DOMENICA, 26 OTTOBRE 2008
La folla grida a D’Alema: sei meglio di Clooney
ROMA. «Noi al Circo Massimo, Berlusconi al massimo al circo». Porta la firma del gruppo Venturina, provincia di Livorno, uno dei cartelli più ironici preparati dai militanti del Pd che ieri hanno invaso Roma come un fiume in piena. Due milioni e mezzo di persone a sentire gli organizzatori, arrivate da ogni angolo della penisola. Una risposta oceanica, un mare di bandiere che hanno attraversato la città da piazza dei Partigiani e piazza della Repubblica per riunirsi al Circo Massimo e dire basta al governo Berlusconi, ai tagli di Tremonti, alle riforme della Gelmini, al razzismo, ai salari da fame, ai lodi salvapotenti e a tutte le mafie. I treni speciali e gli autobus di linea hanno cominciato ad arrivare nella capitale alle prime luci dell’alba. Delegazioni da tutte le regioni, dalla Lombardia alla Toscana, dal Lazio alla Sicilia, dall’Emilia Romagna alla Calabria, dall’Umbria all’Abruzzo. Gente comune, mica no global. Impiegati, insegnanti, pensionati, professionisti, operai, precari licenziandi, cassintegrati, famiglie con zainetti dai quali spuntano panini arrotolati nella carta stagnola. Quasi tutti over cinquanta, e spesso anche sessanta. I due cortei gemelli hanno sfilato pacati e imponenti, aperti da un grande striscione con una citazione del senatore Leopoldo Elia, padre costituente da poco scomparso: «Abbiamo il dovere morale di mantenere in vita tutte le libertà conquistate per i nostri figli, per i nostri nipoti, di conservarle, valorizzarle, difenderle». Tra la folla che si incanala lungo via Cavour, il corteo più nutrito, spicca una parte del gruppo dirigente nazionale. Ci sono Piero Fassino e Anna Finocchiaro. Ci sono Franco Marini ed Enrico Letta. Walter Veltroni, invece, fa la spola tra i due cortei. E quando arriva la gente lo accoglie con un boato. «Walter ci siamo tutti», gli grida un manifestante della sezione Pd del Prenestino mentre la folla inizia a scandire lo slogan «Chi non salta Berlusconi è», fin quasi a far tremare l’asfalto, mentre a piazza dei Partigiani la folla invoca unità e acclama Massimo D’Alema come una star. «Massimo sei meglio di Clooney», urla qualcuno. Ma la gente, nonostante i numeri, non dà problemi al rodato servizio d’ordine del partito. I cortei sfilano disciplinati tra migliaia di bandiere del Pd, ritmati dal suono dominante di fischietti e tamburelli. Qualche gruppo intona «Bella ciao», altri optano per l’inno di Mameli. C’è anche uno striscione con la scritta «Barack Obama». I ragazzi che lo tengono issato per le strade del centro hanno una maglietta che è una dichiarazione di voto a favore del senatore nero dell’Illinois, candidato democratico alla Casa Bianca: «Americans in Italy for Obama». Qualcuno innalza un cartello artigianale scritto a pennarello: «Disintossicatelo». Tanti indossano una maglietta verde dove si legge che «il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». Altri giovanissimi che sono in piazza per la prima volta e rifiutano etichette di partito al ministro della Pubblica Istruzione hanno invece dedicato un santino: «Beata Ignoranza». Più degli studenti, però, stavolta sono gli anziani e i pensionati. «Niente inciuci. Il portafoglio è vuoto», ammonisce un cartello. «25 aprile, 1º maggio, 2 giugno», ricorda un altro striscione. (n.a)
ROMA. «Noi al Circo Massimo, Berlusconi al massimo al circo». Porta la firma del gruppo Venturina, provincia di Livorno, uno dei cartelli più ironici preparati dai militanti del Pd che ieri hanno invaso Roma come un fiume in piena. Due milioni e mezzo di persone a sentire gli organizzatori, arrivate da ogni angolo della penisola. Una risposta oceanica, un mare di bandiere che hanno attraversato la città da piazza dei Partigiani e piazza della Repubblica per riunirsi al Circo Massimo e dire basta al governo Berlusconi, ai tagli di Tremonti, alle riforme della Gelmini, al razzismo, ai salari da fame, ai lodi salvapotenti e a tutte le mafie. I treni speciali e gli autobus di linea hanno cominciato ad arrivare nella capitale alle prime luci dell’alba. Delegazioni da tutte le regioni, dalla Lombardia alla Toscana, dal Lazio alla Sicilia, dall’Emilia Romagna alla Calabria, dall’Umbria all’Abruzzo. Gente comune, mica no global. Impiegati, insegnanti, pensionati, professionisti, operai, precari licenziandi, cassintegrati, famiglie con zainetti dai quali spuntano panini arrotolati nella carta stagnola. Quasi tutti over cinquanta, e spesso anche sessanta. I due cortei gemelli hanno sfilato pacati e imponenti, aperti da un grande striscione con una citazione del senatore Leopoldo Elia, padre costituente da poco scomparso: «Abbiamo il dovere morale di mantenere in vita tutte le libertà conquistate per i nostri figli, per i nostri nipoti, di conservarle, valorizzarle, difenderle». Tra la folla che si incanala lungo via Cavour, il corteo più nutrito, spicca una parte del gruppo dirigente nazionale. Ci sono Piero Fassino e Anna Finocchiaro. Ci sono Franco Marini ed Enrico Letta. Walter Veltroni, invece, fa la spola tra i due cortei. E quando arriva la gente lo accoglie con un boato. «Walter ci siamo tutti», gli grida un manifestante della sezione Pd del Prenestino mentre la folla inizia a scandire lo slogan «Chi non salta Berlusconi è», fin quasi a far tremare l’asfalto, mentre a piazza dei Partigiani la folla invoca unità e acclama Massimo D’Alema come una star. «Massimo sei meglio di Clooney», urla qualcuno. Ma la gente, nonostante i numeri, non dà problemi al rodato servizio d’ordine del partito. I cortei sfilano disciplinati tra migliaia di bandiere del Pd, ritmati dal suono dominante di fischietti e tamburelli. Qualche gruppo intona «Bella ciao», altri optano per l’inno di Mameli. C’è anche uno striscione con la scritta «Barack Obama». I ragazzi che lo tengono issato per le strade del centro hanno una maglietta che è una dichiarazione di voto a favore del senatore nero dell’Illinois, candidato democratico alla Casa Bianca: «Americans in Italy for Obama». Qualcuno innalza un cartello artigianale scritto a pennarello: «Disintossicatelo». Tanti indossano una maglietta verde dove si legge che «il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». Altri giovanissimi che sono in piazza per la prima volta e rifiutano etichette di partito al ministro della Pubblica Istruzione hanno invece dedicato un santino: «Beata Ignoranza». Più degli studenti, però, stavolta sono gli anziani e i pensionati. «Niente inciuci. Il portafoglio è vuoto», ammonisce un cartello. «25 aprile, 1º maggio, 2 giugno», ricorda un altro striscione. (n.a)
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