mercoledì 19 dicembre 2007

IL MANIFESTO POLITICO DI WALTER


Intervista con Veltroni di Giuliano Ferrara - Il Foglio
Roma. Su una poltroncina gialla nell’anticamera del suo ufficio da sindaco, al primo piano del Campidoglio, Walter Veltroni discute con il Foglio per un’ora di cosa intende quando parla di rottura (rupture) democratica. In una delle settimane più importanti per il governo di Prodi, per il Partito democratico e per il destino dell’asse tra il Cav. e W (Cav + W), Veltroni usa parole nuove per definire il suo rapporto tra religione e politica, dà un’interessante interpretazione della guerra in Iraq (che anche Donald Rumsfeld, probabilmente, condividerebbe), dice qualcosa di nuovo su Romano Prodi, su Silvio Berlusconi, sulla Prima Repubblica, su Tangentopoli, sui Pacs, sui Cus, sulla maggioranza, sul fund raising e anche su Alitalia (“La cosa che mi piacerebbe di più è che le proposte di Air France e Air One si incrociassero. Per garantire la forza di un soggetto come Air France e la forza di un soggetto finanziario come banca Intesa, e al tempo stesso però il radicamento nel paese di una compagnia nazionale. Conta l’offerta che viene fatta, contano le strategie industriali, conta sapere per il paese che esito avrà la sua compagnia nazionale”). Entrando nel cuore della sua idea di Partito democratico (la cui vocazione maggioritaria più che a Botteghe Oscure si ispira sempre di più alla filosofia senza tessera e senza congressi dei democrat americani), Veltroni parla in un modo nuovo anche di referendum elettorale: quel referendum fino a ieri “sostenuto ma non firmato” e su cui oggi, invece, Veltroni ammette che, a certe condizioni, potrebbe dire di sì: intravedendo una possibile tutela della “vocazione maggioritaria” nel testo su cui la Consulta darà un giudizio di costituzionalità entro la metà di gennaio.
Due mesi fa tre milioni di elettori scelsero W come leader del Pd; due settimane fa, al quinto piano del palazzo dei gruppi parlamentari, W ha incontrato il leader dell’opposizione Silvio Berlusconi; tra poche settimane Romano Prodi dovrà affrontare quella verifica di governo di cui sabato Veltroni ha parlato con Romano Prodi: tra un’intervista alle 9.15, un matrimonio celebrato alle 11.30 e un compleanno centenario festeggiato alle 10.30 a casa della signora Broccolo. Quello che parla con il Foglio è un Veltroni un po’ meno spagnolo, sempre meno tedesco, molto americano ma pure un po’ francese. E’ un Veltroni che fa un paio di assist al Cav., che rilegge in modo curioso un aspetto dello strappo di Fausto Bertinotti con Prodi e che, quando si parla di religione e di politica, non ha nulla da ridire sulle parole di Obama (“I laici sbagliano a chiedere ai credenti che entrano in politica di lasciare da parte la religione”). W sorride leggendo la prima pagina del Foglio di sabato sui leader cristiani in corsa in America per la presidenza; e alla domanda: “Che cosa significa Cristo in politica?”, dà una risposta che farà insospettire chi crede che sia “molto difficile essere laici nel paese delle chiese” (Eugenio Scalfari, Repubblica 16 dicembre).
Spiega Veltroni: “Cristo in politica è giusto e legittimo che lo porti chi ha Cristo dentro di sé. E che lo porti e non lo lasci a casa. L’idea che qualche volta la politica ha avuto anzi, che spesso la politica ha, fa parte di una visione del mondo che io non condivido: che la laicità dello stato – che io considero come un valore assolutamente indiscutibile e indisponibile – presupponga una sorta di rinuncia alle identità di ciascuno. Qui dentro però io ci vedo una delle chiavi della possibile convivenza del nuovo millennio: il tema del rapporto tra identità e dialogo. E’ un tempo, questo, in cui di fronte alla paura delle grandi trasformazioni economiche e finanziarie, e della circolazione delle persone con la loro visione del mondo e la loro religione, sembra prevalere in ciascuno l’idea di arroccarsi in una dimensione identitaria: un po’ per conforto, un po’ per rassicurazione; ma con l’idea che questo possa essere l’antidoto al processo di melting pot in corso. Tutto questo lo si può affrontare in due modi: lo si può affrontare accettandolo passivamente. Ma il rischio dell’accettazione passiva è che si finisca con il legittimare anche le forme attraverso le quali questa identità figlia di divisioni culturali, religiose, di concezioni della comunità pubblica diversa dalle nostre, si fa integralista, fino ai rischi del fondamentalismo. Oppure lo si può accettare con l’idea che l’identità non sia uno straccio. E che l’identità sia figlia della storia, delle culture, delle radici, delle ragioni e che sia un valore. Perché se è vero che è necessario il dialogo, il dialogo ha senso se ci sono tante identità. E se qualcuno afferma e difende queste identità. La grandezza della cultura politica dovrebbe essere quella di far convivere la propria identità con la disponibilità all’apertura. Qui sta l’idea del rapporto tra stato laico e punto di vista religioso”.
Veltroni ora entra nel cuore del discorso: “Personalmente non sono credente e non avrebbe senso che io fossi considerato un christian leader, anche perché esiste una sfera che è assolutamente personale che mi dà fastidio dover usare quando c’è qualcosa che è pubblico (ho visto, a proposito del rapporto tra politica e religione, trasformazioni troppo repentine determinate dalle contingenze del momento). Però vorrei che la mia idea fosse chiara: a me ha sempre culturalmente affascinato la vocazione pastorale della chiesa mentre mi piace meno quella chiesa che ogni giorno sforna prescrizioni morali di comportamento: lo considero un po’ una riduzione della grandezza della missione e della funzione della stessa chiesa. Io sono stato molto affascinato da Giovanni Paolo II, l’ho conosciuto ho avuto modo di parlare con lui diverse volte, mi piaceva enormemente la coesistenza in lui di identità e dialogo. Mi piaceva il fatto che sulle questioni che attengono alla responsabilità della chiesa lui avesse le sue posizioni, che per altro misurava con grandissima sapienza. Ma non dimentichiamolo mai è stato il Papa delle invettive contro il capitalismo egoista, è stato il Papa che ha denunciato lo strazio dell’Africa, è stato il Papa più impegnato per la pace e il dialogo tra le religioni. Ecco: a me interessa che nel Partito democratico ci siano persone che portano il punto di vista, le esperienze, la cultura religiosa con la disponibilità a incontrarle laicamente. Come dice il Dalai Lama, ‘la religione deve in qualche misura sempre essere consapevole del carattere parziale, limitato della sua funzione’”.
Manca però, nel discorso di Veltroni, un concetto chiave: la libertà di coscienza. Quella libertà che, due settimane fa, ha portato la cattolica Paola Binetti a votare “no” alla fiducia di Romano Prodi sull’emendamento che a sinistra continuano a chiamare “antiomofobico” e in realtà riguarda l’identità di genere, cioè una formula ideologica. Omofobia è una parola che Veltroni conosce bene; e che, in un certo senso, ha affrontato anche ieri in consiglio comunale, dove è stato votato un testo presentato dal consigliere della Rosa nel Pugno Gianluca Quadrana sul tema del registro delle unioni civili. Veltroni la pensa così. “Su questo argomento, a Roma, abbiamo già fatto un grandissimo passo in avanti. Mi spiego: tutto ciò che è previsto nelle politiche sociali lo diamo attraverso la residenza anagrafica, per cui se due persone risiedono anagraficamente nello stesso posto hanno la possibilità di accedervi indipendentemente dalla natura della relazione che li ha portati a vivere sotto lo stesso tetto. Ecco, penso che quello che si sta facendo in Parlamento con i Cus sia una base abbastanza giusta; cioè l’idea di avere definizione in forma privata dell’identità di relazione che c’è e che può essere diversa da quella della famiglia tradizionale, anche se io sono perché la famiglia costituzionalmente prevista sia assolutamente garantita. Però i Cus sono una buona base su cui ragionare”. E il matrimonio tra omosessuali? “I Cus sono una buona base su cui ragionare”, ripete Veltroni. Che poi aggiunge: “Non mi piace tra i cattolici, tanto quanto non mi piace tra i laici, quando si utilizzano vicende di questa delicatezza a fini simbolici. Alla mia domanda ai presentatori della proposta del registro sulle coppie di fatto, ‘cosa cambia nella vita delle coppie di fatto delle quali parliamo’ la risposta è: ‘Nulla, ma ha un valore simbolico’. Ecco, a me piacciono le cose concrete. Mi piace costituirmi parte civile con il comune quando un omosessuale viene aggredito. Mi piace dedicare una strada a un omosessuale che è stato ucciso e che è vittima dell’omofobia. Mi piacciono le cose che abbiano una loro concretezza nella vita delle persone”.

A sostegno della democrazia elevata a sistema


Con l’implosione dell’Unione Sovietica, con l’affermarsi in modo sempre più massiccio del processo di globalizzazione, in Italia le grandi forze portatrici di onestà e di conseguente elevato livello culturale, hanno annaspato alla ricerca di un sistema adeguato alla mutata temperie.
In questo vuoto di chiarezza politica, il devastante inserimento berlusconiano di anticultura verso lo Stato e le sue forme democratiche, la demolizione e ribaltamento dei valori costituzionali; l’assunzione della irresponsabilità come forma di governo e fuorviante verso le giovani generazioni, sono fattori che hanno destabilizzato e disonorato il sistema Italia sia all’interno che all’esterno del paese.
Il Partito Democratico in questo contesto di disgregazione è la più grande risposta innovativa per ricostruire buona politica, correttezza, cultura, economia, risanamento. Dall’opposizione e dalle altre forze politiche nazionali guardano a questa esperienza con attenzione e rispetto perché ne hanno capito portata e importanza; altrettanta attenzione viene dall’estero dove l’esperienza italiana fa ancora una volta scuola di laboratorio, crescita e riscatto.
Un fatto nuovo, quindi, che però sorprende coloro i quali all’interno dei vecchi partititi costituenti il PD, erano abituati a comportarsi come il sovrano che ascolta la base per saggiarne gli umori e per orientarla ma alla fine è lui che decide quali sono i suoi cortigiani o consiglieri e anche i suoi successori. Con il PD cambia tutto, anche al suo interno, rispetto alle esperienze maturarate in precendenza nei partiti suoi costituenti. Il termine democrazia diviene sostantivo e non orpello.
Pertanto anche nel PD il Re resta nudo. E disarmato. La democrazia sta vincendo e re diviene il popolo, il cittadino, il militante. Il Partito sarà più forte, i suoi ricambi più giovani, moderni, condivisi e più stimati
Nel secolo breve le grandi masse avevano bisogno di riscattarsi dalla miseria più profonda. Una chiesa e un Dio da una parte per farla sopportare senza rivolte; un’ideale e un’altra chiesa dall’altra per riscattare il diritto a una miglior vita terrena. Entrambe regni di chi, fattosi prete, acquisiva il diritto di regnare e di scalarne i livelli massimi. L’obiettivo era chiaro e le lotte erano intestine. Da sempre i gruppi più scaltri, aggressivi, meno scrupolosi, hanno sopraffatto gli altri, quelli più idealisti, fiduciosi e scrupolosi.
I nuovi termini di confronto e di scontro hanno bisogno di dirigenti eletti per fare politica, della quale davvero, debbono poi rispondere ai cittadini e militanti del PD. Risponderenno dovutamente attraverso le primarie con voto segreto. Compiti nuovi quindi: dove il dirigente anzichè occupato a garantirsi sostenitori e successori farà politica formando anche nuovi quadri che poi sarà l’elettore a deciderne ruolo e apprezzamento.
Marzino Macchi

venerdì 7 dicembre 2007

Diario del Partito Democratico

La rubrica di Claudio Frontera

LUCI E OMBRE DELL'AVVIO DEL PD

Molte più le luci di questo atteso inizio del Pd, ma alle ombre, per quanto minime, è sempre buon metodo prestare grande attenzione.
Dunque parliamo prima del grande impatto positivo, e vediamo i risultati del PD in un mese e mezzo dalle primarie del 14 Ottobre:

