

IL TIRRENO
MERCOLEDÌ, 15 OTTOBRE 2008

Pagina 1 - Prima Pagina

Livorno e le elezioni

CLAUDIO FRONTERA
Ci avviciniamo alle elezioni amministrative, appuntamento democratico fondamentale per le comunità locali, nelle quali si decide di cose concrete come lavoro, scuole, strade, servizi sanitari, traffico e impianti sportivi. In una città moderna, europea o, come direbbe D’Alema, “normale”, si sentirebbe discutere, ora più che mai, dei problemi cittadini e delle prospettive. Si farebbero confronti con altre città, per imparare dalle esperienze degli altri, si accantonerebbero per un momento fedi e ideologie per scoprirsi anime dello stesso villaggio, o meglio, come vuole la nostra Costituzione repubblicana, cittadini. Impegnati a discutere e a scegliere liberamente il futuro nostro e dei nostri figli. Nella nostra Livorno, invece, si assiste da troppo tempo e, marcatamente, da alcune settimane, ad una accesa personalizzazione della politica locale. C’è un sindaco in carica che si autoricandida per un nuovo mandato. C’è un misterioso sondaggio. C’è l’attivismo dell’ex sindaco, della cui giunta ha fatto parte l’attuale sindaco. Districarsi è difficile, come dimostrano i due più recenti editoriali che il direttore del Tirreno ha impiegato per interrogarsi su che cosa farà quello o quell’altro possibile candidato, quello o quell’altro dirigente del Pd. Del resto, come dargli torto? A Livorno il Pd parte da quota 54%. Gli altri partiti della coalizione sono, tutti insieme, meno di un decimo del Pd. La Sinistra radicale dopo il drammatico esito delle elezioni politiche discute se confrontarsi con una maggioranza che non fa concessioni programmatiche o restare all’opposizione. Il Centro-destra pare rassegnato in partenza alla sconfitta. La partita del governo locale sembra giocarsi quindi davvero soprattutto dentro il perimetro del Pd, nel quale sarebbe pertanto utile, per la città, un confronto autentico tra idee e programmi diversi. Si reagirebbe così positivamente all’ondata di personalismo, puntando sulla “bella politica”, quella della competenza e della responsabilità, della passione civile e dello spirito di servizio. Perché, sotto la cenere, cova anche qui la voglia di essere cittadini di una città politicamente normale, che si parlano, commentano e si interrogano. Ci sono aziende in crisi da anni, con le famiglie dei lavoratori appese alla cassa integrazione e altre che rischiano il ridimensionamento a causa del collasso della finanza globale. La disoccupazione o la precarietà giovanile e femminile aumentano. I servizi sanitari incontrano ogni giorno nuove difficoltà. La dispersione scolastica è tra le più alte della Toscana. Per un posto al nido si entra in lista di attesa insieme ad altre centinaia di famiglie. Sul porto si addensano le nubi della contrazione del commercio mondiale. Il turismo non decolla. Mai come adesso, dal dopoguerra, Livorno ha avuto bisogno di un guizzo, di una voglia di andare avanti, di trovare risposte e appare invece, a momenti, ripiegata su se stessa, come se stare in B sia in fondo un destino ineluttabile. La personalizzazione estrema della politica e una città senza progetto e senza ambizioni per il futuro sono due facce di una stessa medaglia, che si alimentano a vicenda. Fino a quando non ci decideremo a spezzare il cerchio del conformismo e dei pregiudizi, mettendo finalmente in campo idee e innovazioni vere e forti.
Claudio Frontera

