sabato 11 ottobre 2008

In Parlamento o in piazza: Il dilemma (e l'opportunità) del PD

Il PUNTO di Stefano Folli
da Il Sole 24 Ore del 09.10.2008

Discutere e poi votare le misure finanziarie sfida prioritaria. Il 25 può creare confusione.

Rimboccarsi le maniche in Parlamento o scendere in piazza il 25? Messo in questi termini, il dilemma che scuote il Partito democratico può sembrare riduttivo. Viceversa nasconde un problema politico di fondo che riguarda il modo di fare opposizione in questo frangente drammatico. È chiaro che esiste un "prima" e un "dopo" rispetto alla crisi finanziaria. Nel giro di pochi giorni il mondo è cambiato. Sono saltate un certo numero di certezze, in America e in Europa.

Proprio ieri sera il governo Berlusconi ha preso decisioni importanti, al pari di altre capitali dell'Unione (o di quello che ne resta). Ora si pone la questione di fondo: cosa farà l'opposizione in Parlamento? Sosterrà il piano governativo, sia pure negoziando emendamenti e correttivi, ovvero si arroccherà nel rifiuto? Si direbbe che il vertice del Pd abbia scelto con saggezza la prima ipotesi. Ci si è resi conto che si tratta di una sfida cruciale, se si vuole riaffermare la cultura di governo del centrosinistra, definendo i contorni e l'identità dell'opposizione per i prossimi due-tre anni.

Secondo punto. Sarà anche vero, come dice Veltroni, che «non si capisce tanta preoccupazione per una manifestazione democratica ». Ma proprio perché la situazione è cambiata, il grande raduno del 25 rischia di trasformarsi in una prova, non di forza, ma di schizofrenia. Si rischia di avere un Pd che da un lato si assume le sue responsabilità e concorre a una approvazione «bipartisan» del piano,mentre dall'altro va in piazza a urlare slogan contro il «regime» berlusconiano. In Parlamento unisce i suoi voti a quelli della maggioranza e al di là del portone del palazzo denuncia quella stessa maggioranza ( Veltroni, pochi giorni fa: «La crisi finanziaria è colpa delle politiche della destra»).

È chiaro che l'opposizione ha il dovere, non solo il diritto, di esprimere con forza le sue idee, specie quando sono in gioco i diritti di libertà. In piazza, in Parlamento o dove preferisce. Ma mescolare troppo i piani nel momento sbagliato rischia di mandare un messaggio sbagliato agli italiani. Come ha detto per primo proprio un esponente del Pd,Marco Follini.E c'è da supporre che molti, dietro le quinte,siano d'accordo con lui:a cominciare da D'Alema.Se oggi la prioritàè unirsi in Parlamento contro il collasso finanziario, mettendo da parte lo spirito di fazione in nome dell'interesse generale, è evidente che tutto il resto diventa fuorviante. Compresa la manifestazione del 25.

Un centrosinistra «di governo» non dovrebbe aver dubbi su cosa fare. E bene ha fatto Veltroni, ieri sera, a sollecitare la maggioranza perché accetti di discutere con l'opposizione alcuni aspetti del provvedimento. Giusto aver indicato il nodo della stretta creditizia – un rischio reale per il sistema delle imprese – come uno dei passaggi centrali del piano di Berlusconi e Tremonti. Altrettanto logico, da parte del segretario del Pd, è aver accantonato il risentimento contro un presidente del Consiglio che insiste, ed è incomprensibile, a irridere il leader dell'opposizione («Non me ne frega niente di quello che dice...»).

È opportuno che il centrosinistra si concentri sugli aspetti concreti delle misure economiche. E poi che non faccia mancare il suo sostegno. La posizione di rifiuto l'ha già assunta Di Pietro, che naturalmente parla dei provvedimenti come di un grande imbroglio. L'ex magistrato andrà in piazza, così come l'estrema sinistra. È proprio il caso che ci vada anche il Pd, buon ultimo?


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