  • ha restituito credibilità alla politica, che si trovava sotto botta per la campagna sulla “casta” e gli attacchi di Grillo e Confindustria e indebolita per la delusione del popolo di centrosinistra nei confronti del governo Prodi;
  • ha rimesso in movimento la partita essenziale delle riforme istituzionali ed elettorale, necessarie a ricreare in modo stabile un circuito di fiducia tra cittadini e Stato con nuove proposte e coraggiose iniziative;
  • ha movimentato un sistema politico prigioniero delle sue stesse rigidità, provocando, con la forza della novità e della rottura degli schemi, il collasso della Casa delle Libertà, oggi alla ricerca di n nuovo assetto e divisa al suo interno, nonché nuovi processi di aggregazione delle forze più piccole, sia a sinistra che al centro;
  • ha conquistato e consolidato un’immagine di forte innovazione nel panorama politico italiano, sia per quanto riguarda il rinnovamento generazionale che per quanto riguarda la parità di genere, vera svolta storica della politica italiana, nella quale, con la nascita di un PD con organismi costituenti composti con equilibrio di genere, per la prima volta le donne sono pienamente protagoniste ;
  • si è avviato nel modo giusto, a partire dalla scelta di un simbolo bello, efficace e significativo, un processo costituente che è anche costruzione e radicamento di un vero partito capace di innovare, ma per svolgere fino in fondo il ruolo che la Costituzione repubblicana assegna ai partiti politici, quali organizzatori fondamentali della vita democratica nazionale e locale.

Molto meno rilevanti, ma da non sottovalutare, gli aspetti su cui agire per prevenire difficoltà e problemi:

durante la fase costituente, fatta di organismi provvisori, processi e percorsi, i vecchi partiti Ds e Margherita non ci sono più e il Pd trova oggettive difficoltà ad essere in campo sul territorio, sulle cose che interessano i cittadini, come il lavoro, il futuro del Welfare, la sicurezza, la qualità della vita delle città, ecc. con proposte e iniziative. Nel frattempo, però la politica non si ferma, a livello nazionale, regionale e locale. Quali e dove sono le opportunità di schierare il Pd, per quanto provvisorio nei suoi assetti, sui problemi di cui ogni giorno si parla. Spetta evidentemente ai coordinatori e ai coordinamenti ad ogni livello l’impegnativo compito di coinvolgere il nuovo partito sulle cose reali, aiutandolo a discutere. Chi non vuole un forte PD non lo contrasta direttamente, dopo il risultato imponente di partecipazione del 14 Ottobre, ma può essere tentato di svuotarlo e delegittimarlo, escludendolo dalle decisioni concrete. C’è il rischio di una confusa fase fatta di discussioni aeree sui massimi sistemi, forum tematici senza coordinamento, riunioni senza conclusioni, ecc Alla fine un simile processo porterà probabilmente alla nascita di un nuovo soggetto politico, con un’identità e una cultura frutto di un lungo processo di maturazione. Alla lunga, è probabile. Ma il futuro dell’Italia si decide a breve termine, per la crisi evidente di un assetto politico e di governo fondato su una maggioranza limitata e profondamente divisa e il PD rischia di trovarsi, suo malgrado, alla finestra. Lo stesso dicasi per i livelli locali, dovunque caratterizzati, in maniera diversa e diversamente intensa, da riorganizzazioni e ridefinizioni di alleanze e priorità. E’ urgente che il PD sia in campo, ogni giorno, come la gente che ha votato il 14 ottobre si aspetta.

Claudio Frontera,
costituente regionale

DIARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO

LA RUBRICA DI CLAUDIO FRONTERA
MANIFESTO PROGRAMMATICO DEL PD TOSCANO.
L’Assemblea costituente regionale del PD ha deciso, in attuazione del dispositivo nazionale, tra l’altro, anche di avviare il percorso per costruire un documento politico regionale, da approvare da parte della stessa assemblea costituente regionale secondo modi e tempi espressamente previsti, dotandosi, a tale scopo, di una Commissione regionale, incaricata del compito di redigere il testo da sottoporre all’assemblea per l’approvazione.
La Commissione si è riunita per la prima volta il 4 dicembre 2007 a Firenze. Ha eletto un Presidente e una Relatrice, nelle persone di Michele Gesualdi e di Stella Targetti e ha sviluppato una prima riflessione su metodo di lavoro e finalità del documento, che è stato chiaramente denominato dalla Costituente Regionale, come “Manifesto Programmatico del Pd Toscano”.
Essendo stato chiamato a far parte della Commissione, mi sono interrogato sugli obiettivi attesi del lavoro della Commissione stessa, partendo proprio dalle coordinate salienti del documento da elaborare contenute nel suo titolo e ho proposto al dibattito una mia riflessione, volutamente schematica, basata sull’analisi puntuale delle caratteristiche del documento, desunte dal titolo.
Punto per punto:

1) Manifesto: Questo primo termine significa, con tutta evidenza, che quello di cui c’è bisogno, è un documento breve ed efficace. L’efficacia di un prodotto si misura in rapporto allo scopo del suo uso. In questo caso lo scopo non può essere più chiaro: il documento deve essere utile per comunicare, comunicare idee-forza capaci di entrare in relazione con i tanti elettori del 14 ottobre e con l’intera opinione pubblica. Pertanto, deve saper comunicare. Il “concetto-base” del documento, la sua impostazione, il suo sviluppo, devono puntare alla sintesi, alla chiarezza, alla conquista dell’attenzione e del consenso. Non deve essere una summa, un inventario, un’enciclopedia e nemmeno un proclama, un elenco di “occorre”, un libro dei desideri.

2)Programmatico: un elaborato di proposte, di strategie, di priorità, di traguardi, di obiettivi, ma anche di metodi, strumenti, mezzi, procedure per realizzarli. Quindi, mi sembra chiaro, una cosa ben diversa da una carta dei valori. In una parola, un documento di governo, coerente, chiaramente identificabile con finalità riconoscibili e condivisibili. Non deve essere un ecumenico insieme di propositi tra loro non conciliabili, un imponente e dettagliato documentone, e nemmeno un generico decalogo buono per tutti gli usi. Si deve poter leggere chiaramente, in esso, una cultura riformista in campo; una cultura riformista di tipo nuovo, non semplicemente pragmatica, né inutilmente retorica, capace di prendere le distanze dalla politica degli annunci e di saper vedere le criticità, anche nel buon governo, dove è necessario..

3) del PD: c’è bisogno di un documento in cui si rispecchi non l’‘identità, concetto statico, vecchio, fatalmente tendente a cristallizzarsi in un’ideologia –e non ce n’è bisogno. Quella che si deve rispecchiare nel manifesto è piuttosto la volontà di un partito di tipo nuovo, aperto alla partecipazione degli elettori e dei cittadini, di essere e non solo di “voler essere” maggioritario. Ossia capace di proporre sintesi avanzate e provvisorie, cioè in progress, sulle problematiche più sentite, tali da raccogliere ampio consenso e, in pari tempo, capaci di innovare profondamente. Abbiamo visto significativi esempi in campo di questo modo di essere partito-tendenzialmente-maggioritario, con gli interventi di Veltroni su sicurezza, riforme istituzionali, fisco. Seguiamone la traccia.

4) toscano : si deve certamente tener conto del quadro nazionale, ma il dato rilevante per noi è che in questa regione siamo storicamente forza di governo. Governiamo la Regione e la quasi totalità degli enti locali, in coalizioni più o meno ampie, più o meno solide, ma tutte ancorate ad un robusto riformismo moderno, europeo, capace di essere qualificato riferimento a livello nazionale ed internazionale. Il fatto è che il governo regionale opera sulla base di un Programma Regionale di Sviluppo datato 2006-2010! Siamo nel 2007 : il governo della regione non comincia oggi e nemmeno domattina. E’ quindi tutt’altro che semplice elaborare un documento programmatico in questo contesto. In che senso? Intendo dire che se il Manifesto sarà troppo generico non servirà a nulla e quindi, in un momento costituente, potrà essere persino controproducente. Se sarà troppo dettagliato non avrà molto valore di fronte a quell’imponente sistema programmatorio che è proprio della regione Toscana. Se sarà troppo conforme ai riferimenti culturali presenti nella programmazione attuale, sarà privo di quel significato innovativo che ci si attende. Se sarà troppo “novista” rischia di essere frainteso. Occorre dunque molto equilibrio, ma anche molta fantasia, coraggio e disponibilità a pensare in modo nuovo per fare qualcosa di veramente utile. Non sarà facile, ma sono certo che faremo un buon lavoro.
Claudio Frontera
costituente regionale

giovedì 6 dicembre 2007

PD, primarie per eleggere i delegati


L'UNITA'

6/11/07
Domani il segretario Veltroni apre a Firenze la campagna di costruzione del partito
Sonia Renzini
SARÀ la base del partito democratico a scegliere i delegati che voteranno i segretari provinciali e comunali. Secondo un sistema ormai collaudato: primarie all'americana all'insegna delle pari opportunità. Perché, i votanti dovranno necessariamente eleggere un uomo e una donna, o la scheda sarà considerata nulla. C'è di più. Chiunque potrà autocandidarsi senza alcuna necessità
di raccogliere firme per la presentazione. Lo ha annunciato ieri il segretario regionale del Pd Andrea Manciulli insieme alla vice Caterina Bini e Antonello Giacomelli dell'esecutivo nazionale.
L'occasione, la campagna nazionale per la costruzione del Pd Walter Veltroni che partirà ufficialmente domani da Firenze con il segretario Walter Veltroni (al Palazzo dei congressi alle 21). «11 nostro obiettivo è arrivare in due mesi ad avere i primi rappresentanti territoriali del partito - dice Manciulli - nascerà un luogo del Pd in ogni comune e in ogni quartiere. Vogliamo una casa collettiva che ognuno deve avere a disposizione, per questo saremo presenti anche con i gazebo nelle piazze». 11 regolamento, approvato dal coordinamento regionale il 29 novembre,
prevede che tutti i cittadini che hanno votato per le primarie del 14 ottobre possano richiedere
e ricevere il certificato di"fondatore del Pd", dopodiché potranno partecipare alle assemblee
dei circoli di base. In realtà, il certificato potrà essere richiesto anche da chi il 14 ottobre non ha votato, basterà che si rivolga agli uffici tecnici amministrativi provinciali non oltre il giorno precedente allo svolgimento della propria assemblea. «La volontà di recuperare la partecipazione anche di chi non ha votato il 14 ottobre è un'intuizione toscana - dice Giacomelli - e fa parte di un modello che viene discusso attentamente a livello nazionale».