martedì 14 ottobre 2008

SUICIDIO DEL CAPITALISMO FACILE


MARTEDÌ, 14 OTTOBRE 2008
Il Tirreno
LE RAGIONI DELLA CRISI
MASSIMO PAOLI
La crisi finanziaria che sta scuotendo il mondo, come tutti i grandi eventi economici mette in discussione il sistema. In molti oggi pensano di riconoscere in questa crisi l’inizio della fine del capitalismo. In realtà il capitalismo cui sembrano pensare quelli che ritengono o sperano che abbia finalmente iniziato il suo definitivo declino è già morto da tempo, e senza averli avvertiti. Questa infatti non è la crisi del capitalismo liberale, è semmai, la crisi prima di tutto ideologica, oltre che tecnica, della degenerazione di quella forma del capitalismo. E’ la sconfitta di un sistema di valori che non appartiene affatto al rigore ideale di quel modello (che, vedrete, da domani sarà rievocata e rimpianta da molti). E’ la crisi del capitalismo oligarchico-populista e post-industriale, del capitalismo facile, quello di carta appunto, nel quale anche un “bischero” qualsiasi può fare soldi e un “genio” perderli, perché il principio non è più lo “scambio” di un bene o servizio che prima di tutto deve essere pensato e poi prodotto con tutti i rischi e la complessità che ciò comporta, ma la “scommessa” fine a sé stessa. Un capitalismo che non richiede competenze tecnologiche e organizzative, saperi ed esperienze, è il capitalismo dei 28enni (mille scuse ai 28enni bravi) come si disse, quando qualche anno fa un giovinastro che, sorprendentemente, poteva operare senza limiti e senza controllo fece fallire la banca Barclays. Un capitalismo che non è più fondato sugli ideali di realizzazione, per i quali l’importante era concretizzare i propri sogni, ma su quelli fondati sulla pura accumulazione del danaro senza aggettivi. Un capitalismo che cede alla mitologia del denaro fine a sé stesso anche le sue logiche più profonde a partire dai principi meritocratici. Che senso ha in effetti che il maggior responsabile di Lehman Brothers nell’anno del fallimento della banca da lui diretta abbia guadagnato come sembra oltre 400 milioni di dollari? Questo non è capitalismo è la sua degenerazione post-industrial-managerial-finanziaria. Una degenerazione pericolosa perché alla fine induce fenomeni “reali” profondi. Qualche anno fa, nel mio piccolo, anticipando questo tema me la prendevo con questa tendenza anticapitalistica del capitalismo finanziarieggiante, mettendo in luce come i 500 top manager delle imprese di maggior valore quotate a Wall Street già nel 2005 guadagnavano diverse volte il monte salari di tutti i loro addetti, ma, affermavo, non avrebbero mai consumato quanto i loro addetti (soprattutto se questi avessero guadagnato anche solo poco di più, magari a discapito dei loro sontuosi stipendi). La via che ha condotto questo capitalismo post-industriale ad affossare sé stesso è anche costellata di queste scempiaggini. Distruggere la classe media arricchendone una parte, iper-minoritaria, e ploretarizzandone un’altra, ultra-maggioritaria, è la strada maestra per un ritorno ad un capitalismo cavernicolo ben conosciuto. Perché distruggere i redditi medi significa far crollare i consumi, indebolire la domanda aggregata interna e via con la più semplice e conosciute delle spirali perverse. E’ anche vero che intere popolazioni vivevano e vivono molto al disopra dei loro mezzi e come per qualsiasi famiglia, prima o poi questo provoca una razionalizzazione. Quello in corso è quindi anche un necessitato riassestamento del tenore di vita dell’intero popolo nord americano, seguirà inevitabilmente qualche cosa di analogo anche per la vecchia Europa, speriamo che i nuovi attori sulla scena economica mondiale, India, Cina, resto dell’Asia e finalmente anche diversi paesi del sud-america, compensino la frenata con la loro dinamicità. Se conoscessimo i confini del dissesto, oggi potremmo fare anche altre e più precise valutazioni, invidio molto chi a questo punto della crisi sembra avere già le idee chiare. Io non me la sento ancora di parlare di conseguenze, la crisi è appena iniziata e mi sembra proprio di essere immerso in uno degli aforismi più belli e misteriosi di Eraclito: il fulmine governa ogni cosa. Il fulmine nella notte ci illumina e d’improvviso scorgiamo tutto quanto intorno a noi, ma subito tornano le tenebre, che a quel punto sembrano ancora più profonde. Così siamo adesso, un fulmine ogni tanto ci illumina e ci sembra di aver capito, ma subito è di nuovo tutto buio.

sabato 11 ottobre 2008

In Parlamento o in piazza: Il dilemma (e l'opportunità) del PD

Il PUNTO di Stefano Folli
da Il Sole 24 Ore del 09.10.2008

Discutere e poi votare le misure finanziarie sfida prioritaria. Il 25 può creare confusione.

