sabato 11 ottobre 2008

PERICOLI : EFFICIENZA, MA DEMOCRATICA

IL TIRRENO
SABATO, 11 OTTOBRE 2008

EMANUELE ROSSI
Vi è la sensazione diffusa che nel nostro Paese vi sia ormai se non una aperta insofferenza, perlomeno un atteggiamento di minor considerazione verso la democrazia e le sue regole rispetto ad esigenze di efficienza e di risultati. Sembra che la maggior parte degli italiani sia disposta a rinunciare a qualcosa in termini di democrazia purché in cambio si risolvano i problemi: se per ottenere questo risultato si deve fare a meno di processi di condivisione e partecipazione democratica, pazienza. I sintomi sono tanti: crescente insofferenza verso i riti della politica; mugugno nei confronti dei tempi del Parlamento a fronte delle esigenze di celerità del Governo; malessere degli amministratori locali nei riguardi dei vari Consigli (regionali, provinciali e comunali); difficoltà di far funzionare in modo democratico i partiti e la loro vita interna. Il fenomeno non è del tutto nuovo: si pensi a come le riforme relative alle modalità di elezione e di funzionamento degli enti locali degli anni Novanta traessero ispirazione anche da questo tipo di atteggiamento. La contrapposizione tra efficienza decisionale e democrazia è antica: anzi, da sempre una delle critiche mosse nei confronti della democrazia è la sua difficoltà di garantire risultati efficienti, che invece una gestione non democratica più facilmente ottiene (come nelle aziende, dove infatti non vi è un’organizzazione democratica). E sebbene tutti (o quasi) riconoscano che la democrazia ha altri vantaggi, questi sono evidentemente considerati, almeno oggi, meno importanti e non conciliabili: un po’ come accadde nei confronti dello Stato sociale, allorché si cominciò ad accusarlo di essere diventato troppo assistenziale e se ne è giustificato il disfacimento. Non voglio esaminare le cause e le ragioni di questo atteggiamento: credo però che sia necessario vigilare ed anche cominciare ad essere preoccupati, per almeno due ragioni. La prima è che è falso ritenere che, nei sistemi pubblici moderni, l’efficienza decisionale possa fare a meno della democrazia e della partecipazione. Al contrario, i processi effettivi di cambiamento richiedono oggi sempre più, per essere efficienti, percorsi di partecipazione, consenso e condivisione. Le società complesse esigono processi inclusivi e quindi partecipati, perché soltanto attraverso la conoscenza ed il successivo confronto le diverse istanze riescono a trovare sintesi positive ed efficaci, capaci di essere accettate e sostenute da chi ne è il destinatario. La seconda è evidente a tutti: pensare che vi possano essere degli illuminati che grazie alle loro brillanti capacità o intuizioni possano trovare la soluzione ai problemi di tutti è un pensiero che gli italiani hanno già conosciuto, e che sappiamo bene dove ci ha portati. Occorre certo lavorare perché la democrazia sia più efficiente, ma intanto dobbiamo operare per impedire che alcuni possano pensare che della democrazia se ne può fare anche a meno.

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