A chi riceve il certificatoverràchiesto un contributo volontario per finanziare la fase costituente
del Pd sul territorio. I fondatori saranno poi chiamati a partecipare alle assemblee dei rispettivi
circoli di base, convocate tra il 12 dicembre e il 31 gennaio dai coordinatori territoriali provvisori eletti lo scorso 24 novembre. Durante le assemblee dei circoli verranno eletti i delegati di quelle comunali e territoriali. Chi vorrà, potrà presentare la propria autocandidatura a delegato agli uffici tecnico-amministrativi provinciali o all'inizio dei lavori dell'assemblea del circolo. Due le schede che saranno ricevute da ogni "fondatore": una per l'elezione dei delegati all'assemblea comunale e una per votare quelli dell'assemblea territoriale. I delegati eletti si riuniranno dopodiché, insieme agli eletti delle primarie del 14 ottobre, entro il 10 febbraio per eleggere il coordinatore di circolo e il segretario comunale. Prevista, invece, entro il 24 febbraio la conclusione dei lavori per l'elezione del segretario provinciale. «Ciò che vogliamo è un partito aperto aicittadini», conclude Manciulli.

lunedì 3 dicembre 2007

La casta partitica non molla il potere

La Repubblica
3 dicembre 2007, pag. 19
di Mario Pirani
Avvertenza per il letto­re: questo è un pezzo sul potere partitocra­tico. Se si parla del di­segno di legge che ha per titolo "Interventi per la qualità e la si­curezza del Servizio sanitario nazionale", approvato dal Consiglio dei ministri, è solo perché lo assumiamo come parametro tipico dell'invadenza della nomenklatura. Ricordo ai lettori che Repubblica ha condotto su questo punto una lunga batta­glia senza successo per ottene­re misure che sbarrassero la ge­stione ospedaliera al potere politico.
Se su quest'ultimo, infatti, ri­cade su scala nazionale e regio­nale il compito di elaborare e fissare le linee guida della politica sanitaria e di quant'altro at­tiene alle strategie per attuarla, questo stesso potere dovrebbe arrestarsi laddove subentra la cura e l'assistenza diretta ai pazienti, soggette, se mai, al filtro tecnico delle indispensabili strutture di verifica e controllo. Figura di raccordo fra i due pia­ni è il direttore generale. A que­sto schema dovrebbero corrispondere criteri di nomina coerenti: i direttori generali, pur es­sendo naturalmente il braccio operativo del governo regionale, andrebbero selezionati in base ad acclarate competenze professionali ma le defatiganti trattative sulla suddivisioni di questi posti tra le varie correnti della maggioranza di volta in volta in auge e la drastica sosti­tuzione di buoni e cattivi senza differenza, quando subentra un'altra maggioranza, com­provano che il criterio è un al­tro: quello della affidabilità e appartenenza politica. Pazien­za se i guasti si fermassero qui e i medici fossero salvaguardati da simile servaggio. Non è così e su queste colonne l'ho raccontato più volte, fino a stanca­re me e i lettori, con molti esem­pie giuste proteste. I primari dei vari reparti o dirigenti di II livel­lo (e, ancor peggio i "primarietti") vengono designati dai direttori generali e così anche i primari, ancor prima di dimo­strare le loro specifiche compe­tenze professionali, sono og­getto di un mercato dove so­vente la presunta affidabilità politica soverchia un curriculum eccellente. Ho detto «pre­sunta» affidabilità perché assai spesso un medico politicamente neutrale deve, se c'è una selezione in vista, cercarsi affanno­samente una qualche sponso­rizzazione partitica per gareggiare con qualche possibilità di successo. Quando ascese al go­verno Prodi ci si attese una svol­ta, anche per il gran parlare che si fece sulla trasparenza, il me­rito, le qualità di eccellenza che andavano raggiunte per far ri­salire l'Italia. Italianieuropei, la fondazione di D'Alema e Ama­to, organizzò tre seminari sulla Sanità dove venne esplicita­mente discussa la proposta, illustrata su Repubblica, per il varo di un sistema concorsuale severissimo per i primari, con esclusione assoluta di qualsiasi ingerenza dei direttori genera­li, ed esito certificato da classi­fiche inderogabili e da giurie qualificate estratte a sorte su scala nazionale. Molte discus­sioni, anche private, ebbero luogo con Livia Turco che si di­chiarò convintissima (non cre­do di svelare un segreto) essere questo l'unico metodo per evitare l'influenza partitica nelle nomine. Non celò, peraltro, qualche preoccupazione per la resistenza delle regioni, in par­ticolare le "rosse" Emilia e To­scana che, dietro l'avallo di una indubbia efficienza, pretende­vano che la legge non scalfisse i poteri di nomina attribuiti ai direttori. Ne è uscita una proce­dura bizantina: la giuria è di cinque membri (di cui uno nominato dal direttore generale) e gli altri quattro scelti (sempre sotto controllo del direttore ge­nerale) fra una rosa di otto pri­mari sorteggiati in ambito re­gionale (perché non naziona­le?). I criteri di valutazione dei concorrenti restano estrema­mente generici. Dopo di che fra tre candidati prescelti senza classifica, sarà sempre il diret­tore generale a decidere. Tanto valeva lasciar le cose come stanno. Quanto al resto della legge vi sono alcune innovazio­ni positive come l'estensione della formazione degli specializzandi agli ospedali e non solo ai policlinici universitari. Assai dubbioso invece il giudizio sul­la creazione di un Sistema na­zionale di valutazione, laddove già esistono l'Agenzia naziona­le per i servizi sanitari regionali, il Siveas (Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assi­stenza sanitaria), l'Agenzia per il farmaco, ecc. Occorrerebbe un organismo tecnico indipen­dente di alta e riconosciuta qualifica, non certo un ennesi­mo ente di nomina pubblica. Resta la fievole speranza che il Parlamento modifichi in me­glio la legge. Ma la sostanziale convergenza di tutte le forze politiche nella manomissione della Sanità lascia pochi spazi.

sabato 1 dicembre 2007

RIFORME, BETTINI: INTESA POSSIBILE

MA SARA' TUTTO VERO???
ROMA - L’ultimo giorno da senatore di Goffredo Bettini ricomincia con una messe di riconoscimenti nell’aula di palazzo Madama. I capigruppo dell’opposizione Schifani, Matteoli, Castelli, Storace hanno apprezzata tutti la scelta di Bettini di lasciare il seggio senatoriale per dedicarsi alla costruzione de1 Pd. In un Paese dove normalmente gli incarichi si tende ad accumularli, Bettini è andato in controtendenza, “finalmente qualcuno che invece di tre mestieri ne fa uno hanno detto”.
Venerdi ci sarà l'incontro con Berlusconi: che cosa vi aspettate?
“Veltroni e il Pd sono riusciti a rimettere in moto il sistema politico. Arriviamo a questo incontro dopo aver visto tutti gli altri, ma è chiaro che quello con Berlusconi assume un risalto particolare. Sarebbe un fatto molto importante, inutile negarlo, se sulla legge elettorale si verificasse una convergenza”. Berlusconi dice di preferire il sistema spagnolo.
“Sono prese di posizione dalle quali si capisce che i punti di convergenza con la nostra pro- posta possono essere molti. 1l cosiddetto Vassallum da noi avanzato, un proporzionale moderatamente corretto in senso maggioritario, è in grado di dare un vantaggio alle forze più grandi e di semplificare il quadro politico”.
II leader dell’opposizione parla anche di riforma dei regolamenti. Berlusconi dice di preferire ilsistema spagnolo.
“E' un altro passo avanti in direzione di quel che Veltroni sostiene: aprire una stagione complessiva di riforme”.
E se poi il. Cavaliere vi chiede la data delle elezioni?
“Questo è un tema neanche lontanamente trattabile. Il governo Prodi pur con tutte le difficoltà sta lavorando bene, recupera persino consensi. Berlusconi che ha intelligenza politica sa che quella de1 governo è un'altra partita rispetto agli incontri sulle riforme”.
Un governo istituzionale non favorirebbe l’intesa?
“Per noi c'è Prodi fino alla fine de1 suo mandato”.
Non è peregrina però la tesi di chi dice fatta la nuova legge elettorale si vota. “Consumata la fase delle riforme che riguarda legge elettorale e modifiche istituzionali, una fase che presumibilmente occuperà molti mesi di lavoro, verificheremo se le forze che sostengono Prodi giudicheranno esaurita o meno l'esperienza del governo. Ma certamente a quel punto le elezioni non avrebbero un carattere traumatico”.
Ma il Vassallum non è che favorisca l a nascita di un centro. I Pezzotta, i Tabacci li ammazzate politicamente nella culla?
“Ma perchè dovremmo favorire la formazione di un nuovo centro che condiziona e sceglie ogni volta chi tra i due grandi partiti dovrà governare? Il Pd nasce anche per raccogliere le forze moderate e cattoliche che non scelgono la destra.. Non possiamo ridurre questa nostra ambizione. Altrimenti il Pd diventerebbe una “Cosa 4”, e noi non la vogliamo.Il messaggio ai Pezzotta e Tabacci è che il Pd è una cosa totalmente nuova e democratica un partito the ha dentro enormi spazi anche per loro e per la cultura e la storia the rappresentano”.
C’è sempre il referendum, sullo sfondo.
“ll referendum è meglio dell’attuale legge elettorale, ma è il massimo della contraddizione rispetto al progetto de1 Pd e anche, a quel che vedo, de1nuovo partito di Berlusconi: favorisce le ammucchiate coatte, quando noi aspiriamo invece ad alleanze più omogenee e in grado di raccogliere consenso maggioritario”.
Veniamo al Pd: lo convocherete il congresso?
“In poco più di un mese il Pd ha svolto una attività impressionante: abbiamo nominate un esecutivo con tante donne; sono stati insediati i segretari regionali con i coordinamenti; sono stati eletti i coordinatori provinciali; è stata aperta la sede nazionale; è stato presentato il nuovo simbolo. Ci apprestiamo ora ad aprire ottomila circoli in tutt’Italia per impiantare il partito tra i cittadini. Stiamo discutendo in tre apposite e ampie commissioni la nostra carta dei valori, il codice etico e lo statuto. E' ovvio che dopo questa fase costituente ci sarà un congresso. Ma non sarà un appuntamento simile a quelli che ci stanno alle spalle, modalità, tempi e forme le striamo discutendo nella commissione statuto. Per tutto questo ritengo assurdo, fuori tempo e fuori luogo, l’odg che alcuni hanno presentato per um congresso subito. Volevano l’uovo prima di aver fatto crescere la gallina”.
E delle polemiche su alcune nomine interne e de1 tesoriere Sposetti che non vuole dare soldi a Veltroni, che dice?
“Tutti devono cominciare a entrare nell’ottica del nuovo partito. Ci dobbiamo abituare a non considerarci piu degli ex di qualcosa. La polemica verso Follini è ingiustamente velenosa, Follini è autorevolissimo e bravo, oggi è un dirigente de1Pd. Se ci mettessimo a fare reciproci esami de1 sangue, ognuno dovrebbe continuamente rendere conto de1 proprio passato. Anche le esternazioni di Sposetti sono fuori luogo. Da l’impressione di trattare le risorse dei Ds come se fossero sue. Ripetere che egli non darà un soldo al Pd, alla fine acquista un significato politico inquietante: come a dire, davanti a un eventuale fallimento de1 Pd, rimane sempre in piedi una alternativa politica con ingenti finanziamenti".
Organismi dirigenti
Commissioni