Rimboccarsi le maniche in Parlamento o scendere in piazza il 25? Messo in questi termini, il dilemma che scuote il Partito democratico può sembrare riduttivo. Viceversa nasconde un problema politico di fondo che riguarda il modo di fare opposizione in questo frangente drammatico. È chiaro che esiste un "prima" e un "dopo" rispetto alla crisi finanziaria. Nel giro di pochi giorni il mondo è cambiato. Sono saltate un certo numero di certezze, in America e in Europa.

Proprio ieri sera il governo Berlusconi ha preso decisioni importanti, al pari di altre capitali dell'Unione (o di quello che ne resta). Ora si pone la questione di fondo: cosa farà l'opposizione in Parlamento? Sosterrà il piano governativo, sia pure negoziando emendamenti e correttivi, ovvero si arroccherà nel rifiuto? Si direbbe che il vertice del Pd abbia scelto con saggezza la prima ipotesi. Ci si è resi conto che si tratta di una sfida cruciale, se si vuole riaffermare la cultura di governo del centrosinistra, definendo i contorni e l'identità dell'opposizione per i prossimi due-tre anni.

Secondo punto. Sarà anche vero, come dice Veltroni, che «non si capisce tanta preoccupazione per una manifestazione democratica ». Ma proprio perché la situazione è cambiata, il grande raduno del 25 rischia di trasformarsi in una prova, non di forza, ma di schizofrenia. Si rischia di avere un Pd che da un lato si assume le sue responsabilità e concorre a una approvazione «bipartisan» del piano,mentre dall'altro va in piazza a urlare slogan contro il «regime» berlusconiano. In Parlamento unisce i suoi voti a quelli della maggioranza e al di là del portone del palazzo denuncia quella stessa maggioranza ( Veltroni, pochi giorni fa: «La crisi finanziaria è colpa delle politiche della destra»).

È chiaro che l'opposizione ha il dovere, non solo il diritto, di esprimere con forza le sue idee, specie quando sono in gioco i diritti di libertà. In piazza, in Parlamento o dove preferisce. Ma mescolare troppo i piani nel momento sbagliato rischia di mandare un messaggio sbagliato agli italiani. Come ha detto per primo proprio un esponente del Pd,Marco Follini.E c'è da supporre che molti, dietro le quinte,siano d'accordo con lui:a cominciare da D'Alema.Se oggi la prioritàè unirsi in Parlamento contro il collasso finanziario, mettendo da parte lo spirito di fazione in nome dell'interesse generale, è evidente che tutto il resto diventa fuorviante. Compresa la manifestazione del 25.

Un centrosinistra «di governo» non dovrebbe aver dubbi su cosa fare. E bene ha fatto Veltroni, ieri sera, a sollecitare la maggioranza perché accetti di discutere con l'opposizione alcuni aspetti del provvedimento. Giusto aver indicato il nodo della stretta creditizia – un rischio reale per il sistema delle imprese – come uno dei passaggi centrali del piano di Berlusconi e Tremonti. Altrettanto logico, da parte del segretario del Pd, è aver accantonato il risentimento contro un presidente del Consiglio che insiste, ed è incomprensibile, a irridere il leader dell'opposizione («Non me ne frega niente di quello che dice...»).

È opportuno che il centrosinistra si concentri sugli aspetti concreti delle misure economiche. E poi che non faccia mancare il suo sostegno. La posizione di rifiuto l'ha già assunta Di Pietro, che naturalmente parla dei provvedimenti come di un grande imbroglio. L'ex magistrato andrà in piazza, così come l'estrema sinistra. È proprio il caso che ci vada anche il Pd, buon ultimo?


PERICOLI : EFFICIENZA, MA DEMOCRATICA

IL TIRRENO
SABATO, 11 OTTOBRE 2008

EMANUELE ROSSI
Vi è la sensazione diffusa che nel nostro Paese vi sia ormai se non una aperta insofferenza, perlomeno un atteggiamento di minor considerazione verso la democrazia e le sue regole rispetto ad esigenze di efficienza e di risultati. Sembra che la maggior parte degli italiani sia disposta a rinunciare a qualcosa in termini di democrazia purché in cambio si risolvano i problemi: se per ottenere questo risultato si deve fare a meno di processi di condivisione e partecipazione democratica, pazienza. I sintomi sono tanti: crescente insofferenza verso i riti della politica; mugugno nei confronti dei tempi del Parlamento a fronte delle esigenze di celerità del Governo; malessere degli amministratori locali nei riguardi dei vari Consigli (regionali, provinciali e comunali); difficoltà di far funzionare in modo democratico i partiti e la loro vita interna. Il fenomeno non è del tutto nuovo: si pensi a come le riforme relative alle modalità di elezione e di funzionamento degli enti locali degli anni Novanta traessero ispirazione anche da questo tipo di atteggiamento. La contrapposizione tra efficienza decisionale e democrazia è antica: anzi, da sempre una delle critiche mosse nei confronti della democrazia è la sua difficoltà di garantire risultati efficienti, che invece una gestione non democratica più facilmente ottiene (come nelle aziende, dove infatti non vi è un’organizzazione democratica). E sebbene tutti (o quasi) riconoscano che la democrazia ha altri vantaggi, questi sono evidentemente considerati, almeno oggi, meno importanti e non conciliabili: un po’ come accadde nei confronti dello Stato sociale, allorché si cominciò ad accusarlo di essere diventato troppo assistenziale e se ne è giustificato il disfacimento. Non voglio esaminare le cause e le ragioni di questo atteggiamento: credo però che sia necessario vigilare ed anche cominciare ad essere preoccupati, per almeno due ragioni. La prima è che è falso ritenere che, nei sistemi pubblici moderni, l’efficienza decisionale possa fare a meno della democrazia e della partecipazione. Al contrario, i processi effettivi di cambiamento richiedono oggi sempre più, per essere efficienti, percorsi di partecipazione, consenso e condivisione. Le società complesse esigono processi inclusivi e quindi partecipati, perché soltanto attraverso la conoscenza ed il successivo confronto le diverse istanze riescono a trovare sintesi positive ed efficaci, capaci di essere accettate e sostenute da chi ne è il destinatario. La seconda è evidente a tutti: pensare che vi possano essere degli illuminati che grazie alle loro brillanti capacità o intuizioni possano trovare la soluzione ai problemi di tutti è un pensiero che gli italiani hanno già conosciuto, e che sappiamo bene dove ci ha portati. Occorre certo lavorare perché la democrazia sia più efficiente, ma intanto dobbiamo operare per impedire che alcuni possano pensare che della democrazia se ne può fare anche a meno.

lunedì 6 ottobre 2008

Una Poesia

DATECI

Date qualche cosa da distruggere
Una corolla, un angolo di silenzio,
Un compagno di fede, un magistrato,
Una cabina telefonica
Un giornalista, un rinnegato,
Un tifoso dell'altra squadra, Un lampione, un tombino, una panchina.
Dateci qualche cosa da sfregiare,
Un intonaco, la Gioconda,
Un parafango, una pietra tombale.
Dateci qualche cosa da stuprare,
Una ragazza timida,
Un'aiuola, noi stessi.
Non disprezzateci: siamo araldi e profeti.
Dateci qualche cosa che bruci, offenda, tagli, sfondi, sporchi,
Che ci faccia sentire che esistiamo.
Dateci un manganello o una Nagant,
Dateci una siringa o una Suzuki.
Commiserateci.