mercoledì 28 novembre 2007

Da Il Messaggero



Dalla prima lettera di Benigni agli italiani
di Roberto Benigni

Cari Italiani,
con immensa allegria e col cuore che cinguetta come un fringuello appena nato, il 29 novembre in diretta su RaiUno, staremo un paio d’ore insieme a parlare del regalo più bello che ci è cascato addosso. Dobbiamo capire cos’è l’amore. Ne tracceremo la storia. Dal primo libro della Genesi, all’ultimo libro di Bruno Vespa, dalla lettera di pace di San Paolo ai Corinzi: “per quante cose io assuma in mio conto se non ho l’amore io non sono nulla”. Alla lettera di scuse di Berlusconi a sua moglie: “ …E dai Verò, stai buona, so’ bagattelle…”. Dalla rottura della Pace tra Greci e Troiani secondo Omero: “Causa ne fu la Divina femminilità di una Donna”, alla recente rottura della pace tra AN e Forza Italia secondo Vittorio Feltri: “La causa è una sola, problemi di gnocca”. Vedremo gli enormi passi avanti fatti dall’Umanità su questo tema. Sì, parleremo del sesso, il motore del mondo, percorrendolo nei suoi aspetti più estremi. Dalla libidine sfrenata alla totale repressione. Insomma da Casanova a Sandro Bondi. Parleremo di politica, da Voltaire: “ non sono d’accordo con quello che dici ma sono pronto a morire purchè tu lo dica” a Silvio Berlusconi: “chi vota a sinistra è un coglione”.Parleremo della grandezza dell’Italia cercando di capire che cosa abbiamo fatto di bello per meritarci città come Milano, Firenze, Roma dove sono nati uomini come Manzoni, Michelangelo, Cesare e cosa abbiamo fatto per meritarci città come Arcore, Ceppaloni, Montenero di Bisaccia e… non mi ricordo dove è nato Buttiglione. E poi lasceremo parlare Dante. Ci faremo dire da lui cos’è quella nostalgia dell’infinito, quella ventata di annientamento che ci precipita addosso quando ci si innamora e smantella tutta la nostra vita, quella sensazione felice, pericolosa e rara che unisce sensualità e tenerezza e ci rende immortali. Ce lo faremo dire da lui con parole antiche e commoventi che hanno attraversato i secoli per posarsi sulle nostre labbra. Nulla di solenne, semplicemente la bellezza. A giovedì. Roberto BenigniL’appuntamento con Roberto Benigni è per giovedì 29 novembre, in diretta dalle 20.30, dopo il telegiornale, su Rai Uno con lo spettacolo “Il quinto dell’Inferno”. Roberto Benigni torna in televisione dopo il grande successo della trasmissione del dicembre 2002 dal titolo “L’ultimo del Paradiso” e dopo il tour “TuttoDante” con oltre 100 repliche in 48 città diverse e più di un milione di spettatori. Durante lo spettacolo non ci saranno interruzioni pubblicitarie.

lunedì 26 novembre 2007

Pd, ecco il simbolo: richiama il tricolore ma anche la tradizione









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Una grande P verde, una D bianca che si intuisce sullo sfondo rosso: tutto per dare l’effetto del tricolore. Sotto, la scritta Partito Democratico, con un piccolo ulivo, appoggiato tra le due parole. Questo il nuovo simbolo del partito di Walter Veltroni, presentato allo Spazio Etoile a Roma e ideato da un giovane molisano di 25 anni, Nicola Storto.“Un simbolo racconta l’identità di una comunità di donne e di uomini e credo che questo che abbiamo scelto racconti bene l’identità del Pd” ha spiegato Veltroni, dopo aver svelato il logo, “un partito che nasce per fare un’Italia nuova con forza e determinazione”.Il segretario si dice contento per il gradimento ricevuto dal presidente del Consiglio e da tutti gli altri esponenti del partito ai quali lo ha mostrato: Rutelli, D’Alema, Fassino, i capigruppo Soro e Finocchiaro e “a molti altri meno conosciuti”.
Il simbolo richiama il Tricolore “ma anche tre grandi tradizioni” spiega il leader “il verde del mondo laico e ambientalista, il bianco del cattolicesimo democratico, il rosso della cultura del lavoro”.

martedì 20 novembre 2007

Diario del Partito Democratico

La prima seduta dell’Assemblea Costituente Toscana del PD (Firenze, 10 novembre 2007), è stata importante e vivace. Molte, molte facce nuove, molti giovani, metà dei partecipanti donne ( e quando mai si era visto prima un convegno politico caratterizzato in tal senso?).
Molti interventi, molti temi, molta passione.
Ecco alcuni motivi di riflessione, senza alcuna pretesa di completezza :

  • ci sono state grande attenzione e molte proposte di emendamento sul “dispositivo” finale, contenente regole e procedure per l’elezione dei coordinatori territoriali e dei segretari comunali. Le cautele e la voglia di chiarezza e di trasparenza, spesso allertata da testi scritti in “politichese ostrogoto”, sono certamente giustificate. Il rischio di un partito che delude, ai suoi primi passi, aspettative di partecipazione e novità, è grande e si deve lavorare per evitarlo. Tuttavia si deve anche ricordare che siamo nel pieno di una fase “costituente”, che si deve costruire, nientemeno, che un partito nazionale, e la strada non può non incontrare curve e tornanti. E’ importante vigilare, ma anche sdrammatizzare e relativizzare il valore degli aspetti procedurali, anche per non correre un altro rischio, quello di trasformare la stessa fase costituente in una estenuante assemblea di condominio. Per sdrammatizzare si ricorre però troppo facilmente all’argomento della “provvisorietà” di organismi, assemblee e assetti. Con il risultato involontario di indebolire le scelte che si fanno senza acquisire maggiore chiarezza. E’ certo che tutto è provvisorio in questa fase, che ci separa dal Primo Congresso. Ma anche dopo, per un bel po’, navigheremo in mare aperto, prima di arrivare, speriamo comunque presto e bene, ad una struttura e ad un assetto stabile ( sempre relativamente, s’intende, si parla di politica, no? E quindi di qualcosa di dinamico per definizione). Preferirei allora che al quadro della “provvisorietà” si sostituisse quello della “processualità”, per evidenziare la fase costituente come un processo, in cui ogni giorno si fa un passo avanti, ogni scelta organizzativa è una tappa di un percorso che sia leggibile come costruzione. Nella sua relazione introduttiva il segretario regionale Andrea Manciulli ha fatto riferimento alla “responsabilità”, come atteggiamento fondamentale. Il grande, inatteso, entusiasmante risultato di partecipazione alle primarie del 14 ottobre è il nostro patrimonio fondamentale, il più importante evento politico di questo anno difficile A noi spetta il compito di incrementare questo valore, non disperderlo. Non è più il momento di dirsi che partito desideriamo o aspettiamo. Ora c’è da costruire. Sembrava di sentire riecheggiare il famoso discorso di John Kennedy : non chiederti che cosa l’America può fare per te, ma cosa tu puoi fare per l’America. Che cosa può fare ciascuno di noi per costruire il PD. La domanda è necessaria, ma la risposta resta, per ora, difficile.
  • Un passo della relazione di Manciulli è stato chiaro quanto importante, quando il segretario ha affermato la scelta del Pd per le primarie sempre, come metodo insostituibile per scegliere i candidati del Pd alle elezioni amministrative e non solo. Non è soltanto una giusta risposta alle attese del “popolo delle primarie”, forza essenziale del nuovo partito, ma una conferma definitiva di una nuova concezione politica. Se si afferma sempre, e non episodicamente, questo metodo consente infatti non solo una trasparente ed efficace selezione dei candidati alle elezioni e quindi dei rappresentanti elettivi ( non chiamiamola classe dirigente, per favore!). Permette anche di coinvolgere attivamente i cittadini-elettori nella scelta dei programmi e delle politiche con i quali i candidati si identificano. Non saranno politiche opposte, trattandosi di candidature di un medesimo partito. Tuttavia, un grande partito, ricco di visioni e culture differenziate, non può stare a lungo unito se non elabora e pratica un metodo che coinvolga in modo trasparente i propri aderenti nelle scelte, ispirandosi al modello costituzionale, mai pienamente realizzato, che vede i partiti come soggetti fondamentali della partecipazione e della elaborazione delle scelte politiche.
  • Un partito basato e, gradualmente, plasmato, sul metodo delle primarie, è un partito “elettorale” ? Nel consolidato politichese di sinistra, questo attributo equivale, per una struttura politica, ad una ignominiosa offesa. La tradizione socialista e, ancor più, quella comunista hanno legato all’idea di partito politico un complesso di significati di tipo finalistico, che hanno visto, di volta in volta, il partito percepito e vissuto come una “chiesa”, cioè una comunità morale di giusti, di dispensatori di precetti e di solidarietà sociale diretta, oppure come organismo basato sul lavoro dei “militanti”, cioè, come dice la parola, di “soldati”, pronti al sacrificio in nome di lontani traguardi di giustizia, oppure come un’avanguardia di fondatori di una migliore società futura. In tali concezioni, il momento elettorale, era, tuttalpiù, un passaggio propagandistico, un’occasione di proselitismo e di avanzamento, dotato di debole significato proprio. Con la scelta del PD l’acquisizione definitiva, a lungo maturata, dell’orizzonte della democrazia rappresentativa come unica manifestazione della democrazia stessa e dell’alternanza come competizione sulle cose per governare meglio, capovolge la scala dei valori relativa alle finalità del partito. “Elettorale” non è più un’offesa perché favorire, organizzare, promuovere la partecipazione dei cittadini alla scelta di programmi e uomini e donne per realizzarli , in ogni tipo di elezione, amministrativa, regionale e politica, è l’alfa e l’omega della politica democratica. Oltre non c’è altro. Non c’è la rivoluzione, non c’è l’utopia, non c’è la militanza intesa come sacerdozio laico. Allora al Pd “partito elettorale”, dico di si. In Italia c’è bisogno di un partito che sottragga un popolo democraticamente un po’ immaturo e vulnerabile alla demagogia, al rischio di vivere in un limbo di retorica spicciola che dove si dispensano a piene mani sogni e valori che non costano nulla e, sottobanco, si gestiscono scelte, si formano e riformano le classi dirigenti secondo l’italico principio del trasformismo. Vogliamo parlare della forma organizzativa ideale per un siffatto partito? Appuntamento alla prossima puntata.