Primo Levi

domenica 5 ottobre 2008

L'intervento di Veltroni alla Direzione Nazionale del 3 Ottobre




PRIMO PIANO Relazioni

Pubblichiamo una sintesi per temi dell'intervento di Walter Veltroni alla Direzione Nazionale del PD.Perfezionisti della vita democratica.Siamo dei perfezionisti della vita democratica, ma non credo che esista un partito al mondo che ne abbia una così ricca articolata come la nostra. All’estero la crisi della tradizione dei partiti di massa si è consumata rapidamente e noi siamo un organismo che crede alla ricchezza della vita democratica come valore. La discussione però è un mezzo non un fine, un partito deve essere utile a un paese, a una comunità. La discussione che si svolge al suo interno deve essere costantemente finalizzata all’idea di accrescere la comunicazione con la società, capire come essa si muove. Il nostro modo di lavorare deve essere ispirato a questo, il pluralismo interno è una ricchezza con pezzi di società che guardano a pezzi del PD e affluiscono in esso. Va bene se è questo e non diventa asfissiante, l’imposizione di una maglia che finisce per comprimere. Abbiamo una bellissima libertà intellettuale: testa e cuore che agiscono autonomamente facendo parte di una comunità fatta di singoli, non una gabbia di ferro. Una singolare combinazione: massimo pluralismo interno e massima capacità di attrarre i singoli. L’impresa è far convivere persone con origini diverse, ma tra qualche mese si dimenticherà da dove si viene. A me già viene da pronunciare un solo noi, che è quello del PD. Non è facile altre esperienze in passato sono fallite e non ho gli strumenti che ha Berlusconi per tenere insieme un partito. Può dire: questi qui non li mando più in tv, è capitato nel Popolo delle libertà. Noi abbiamo lo strumento della direzione politica , del convincimento, dello spirito di squadra e siamo un gruppo di persone responsabili che sanno che c’è un punto oltre il quale si fa del male all’impresa collettiva. Le feste ce l’hanno detto con chiarezza anche se uno dei nostri difetti è quello di non capire quando il tamburo sta suonando. Il tamburo della gente dice: attenti, avete discusso, ma ora pensate a quello che sta succedendo.YouDem. YouDem Tv non nasce come tv ma come forma moderna di un partito moderno: non sarà una tv con palinsesto ma lo strumento con il quale il PD comunicherà con la rete, fatto dai cittadini e non da chi confezionerà il tutto, andrà sul satellite per parlare: è un pezzo di un’idea di partito moderno che costruisce comunità dove politici e cittadini si incontrano, come i blog e i network. Non c’è nulla di male in due tv, abbiamo anche cercato di intrecciarci con Red TV. Le tre fasi del PD. Il segretario ha ripercorso quelle che per lui sono state le tre fasi: la prima quella dal discorso del Lingotto, le elezioni primarie, le elezioni dello scorso aprile. “Un periodo che ci ha dato sensazioni esaltanti e un risultato elettorale importante”. La seconda quella post-elettorale “difficile, anche per me. Dava l’impressione che tornasse qualcosa di antico”. La terza quella “delle feste, della summer school. Non ne ho sentito le tracce perché non avete partecipato ma è stata una grande fabbrica di esperienze, conoscenze,culture. E ora la manifestazione del 25 e poi la conferenza programmatica. E’ la fase dell’”ora che succede” c’è attenzione e sarà una grande e positiva manifestazione per l’alternativa.La crisi della democrazia e la crisi economica.Ho fama di essere una persona moderata, che bilancia la passione interiore. Potete immaginare se le cose che dico, che sono lo sviluppo di quel che ho detto al Lingotto quando ho usato l’espressione “crisi della democrazia” e quello che sto dicendo con accenti e toni diversi da chi è accomunato a questa valutazione. È quello che ho trovato in un articolo sul Sole di Carlo Bastasin che ragionava sul voto del congresso