    Claudio Frontera
    Cosituente Regionale

lunedì 12 novembre 2007

ASSEMBLEA COSTITUENTE REGIONALE 10 NOVEMBRE

Si è riunita sabato 10 novembre a Firenze l'Assemblea Costituente: 395 i delegati; 353 membri (88,5%) sono stati votati alle primarie del 14 ottobre collegati alla candidatura del segretario che è risultato eletto, Andrea Manciulli; 40 sono i delegati (11,5%) eletti nelle liste dell'altra candidata alle primarie, Cristina Bandinelli.
Manciulli e Bandinelli sono membri di diritto.
In apertura della giornata la proclamazione ufficiale, da parte del collegio di garanzia, del segretario regionale Manciulli che subito dopo ha preso la parola per la relazione introduttiva e ha nominato Caterina Bini vicesegretaria.
Sono state elette due commissioni regionali che si occuperanno di redigere una proposta rispettivamente di Statuto regionale del PD e di Manifesto programmatico.
All'Assemblea hanno partecipato anche gli eletti in Toscana all'Assemblea Costituente nazionale, con diritto di parola, ma non di voto.
D.M.

ASSEMBLEA COSTITUENTE REGIONALE


Il dispositivo approvato dall'Assemblea RegionaleLeggi o scarica il documento

Firenze, 10 novembre 2007
Assemblea Costituente Regionale del PD toscano

Dispositivo finale

Introduzione
Il 14 ottobre con le primarie del Partito Democratico nasce un modo nuovo di fare politica e i costituenti delle assemblee nazionale e regionali sono chiamati a rispondere a quella richiesta di buona politica fondata sulla partecipazione che ha dato vita a questo processo.
A Milano lo scorso 27 ottobre la prima convocazione dell’Assemblea Costituente nazionale è stato un momento di grande emozione per tutti quei cittadini che aspettavano un segnale di cambiamento dalla politica e l’avvio del più importante percorso di riforma dei partiti italiani mai esistito. Il discorso di apertura del Presidente Romano Prodi e la relazione del segretario nazionale Walter Veltroni, hanno aperto un nuovo capitolo nella storia della nostra democrazia e tratteggiato i fronti di impegno sia del Governo che del Partito Democratico, suo principale sostenitore.
A Milano sono state assunte decisioni importanti e votate le commissioni che dovranno redigere una proposta di Statuto, di Manifesto e di Codice Etico del nuovo partito, assieme ad un dispositivo che oltre a individuare in Franceschini il vicesegretario fissa due importanti principi di azione: la centralità delle assemblee regionali nella costruzione del partito ai livelli successivi e la necessità di richiamare gli elettori del 14 ottobre per coinvolgerli nel radicamento territoriale.
Con le primarie, per la prima volta, è stato affermato il principio della democrazia paritaria: si tratta di un fatto di straordinario valore che deve essere confermato in tutti i momenti decisionali del nuovo partito. Le elette, insieme alle candidate e a tutte le elettrici delle primarie, sono un grande potenziale che deve trovare sbocco in luoghi di iniziativa politica, di scambio di esperienze e di elaborazione autonoma.
L’Assemblea Costituente del PD toscano pone tra le sue priorità di discussione ed elaborazione, la necessità di pensare ad un partito con un forte radicamento territoriale, che individui forme nuove di adesione e partecipazione, senza che il valore e il ruolo fondamentale della militanza attiva che si concretizza attraverso l’iscrizione, contrasti con altri caratteri di partecipazione alle scelte e alle decisioni, parimenti significative. Vanno pensati e concretizzati, nuovi strumenti di partecipazione e di coinvolgimento nelle scelte degli elettori, come forum tematici, patti di consultazione con associazioni, referendum programmatici ecc. Il PD toscano sarà un partito che farà leva sulla modernità, facendo tesoro delle esperienze migliori traducendole in un linguaggio nuovo. Il PD toscano dovrà essere un luogo accogliente dove chiunque possa trovare spazio in base alle proprie capacità, disponibilità ed interessi tematici.
I passi che il Partito Democratico dovrà muovere a partire da questa assemblea costituente non potranno prescindere dal coinvolgimento di quella moltitudine di donne e uomini che hanno testimoniato anche in Toscana con il loro voto la positività del progetto e reso possibile la nascita del partito stesso. Inoltre viene ribadita dal voto del 14 ottobre il valore delle primarie come metodo di selezione delle candidature per tutti i ruoli di responsabilità politica ed istituzionale, siano essi di carattere monocratico o assembleare.
La migliore partecipazione e il più vasto coinvolgimento nella costruzione del partito democratico sarà garantita dalla capacità di far crescere il progetto politico sui territori, nelle comunità locali, nei luoghi di studio e di lavoro. In questo, una funzione fondamentale è assegnata al carattere federale che, attraverso l’elezione delle assemblee e dei segretari regionali, abbiamo voluto imprimere al Partito Democratico. Le idealità, i valori e l’iniziativa politica del nuovo partito saranno capaci di rispondere alle diverse peculiarità regionali del nostro Paese, se i caratteri organizzativi e la capacità di azione saranno rispondenti alle attese e ai modi di interpretare l’impegno politico proprio di ciascuna regione.
Un compito importante è affidato quindi in questo contesto, alla assemblea costituente regionale e alla commissione statuto eletta in quest’assemblea, che dovrà lavorare ad un testo che inserito in una cornice nazionale stringente sul piano programmatico e ideale, sia veicolo di una proposta originale sul piano organizzativo che tenga di conto delle peculiarità politiche e sociali della nostra regione, costruendo un insieme di regole che garantiscano il carattere democratico della vita del partito e rafforzino innovandolo il radicamento territoriale e tematico.
In questo contesto il coinvolgimento delle giovani generazioni rappresenta una priorità: il PD deve dotarsi di spazi e momenti nei quali siano i giovani stessi a coinvolgere altri giovani. Per avviare il dibattito intorno alle forme e ai modi con i quali andare a costruire l’organizzazione giovanile del PD e promuovere la partecipazione giovanile all’interno degli organismi dirigenti del partito, i componenti di età inferiore ai 30 anni dell’Assemblea Costituente Regionale si costituiscono in gruppo di lavoro.
L’Assemblea Costituente Regionale del PD della Toscana ritiene indispensabile che in tempi certi e ravvicinati si avvii il percorso congressuale del partito, per superare le incertezze di una fase transitoria che è piena di potenzialità ma anche con oggettivi limiti.

L’Assemblea Costituente Regionale del PD della Toscana, convocata il 10 novembre 2007, ha approvato a maggioranza con un voto contrario e tre astenuti le seguenti decisioni per la gestione della fase transitoria:

1. Vicesegretaria
Ai sensi dell’art. 2 comma 3 del Regolamento Quadro per le primarie del 14 ottobre, Caterina Bini assume l’incarico di Vicesegretaria regionale del partito.

2. Tesoriere
Ai sensi dell’art. 2 comma 3 Ilio Pasqui assume l’incarico di Tesoriere regionale del partito.
Al Tesoriere l’assemblea affida il mandato di adottare tutti gli atti giuridici necessari per la costituzione del partito nella fase transitoria sino dell’approvazione dello Statuto da parte dell’assemblea costituente. Al Tesoriere, nella fase transitoria, compete la responsabilità delle attività amministrative, patrimoniali e finanziarie del partito di cui ha la rappresentanza legale.

3. Incarichi e organi collegiali provvisori
Il Segretario regionale, ai sensi dell’Art 2, comma 3 del Regolamento quadro e del punto 5 ultimo paragrafo del Dispositivo approvato a Milano il 27 ottobre, nomina l’esecutivo provvisorio e il comitato politico provvisorio del Pd toscano. Il Segretario, fino all’approvazione definitiva dello Statuto, può organizzare l’attività del Pd toscano sulla base di forum tematici.

4. Coordinamenti territoriali: costituzione
Conformemente al punto 5, ultimo paragrafo, del Dispositivo nazionale, vengono costituiti in Toscana 13 coordinamenti territoriali: coordinamenti provinciali per gli interi territori delle province di Arezzo, Grosseto, Massa Carrara, Pisa, Pistoia, Prato e Siena; coordinamento metropolitano includente Firenze e i comuni della provincia di Firenze non inclusi nel coordinamento territoriale di Empoli; coordinamenti territoriali di Empoli (comuni di Empoli, Capraia e Limite, Castelfiorentino, Cerreto Guidi, Certaldo, Fucecchio, Gambassi Terme, Montaione, Montelupo Fiorentino, Montespertoli, Vinci), della Val di Cornia-Elba (comuni di Piombino, Campiglia Marittima, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto e comuni dell’Isola d’Elba), della Versilia (comuni di Viareggio, Camaiore, Forte dei Marmi, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema), di Livorno (tutti i comuni della provincia non inclusi nel coordinamento Val di Cornia-Elba) e di Lucca (tutti i comuni della provincia non inclusi nel coordinamento della Versilia). E’ inoltre istituito il Coordinamento comunale del Capoluogo di Regione.

5. Coordinatori territoriali provvisori
Come stabilito dal Dispositivo nazionale, entro il 24 novembre e su convocazione del Segretario Regionale, in ognuna delle 14 entità territoriali descritte nel punto 4, gli eletti nelle assemblee costituenti regionale e nazionale eleggono, a maggioranza assoluta dei presenti e con eventuale ballottaggio tra i primi due, un Coordinatore provvisorio con il mandato di convocare le iniziative sul territorio costitutive del PD descritte nei punti 7 e 8.
Come da circolare interpretativa nazionale, gli eletti in collegi riguardanti più province o più entità territoriali fanno parte del coordinamento e votano per il coordinatore del territorio in cui risiedono. Nel caso in cui l’eletto non sia residente nel collegio in cui è stato eletto, partecipa all’Assemblea della realtà territoriale che ha in quel collegio il maggior numero di aventi diritto al voto.
I Coordinatori provvisori rimangono in carica fino alla successiva elezione – da tenersi entro il febbraio 2008 – dei Coordinatori incaricati di guidare il partito fino al suo primo congresso, secondo le modalità decise congiuntamente dal Segretario nazionale e dai Segretari regionali. Tale elezione deve avvenire con il protagonismo dei Fondatori di ogni realtà che devono avere la possibilità di esprimere le proprie indicazioni attraverso un voto.
Il Segretario regionale nomina per ciascuna assemblea territoriale, un Presidente per la seduta di insediamento con il compito di sovrintendere i lavori, raccogliere le candidature e garantire il corretto svolgimento delle operazioni di voto.
Le candidature devono essere presentate al Presidente entro gli orari stabiliti dall’assemblea stessa e devono essere accompagnate da un numero di firme di componenti del Coordinamento territoriale non inferiore al 5% e non superiore al 10% dello stesso.
Il voto sul coordinatore provvisorio avviene in forma segreta. Prima di procedere al voto ogni candidato espone all’assemblea i propri intenti qualora venisse eletto Coordinatore.
Nella seduta di insediamento o comunque non oltre il 7 dicembre, il Coordinamento terririale, su proposta del Coordinatore, nomina inoltre un tesoriere territoriale del PD. Il Coordinatore può dotarsi di un organismo esecutivo che lo coadiuvi nel lavoro quotidiano.
Al termine delle Assemblee previste nel punto 8, e comunque non oltre il 13 gennaio 2008, deve essere convocato il Coordinamento territoriale per discutere dello stato di avanzamento della costruzione del PD sul territorio, attraverso un bilancio delle Assemblee dei Fondatori, un piano di lavoro per i successivi mesi e l’approvazione di un documento che offra indicazioni alle Commissioni istituite dalla Assemblea Costituente Regionale. Il coordinamento discute del radicamento e della organizzazione del PD nell’area di competenza, anche attraverso la elaborazione di una proposta di distribuzione territoriale e tematica delle realtà di base, che devono avere almeno lo stesso grado di radicamento territoriale dei seggi delle primarie del 14 ottobre, e che dovrà essere resa coerente con le disposizioni degli statuti nazionale e regionale.

6. Coordinamenti territoriali: composizione
Ogni coordinamento territoriale è composto dai suddetti eletti nelle assemblee costituenti nazionale e regionale, nonché dai Sindaci e dai Capigruppo Consiliari del PD nei Comuni capoluogo o sede di coordinamento, dai Presidenti di Provincia e dai capigruppo provinciali del PD, dai consiglieri regionali e dai parlamentari aderenti a gruppi del PD. Il Coordinamento territoriale viene altresì allargato con le eventuali modalità decise congiuntamente dal Segretario Nazionale e dai Segretari Regionali. Ogni eventuale allargamento deve rispettare la parità tra i generi.

7. Consegna dei Certificati di “Fondatore del PD”
Vista la tempistica dettata dal Dispositivo nazionale, dal 5 dicembre 2007 è indetta una “Campagna per la costruzione del Partito Democratico del Toscana”: nei luoghi utilizzati come seggi per le primarie del 14 ottobre o in ogni altro luogo o modalità ritenuta idonea dal Coordinamento territoriale, tutti i cittadini inclusi nei registri dei votanti delle primarie del 14 ottobre possono richiedere e ricevere il Certificato di “Fondatore del Partito Democratico”. I Coordinamenti territoriali si fanno carico di informare, nelle forme che saranno ritenute idonee, tutti gli elettori delle primarie rispetto alle modalità di consegna dei Certificati. L’Esecutivo regionale promuove in tal senso una campagna di comunicazione su tutto il territorio della Toscana.
All’atto della ricezione del Certificato, ad ogni Fondatore viene chiesto un contributo volontario per finanziare la fase costituente e le iniziative di costruzione del PD sul territorio.

8. Assemblee dei Fondatori
Sempre visti i tempi stabiliti dal dispositivo nazionale, dal 12 al 19 dicembre il Coordinatore territoriale provvisorio, d’intesa col Segretario regionale, convoca, nelle forme adeguate, le Assemblee dei Fondatori relativi ad ogni seggio. Il Coordinatore territoriale provvisorio indica per ogni Assemblea un Presidente/Garante che sovrintende al corretto svolgimento dei lavori. I Certificati di Fondatore del PD possono essere consegnati anche durante tali Assemblee. Il Coordinatore territoriale provvisorio può decidere di convocare l’Assemblea di più seggi insieme.
In attesa del modello organizzativo che sarà definito statutariamente, l’Assemblea, come sostituita, rappresenta la prima organizzazione di base del PD nel territorio.
L’Assemblea elegge al suo interno il proprio Coordinatore.
Le assemblee possono elaborare e suggerire indicazioni utili al lavoro delle Commissioni istituite dalla Assemblea Costituente Regionale.
Eventuali variazioni della tempistica possono essere decise dal Segretario regionale, d’intesa con i Coordinatori territoriali.

9. Coordinatori comunali
I coordinatori comunali vengono eletti per gestire la fase costituente e fino al primo congresso del PD con le modalità decise congiuntamente dal Segretario nazionale e dai Segretari regionali. In ogni caso l’elezione deve avvenire attraverso il protagonismo dei Fondatori di ogni realtà che devono avere la possibilità di esprimere le proprie indicazioni attraverso un voto.

10. Collegio di garanzia
Le funzioni di organo di garanzia del partito nella fase transitoria sono svolte dal comitato regionale dei garanti delle Primarie.

11. Costituzione commissioni
Conformemente all’art 2 comma 1 del Regolamento quadro, l’Assemblea regionale nomina due commissioni: “Statuto” per contribuire alla stesura dell’impianto federale dello Statuto nazionale e per predisporre una proposta di Statuto regionale e di Regolamento finanziario regionale; “Manifesto regionale” per redigere una proposta di documento programmatico del PD toscano. Le commissioni sono composte ciascuna da 50 componenti, metà uomini e metà donne, indicati dai candidati alla carica di segretario regionale, proporzionalmente ai componenti eletti nell’assemblea collegati a ciascun candidato. Ogni commissione elegge nel suo seno un Presidente e un Relatore, può organizzare il proprio lavoro in sottocommissioni, e deve predisporre forme di consultazione e coinvolgimento nelle scelte dei componenti l’assemblea costituente e di altri soggetti singoli o associati, utilizzando momenti di dibattito, focus group, forum telematici, consultazioni online ecc.
L’Assemblea Costituente regionale è riconvocata dal Presidente, sentito il Segretario, non oltre il 31 marzo 2008 per assumere le decisioni in merito allo Statuto, al Regolamento finanziario e al Manifesto Programmatico. Entro il giugno 2008 il PD della Toscana convocherà una Conferenza programmatica per confrontarsi con associazioni, forze sociali ed economiche sui contenuti del Manifesto.
Le commissioni possono elaborare documenti che rappresentano un contributo alla creazione dello Statuto e del Manifesto Nazionale durante la fase di elaborazione dei documenti stessi in sede nazionale; devono altresì discutere e definire autonomi contributi quando i documenti nazionali saranno approvati dalle rispettive commissioni.

12. Norme transitorie relative al percorso verso le Elezioni Amministrative del 2008
Ai sensi dell’Art. 2 comma 3 del Regolamento quadro, è dato mandato ai Coordinamenti territoriali competenti, d’intesa con il Segretario regionale, di stabilire le modalità di coordinamento più idonee a definire e gestire il percorso le Elezioni Amministrative 2008.
Per la definizione delle candidature a Sindaco e a Presidente di Provincia, il PD della Toscana opta per il meccanismo delle primarie di coalizione aperte a tutti i cittadini elettori interessati al voto.
Per la definizione delle candidature per i consigli comunali o provinciali i Coordinamenti territoriali possono decidere di avvalersi del meccanismo delle primarie.
I regolamenti per le primarie devono essere approvati dal Coordinamento territoriale competente e devono prevedere organi di garanzia.
Le liste dei candidati del PD per i consigli comunali e provinciali devono essere composte per metà da uomini e per metà da donne.
Salvo determinazioni diverse contenute nello Statuto nazionale o regionale, chi ha già svolto per due mandati, consecutivi e in corso, il ruolo di consigliere comunale o provinciale non può essere ricandidato, salvo deroga motivata e decisa dal Coordinamento territoriale competente.