USA che nel cuore di una tempesta monetaria ha respinto il piano Paulson. Ho avuto la sensazione di una manifestazione del più drammatico problema con cui occidente si torva a fare i conti. Siamo a un tornante della storia, dopo il quale difficilmente le cose resteranno com’erano prima. Per noi capire che a assetti strutturali corrispondono modifiche dell’opinione pubblica significa capire che bisogna prepararsi a una battaglia. La crisi dei subprime da dove nasce? Da una crisi sociale, da un processo d’impoverimento della parte della società americana che faceva i mutui e non ha i soldi per pagare. È una crisi che proseguirà perché ci sono i pignoramenti e avrà effetto sull’economia reale. C’è una crisi sociale perché i manager sono in uscita e c’è chi ha la casa pignorata. È la crisi sociale di un modello di sviluppo che ha come sua origine la destra con la deregulation, con il salto dell’idea del mercato regolato. Come nasce Forza Italia? Con l’idea che lo stato fosse tutto lacci e lacciuoli e ogni autorità indipendente una rottura di scatole. Nasce ideologicamente liberista discendendo dal reaganismo e oggi approda al contrario senza elementi di rottura. Ed è tutto normale? Se lo avessimo fatto noi ci avrebbero impalato e invece loro rievocano lo stato al centro del sistema economico.Una società impaurita e l’autoritarismo. Le notizie dei giornali dal razzismo all’aumento dell’Euribor sono tutte figlie di questa famiglia come quelle su chi si sente male e nessuno lo aiuta sull’autobus. Hanno tutte il segno di una società impaurita e incattivita. Il messaggio della destra è ‘chiuditi in casa che al resto ci penso io’. Nella storia ogni volta che si sono fatte strada opinioni di questo tipo e si sono intrecciate crisi sociale e istituzionale la società ha conosciuto le sue tenebre. Siamo di fronte a una società veloce e ad una decisione politica lenta! Ma una società veloce ha bisogno di decisioni veloci. Berlusconi quando dice quelle cose si mette in sintonia con l’opinione pubblica perché la democrazia deve decidere senno non è democrazia e non risponde alla missione di governare una società complessa. Non è un problema solo in Italia ma in tanti paesi europei e comporta lo spostamento a destra dell’opinione pubblica mentre l’Europa è vista distante e incapace di decidere portando all’euroscetticismo. L’Europa è utile vogliamo dirlo? Se non avessimo la nostra moneta nell’euro saremmo in un maremoto, l’euro ci consente di reggere meglio a questa sfida. C’è il rischio di un autoritarismo moderno, l’idea di una società che quando la guardi non è più la stessa perchè non ci sono più le garanzie di una democrazia che decide. Mettere insieme gli elementi specifici del rischio italiano non significa abbracciare la teoria del regime. A me fa paura l’abitudine a cose alle quali non dobbiamo abituarci. E non m’importa se fai un sondaggio sugli immigrati perché sento il dovere che qualcuno in un paese costituisca la forza morale per rappresentare un’alternativa possibile. Le aggressioni a Parma e Torbellamonaca indicano un male: quello del rischio della xenofobia del razzismo che appaga chi ci prende i voti ma distrugge il tessuto sociale, è l’insecurizzazione della società. “Il governo è responsabile del malessere italiano”, per via dei suoi atteggiamenti intollerabili. Non è possibile che il presidente del consiglio dice cose palesemente non vere, l’altro giorno ha detto che prendeva l’elicottero per andare a vedere i campi nomadi e prima che non si recava all’Onu per seguire Alitalia!. L’idea che si può dire tutto e il contrario di tutto senza essere contraddetti è assurda. Ha insultato il capo dell’opposizione, i sindacati. Il governo manda a sbattere le trattative, un’opposizione contraria ma che si adopera per trovare una soluzione, informa il governo, la fa uscire dal binario morto e il premier invece di darcene atto o non dire nulla si scaglia contro il capo dell’opposizione! Il paradigma di un’opposizione iper-responsabile e un premier che fa annunci e spot. Ma le cose cominciano a cambiare il paese fa i conti con la situazione reale. Cito due cose.Costo della vita: ci so occupa della borsa di Milano e va bene ma la borsa di chi va a fare la spesa è vuota. E se è vuota peggiorano le imprese i lavoratori, il paese. Ma il governo in questo momento in cui siamo in ginocchio, e non solo per la crisi mondiale, non fa interventi anticiclici. Cosa fa il governo per venire incontro alle esigenze della classe media che si sente precipitare verso il basso. Il 60% dei poliziotti cede un quinto dello stipendio per arrivare a fine mese. Cosa fa il governo oltre che occuparsi delle cose dei sondaggi come grembiuli e scritte sui muri? Questa questione dobbiamo farla irrompere con grande determinazione perché dalla soluzione di questa crisi deriva la capacità della società di sottrarsi alla paura. Il PD forza dell’innovazione.Come pensano di far ripartire un paese bloccato senza diminuire le tasse, non sostenendo salari e pensioni, né facendo investimenti?Il governo ombra elabora di continuo proposte di legge. Abbiamo fatto una proposta sulle intercettazioni, ci siamo messi d’ascolto sul federalismo, sono convinto che guardando la storia italiana il nostro assetto dovrebbe far leva sulle regioni, sulla giustizia. Non dobbiamo difendere cose indifendibili ma la sostanza di un’assetto costituzionale mentre l’avvocato e deputato Ghedini definisce la magistratura non democratica! Abbiamo ragionato sul rapporto tra coscienza religiosa e impegno politico, come sul testamento biologico. È il modo di lavorare giusto, quello che cerca la sintesi. Non possiamo dimenticare di aver vissuto tempi in cui la democrazia faticava a decidere e dei ceti sociali hanno scelto di affidare dei compiti a chi prendeva una via semplificata.Da dove diavolo riparte l’Italia?Da un mercato libero e regolato dallo stato, con in valore d’impresa come funzione democratica. Lo stato in aree dove ha un valore strategico come l’acqua. Preoccupiamoci del destino delle classi medie, di chi ormai dorme nella sala d’attesa degli aeroporti di Milano. Dobbiamo essere la forza che rassicura il paese responsabile, che non racconta balle agli italiani che assolve il destino delle classi medie e risponde alle paure ambientali. Non sottovalutiamola.La manifestazione del 25 dovrà andare in questa direzione, siamo una grande forza per l’alternativa o pensavano che fossimo il club della pipa? Si sono stupiti ma siamo un grande partito d’opposizione. Venite con noi e non ci sarà scritto contro il regime per la libertà. Scriveremo salva l’Italia. Dalla condizione d’impoverimento nella quale si trova, dai tagli alla scuola, da una perdita di ruolo in Europa e dal punto di vista dei valori. Non dobbiamo avere paura, Follini e Tonini lavoreranno a un convegno sul tema della paura che si chiami come il libro di Woytila, Non abbiate paura.Materie per un PD nuovo che continui la sua sfida di opposizione che si distingua da forze estremiste, che appaia rassicurante e capace di costruire un destino nazionale.Forze nuoveDobbiamo rapportarci a associazioni e movimenti. Diverse forze si stanno avvicinando al PD ed è positivo, il sindaco di Gela, Rosario Crocetta ha deciso di aderire, un gruppo di persone a partire da Gavino Angius hanno deciso di avviare un rapporto di collaborazione e scambio, tante forze che stavano nella sinistra guardano al PD. A livello locale dobbiamo fare alleanze programmatiche e avere il massimo consenso possibile. Sono d’accordo a fare un’organizzazione degli immigrati anche se sono in tutte le strutture e chiedo a Nando Della Chiesa, Marcella Lucidi e Gad Lerner di costituire una consulta dell’immigrazione.
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