Firenze, 10 novembre 2007

Conclusa l'assemblea costituente toscana del PD Elette le commissioni e approvato il dispositivo Leggi il comunicato e l'elenco delle commissioni
Firenze il 12/11/2007
COMUNICATO STAMPA
Firenze, 10 novembre 2007 - Stefania Collesei eletta presidente dell'assemblea costituente del Partito Democratico della Toscana, elette le due commissioni che si occuperanno di redigere lo statuto e il manifesto programmatico del PD toscano, approvato il dispositivo regionale con le regole transitorie per la gestione del partito nei prossimi mesi.
Si è conclusa così l'assemblea costituente regionale del Partito Democratico oggi alla Fortezza da Basso di Firenze che ha proclamato Andrea Manciulli alla guida del partito. Caterina Bini ha assunto l'incarico di vicesegretaria. Ai lavori ha assistito una platea di un migliaio di persone: i 395 membri dell'assemblea regionale, i 211 di quella nazionale e gli ospiti.
Commissione Statuto


Bacchi Marco
Bardini Pierluigi
Barnini Brenda
Bastianini Giancarlo
Bernardo Paola
Bertocchini Valentina
Besozzi Corrado
Bezzini Simone
Billi Giacomo
Bonacchi Rosalba
Bosetti Ugo
Brogi Stefano
Brunetti Leonardo
Buiani Lisa
Casini Enrico
Ceccuzzi Franco
Cresti Daniela
De Siervo Lucia
Fabbri Graziano
Fornaciari Donatella
Gazzarri Maurizio
Ghiselli Giuseppina
Giampaoli Alice
Giorgia Beltramme
Giugni Paola
Goracci Stefano
Grassi Chiara
Grifoni Roberto
Innocenti Chiara
Leonardi Franca
Lucchesi Donata
Mecacci Patrizio
Nannipieri Luigi
Nobili Anna
Nocchi Francesco
Pachetti Giampaola
Palazzeschi Massimo
Paolini Maurizio
Papi Elena
Pellegrini Aurelio
Pietri Marilena
Politi Maria Teresa
Russo Federico
Sforzi Damiano
Squittieri Benedetta
Stellini Giovanna
Tortolini Matteo
Tusi Teresa
Valentini Daniela
Vedovato Riccardo

Commissione Manifesto programmatico

Agueci Silvana
Balata Lavinia
Baldini Paolo
Baroncelli Tiziana
Bugli Vittorio
Ceccantini Antonio
Cecchi Michela
Celli Simone
Cha Gloria
Cioni Beatrice
Crudeli Roberta
De Girolamo Alfredo
Fiorilli Stefania
Foti Claudia
Fresa Antonella
Frontera Claudio
Garigali Antonio
Gesualdi Michele
Giani Eugenio
Giovannelli Alessandro
Giuzio Antonella
Laing Simona
Lastri Daniela
Leo Simone
Malanima Cristiana
Marigolli Manuele
Martini Claudio
Meloni Elisa
Mezzetti Stefania
Mori Veronica
Moscato Piera
Noè Elisabetta
Pacini Francesca
Paini Ginevra
Papa Mauro
Pelagatti Egidio
Pighini Luca
Prontelli Francesco
Ricci Mirella
Rollino Massimo
Rossellini Pietro
Rossi Carlo
Rossi Giovanni
Salvadori Gianni
Sani Luca
Sarteschi Giovanni
Scroccaro Lisa
Settimelli Valentina
Targetti Stella
Toti Gabriele




Assemblea costituente regionale del PD della Toscana Sintesi dell'intervento del segretario Andrea Manciulli
Firenze il 12/11/2007
COMUNICATO STAMPA

Firenze, 10 novembre 2007 – Questi alcuni passaggi dell'intervento di Andrea Manciulli, segretario del Partito Democratico della Toscana, davanti all'assemblea costituente regionale del PD, riunita oggi alla Fortezza da Basso di Firenze.
“Serve un partito nuovo davvero, nella forma e nei contenuti. Un partito davvero federale che trovi nei territori il suo radicamento e la sua forza. Un partito di prossimità, un partito che si incontra uscendo di casa. Un partito aperto e strutturato – ha detto Manciulli -. Le sezioni di partito non bastano più ad avvicinare le persone alla militanza. Questo significa che oltre alle sezioni, il Partito Democratico deve avere l'assillo quotidiano di organizzare momenti di incontro e di confronto con i cittadini, dove, oltre che a dire, si vada per ascoltare, dai porta a porta ai forum tematici che vogliamo aprire a tutti affinchè i cittadini non partecipino solo al momento culminate delle primarie, che comunque rimangono per noi un punto di riferimento. Le primarie vanno fatte sempre, ad ogni livello istituzionale per le cariche monocratiche e assembleari e per i dirigenti politici”.
“C'è bisogno di organismi legittimati. Oggi siamo chiamati ad operare attraverso organismi provvisori, ma spero che prima possibile si possa fare un vero congresso, perchè per prendere le decisioni importanti occorre quella legittimazione”.
“Siamo per un partito che decide. La nostra lunga esperienza di governo in Toscana ci insegna che il consenso che abbiamo consolidato ci deriva proprio dalla capacità di aver fatto delle scelte in cui i cittadini si sono riconosciuti e di averle governate”.
“Ci stiamo già organizzando – ha detto ancora Manciulli – per una conferenza programmatica del Partito Democratico della Toscana”.

La Rassegna Stampadell'assemblea costituente regionale
Firenze il 12/11/2007
Clicca sul nome delle testate per visualizzare i pdf.
LA REPUBBLICA FIRENZE
L'UNITA' NAZIONALE
L'UNITA' FIRENZE
LA NAZIONE
IL TIRRENO 1
IL TIRRENO 2
IL CORRIERE DI FIRENZE 1
IL CORRIERE DI FIRENZE 2
IL CORRIERE DI FIRENZE 3
METROPOLI

ASSEMBLEA COSTITUENTE TOSCANA 10 NOVEMBRE

DOCUMENTI
L’avvio della fase costituente per il Pd in Toscana (.pdf) >>


Regolamento quadro per l’elezione delle Assemblee Costituenti dell’Ulivo-Partito Democratico (.pdf) >>


Decalogo per le Assemblee costituenti del Partito Democratico (.pdf) >>


Le donne della Toscana per il Partito Democratico (.pdf) >>

domenica 11 novembre 2007

sabato 10 novembre 2007

La democrazia percepita dai cittadini si misura sulla qualità dei servizi pubblici

Difficile dire quanto abbia pesato sull’affluenza alle primarie la volontà diffusa tra la gente di dare un segno di discontinuità dalla politica dei partiti della sinistra.
Tanto i partiti costituenti hanno avuto il merito di far risorgere e sviluppare l’Italia repubblicana, quanto la loro involuzione è stata inesorabile negli ultimi decenni fino a farli apparire negativi agli occhi dei più, nella così detta fase della “Seconda Repubblica” che in effetti non si è mai compiutamente delineata.
Difficile contestare affermazioni come quelle del Presidente di Confidustria quando, in modo “apodittico” ma non lontano dal vero, sostiene che il Paese è stato non governato per oltre dieci anni sia dal centro destra che dal centro sinistra, anche se Egli forse dimentica che l’adesione all’euro resta un traguardo essenziale per il paese e questo è stato voluto e raggiunto da un governo di centro sinistra.
I costituenti del partito democratico certo vogliono una nuova politica, si dice una bella politica, che per questo deve essere corretta nei rapporti interni e con le altre forze politiche , aperta al confronto, mai aggressiva, educativa nel dibattito e nel contraddittorio.
Un paese distribuito in maniera pressoché equivalente tra i due schieramenti partitici richiede il confronto e la condivisione di “un qualcosa” che lo unifichi e lo rappresenti. Costruire un paese europeo, affine ai cinque paesi che con l’Italia dettero vita alla Comunità, può essere l’obiettivo concreto di coesione; può sembrare banale, ma non è così.
Ci sono infatti aspetti e livelli diversi di coesione europea: alcuni sono più impegnativi per i loro contenuti ideologici come la famiglia, la giustizia , l’informazione, ma ci sono tantissimi aspetti e livelli di coesione europea che sono oggettivi, non ideologici, molto pratici che interagiscono ogni giorno con la vita del cittadino. Mi riferisco alla sicurezza ed all’universo dei servizi. La qualità dell’aria, delle acque, la funzionalità e la sicurezza della mobilità, l’efficacia della sanità, l’efficienza dell’istruzione pubblica, la fruibilità degli sportelli della pubblica amministrazione non sono ne di centro destra ne di centro sinistra, ma sono i parametri della qualità della vita; rappresentano i servizi erogati dallo stato ed i grandi flussi della spesa pubblica per i quali i cittadini pagano le tasse.
Sotto una certa soglia le carenze dei pubblici servizi rappresentano un potente incentivo all’evasione fiscale.
Quale allora la sfida che attende il PD per questi aspetti così pratici e concreti?
La sfida trasversale, per un partito che dichiara di nascere con una vocazione maggioritaria nel paese, è la cultura teorica e pratica dell’amministrazione che dovrà mettere in pratica quando sarà maggioranza di governo.
Fare della pubblica amministrazione un comparto moderno ed efficiente capace di programmare, progettare, realizzare e gestire le riforme per rendere la democrazia concreta e percepibile da tutti i cittadini.
La cultura dell’amministrazione è stata per troppo tempo sottovalutata, ritenuta da addetti ai lavori ed il paese, nei decenni, ha subito costi elevati e bassa qualità, sperperi e degrado. È per questo che i governi dopo pochi mesi dalle elezioni subiscono rovesci nel gradimento da parte di quelli stessi elettori che li avevano premiati. Oggi ogni governo non è in grado di mantenere ciò che promette perché non possiede gli strumenti e le competenze per garantire alla macchina statale le performance che gli sono proprie.
La sfida dunque è: costruire una cultura dell’efficienza dell’efficacia dell’economicità nel PD che poi sappia essere pratica di governo e possa essere percepita dai cittadini.

Ing. Pietro Marini

venerdì 9 novembre 2007

E' possibile imparare democrazia?

Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, medita a lungo sull'interrogativo. E conclude:
"Pensando e ripensando non trovo altro fondamento della democrazia che questo: il rispetto di sé. La democrazia è l'unica forma di reggimento politico che rispetta la mia dignità, mi riconosce capace di discutere e decidere sulla mia vita pubblica. Tutti gli altri reggimenti non mi prestano questo riconoscimento, mi considerano indegno di autonomia fuori della cerchia delle mie relazioni puramente private e familiari. La democrazia è, tra tutti, l'unico regime che si basa sulla mia dignità in questa sfera più ampia... Essere democratici vuol dire assumere nella propria condotta la democrazia come ideale, come virtù da onorare e tradurre in pratica".

mercoledì 7 novembre 2007

Spigolature


Prima di tutti vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendermi e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(Bertold Brecht)

La Livorno che vorrei


Gli articoli di Mario Lancisi su Livorno che cambia hanno fornito tanti spunti per aggiornare l’idea che abbiamo della nostra città e dei suoi problemi.
Un quadro mosso, fluido, aperto.
Ci sono gli effetti devastanti della competizione internazionale su quello che resta dell’industria, ma anche le nuove opportunità della cantieristica da diporto, le carenze strutturali del nostro porto, i ritardi nelle strategie della logistica toscana, ma anche le nuove occasioni date dai rapporti commerciali con nuove aree del mondo.
I nuovi manager dell’industria hi-tech che collaborano con la Nasa e quelli dei servizi che si sentono a loro agio più nello scenario internazionale che in quello locale, ma anche la pesantezza dei problemi dell’occupazione e della precarietà, le sofferenze economiche delle famiglie alle prese con bassi salari, mutui e affitti, il carico ambientale della produzione energetica, il degrado del centro urbano, e, per ultimo, anche l’acutizzarsi delle conseguenze dell’immigrazione.
La città appare frastornata, talvolta stanca e ripiegata su se stessa. Le sue tradizioni sono ridotte spesso a folklore, piuttosto che rappresentare una importante riserva di memoria storica.
Una città adolescente, che non vuole crescere, come ha sintetizzato Mons. Abbondi, che l’ama e l’ha capita come pochi altri.
Eppure non mancano davvero le energie che scaturiscono dal volontariato, dal pullulare di forme espressive artistiche e culturali giovanili, le intelligenze che brillano e che trovi in giro in ogni parte del mondo, dove le porta la ricerca dell’eccellenza e lo sviluppo della professione.
Di che cosa ha bisogno allora Livorno per uscire in piedi da questo passaggio stretto, nonostante le occasioni perse (che il prof. Paoli efficacemente ha ricordato) e il crescente isolamento dal contesto regionale, nazionale ed internazionale?
Ha bisogno di una nuova visione politica, di un’idea più moderna della città e del suo ruolo e la capacità di costruire, su di essa, un ampio consenso.
Credo, non da ora, nell’importanza di un nuovo soggetto politico come il Partito Democratico, perché penso e spero serva anche a Livorno, come in Toscana e in Italia, a far emergere una moderna, indispensabile “politica delle cose”, una politica seria, competente e lungimirante, capace di accompagnarci nel nuovo percorso. E’ la voglia di sfidare il cambiamento, salvaguardando il meglio della propria storia, l’unica vera forza che può prevalere su polemiche sterili e nuove paure. Ma questa condizione non si realizza senza una vera, ampia, continua discussione nelle sedi istituzionali e non solo. Troppe volte la convenienza a breve termine, nella nostra città, porta a tacere, a non esporsi, a preferire il rituale e facile scontro ideologico al proficuo confronto politico, a sprofondare ogni stimolo e ogni sollecitazione nel sospetto, nel dileggio e nell’indifferenza.
Aiuterebbero iniziative straordinarie, non è il momento della normale amministrazione.
Penso a passaggi che altre città (da Torino a Roma, a Genova solo qualche giorno fa con una conferenza su porto e città, preparata benissimo dalla neoeletta sindaca Marta Vincenzi), hanno sperimentato in momenti cruciali del loro sviluppo, chiamandole di volta in volta “Stati generali della Città” o più modestamente “Conferenza economica cittadina”.
Fate voi, l’importante è che il confronto politico coinvolga tutti, voli alto, guardi ai cambiamenti del mondo, esca dalla chiacchiera e si misuri su numeri, dati, progetti, scelte . Se non ha paura di discutere, Livorno ce la farà..
Claudio Frontera
costituente regionale

martedì 6 novembre 2007

E' MORTO ENZO BIAGI

Il garante della stanza accanto

Sandra Bonsanti, 06-11-2007
La Biografia // Addio, Enzo Biagi // “Vedrai” mi diceva sicuro il mio compagno Giovanni che di libertà molto aveva studiato e molto sapeva “vedrai che un giorno di Berlusconi rimarrà soprattutto il ricordo dell’uomo che tolse la parola a Enzo Biagi”. Aveva capito che fra tutte le ferite che gli anni del cavaliere avevano dato alla cultura e alla politica del nostro paese, quella inferta al pluralismo dell’informazione colpiva non solo l’essenza stessa della nostra delicata democrazia, ma soprattutto i sentimenti della gente, che aveva ormai identificato in Biagi l’uomo, il giornalista libero e scomodo, che criticava sorridendo, che si opponeva con la forza delle idee e non con le grida della superficialità.
Che usava parole semplici e antichi detti popolani per fare a pezzi le falsità dei nuovi slogan pubblicitari.
A poche ore dalla sua morte, dal suo addormentarsi quasi raccontando a se stesso e agli altri la cronaca di un addio, i media di tutto il mondo si trasmettono la notizia della scomparsa del grande giornalista che Berlusconi, il proprietario della Tv privata, cacciò dalla televisione pubblica. Con una decisione contro la quale i vertici politici del tempo, furono timidi, impacciati, un po' vigliacchi.
Del suo allontanamento Biagi parlava sempre con una punta di ironia che celava però un grande dolore. Quasi continuasse a meravigliarsi di come poteva essere stata fatta una offesa tanto profonda, a lui, ai suoi telespettatori, alla libera informazione. E oggi, a poche ora dalla sua morte, è inevitabile cominciare così il flusso dei ricordi. Che per quanto mi riguarda risalgono alla primavera del 1981, a un bellissimo viaggio in Costarica, Colombia e Messico che facemmo al seguito di Sandro Pertini. Fu allora che, vedendolo faticare nella salita della piramide Maya sotto un sole spietato mi permisi di comprargli e regalargli un cappellaccio di paglia che però gli stava benissimo e da allora il cappello messicano diventò fra noi uno scherzo col quale ci si salutava ogni volta. “Lo conservo, sai!”. Era soprattutto il ricordo di un bel viaggio, con una persona così speciale e stravagante come era l’allora presidente della Repubblica a cui Enzo voleva un gran bene. Erano, proprio quelli, i giorni della scoperta della P2: mentre eravamo in Messico Pertini fu informato del blitz di Turone e Colombo ad Arezzo e del ritrovamento degli elenchi. Sia Pertini che Biagi presero molto sul serio la scoperta della loggia segreta, uno non volle mai ricevere al Quirinale chi era comparso nelle liste; l’altro, per quella vicenda, lasciò il “Corriere” e venne a “Repubblica”. Altri tempi.
A tutti ha insegnato qualcosa: nel giornalismo e nei rapporti umani. In uno dei suoi viaggi in Italia venne a trovarmi a Firenze. Allora io dirigevo “Il Tirreno” e lui pensò che potessi avere uno sguardo privilegiato sulla Toscana. Era strano essere intervistati da Enzo… parlavo del mio giornale, ma sapevo che lui sapeva tante più cose di me, conosceva la storia di quel giornale e la inquadrava nella storia d’Italia. Le firme dei direttori non erano solo delle firme, ma pagine di una vicenda che lo aveva appassionato per tutta la vita. Mi adoprò soprattutto perché gli raccontassi le storie della gente semplice: era sempre lì che lui voleva arrivare, alla base della civiltà, e a ciò che col passare degli anni costruisce quella memoria comune che in Toscana è ancora assi forte, e che lo affascinava.
Così, quando nel 2003 si trattò di lasciare il giornale per Libertà e Giustizia, fu per me obbligata la via del suo ufficio in galleria; Enzo era già uno dei garanti di LeG e a lui avrei chiesto un consiglio definitivo. Mi ascoltò affettuosamente, come sempre e poi mi disse: “Purché tu resti solo e sempre una giornalista, cioè libera”. Cosa che ho cercato di fare, in questi anni, insieme agli amici e ai soci, ricordandoci sempre, anche nelle piccole decisioni, che il nostro garante era lì, e non dovevamo deluderlo mai. Spero di esserci riuscita.
E poi, oltre al maestro di giornalismo e di libertà, ci mancherà l’uomo, l’amico che tra le carte e le fotografie del suo ufficio, ci svelava il segreto per far fronte al dolore, quando la morte si porta via le persone care. “Io giro per casa, da solo la sera e parlo con lei, faccio come se fosse nella stanza accanto, e so che da qualche parte mi sta ascoltando anche se non sento più le sue parole”.
Fiero, orgoglioso, libero, caro Enzo, dicevi che nelle fasi storiche difficili (e pensavi ai tuoi 14 mesi di partigiano) serve soprattutto avere dei maestri, dei punti di riferimento di cui ci si fida e che ti aiutano a trovare la strada. Parlavi di altri, ma credo che tu sapessi d’esserlo ormai tu la nostra guida. Presente e silenziosa: ma c’eri e per questo, anche, si facevano, si dicevano e si pensavano certe cose.
Ciao, caro garante, caro amico e maestro.

Sulla carta o in tv era "il cronista" Contro di lui l'antigiornalismo

La Repubblica
6 novembre 2007
di Michele Serra
Enzo Biagi era un cronista. Lo ripeteva sempre e pareva il vezzo di un giornalista famoso, popolarissimo, pluridirettore, che si rifugiava dietro un abito professionale ordinario. Ma non era un vezzo, era la sostanza viva del suo mestiere. Testimoniata da uno stile tutt'altro che letterario, scarno, efficace, che gli impedì (per sua fortuna) di diventare mai un opinionista o un elzevirista come ce ne sono tanti. Anche i suoi commenti e le sue rubriche erano fatti di spunti di cronaca, di memorie personali, un montaggio "dal vivo" che raramente assumeva la forma tradizionale dell'editoriale in punta di penna. Era capace di lavorare solo sui materiali empirici, toccati con mano. La sua esperienza, i suoi incontri, i suoi appunti. Un giornalismo "di strada", anti-intellettuale, direttamente indirizzato alla sostanza delle vicende umane, al senso comune, a una "normalità" così rara nel mondo barocco dei media, che riusciva a toccare le corde del pubblico popolare e che gli aprì le porte di un clamoroso successo televisivo. Il titolo del suo programma di maggiore impatto e di maggiore ascolto non per caso fu "Il fatto", una sorta di rivendicazione asciutta della materia prima del giornalismo. Usava la televisione come un foglio di carta, ovviamente conoscendone la potenza centuplicata, ma ignorandone ostentatamente tutto l'armamentario di effetti, il linguaggio pletorico e/o aggressivo, la rumorosità e la lucentezza eccessiva. In video era quasi monastico, una scrivania e poche parole, e quella mezza figura inquadrata - il famoso "mezzobusto" di Saviane - trovò attraverso l'understatement di Biagi una sorta di fantastico riscatto. Come se il tono basso, l'abito grigio, l'espressione pacata, servissero soprattutto a scardinare la presunzione televisiva e ridare centralità assoluta alla parola, alle facce e alle persone. Nei primi anni Novanta, quando lui era uno dei primi tre giornalisti italiani (gli altri erano Bocca e Montanelli) e io poco più che un pivello, mi chiese se poteva venire nella redazione di "Cuore" per intervistarmi a proposito della satira. Si presentò con un impermeabile chiaro e una borsa di cuoio, tirò fuori penna e taccuino e cominciò a farmi domande. Poca conversazione informale, pochi convenevoli, quella era un'intervista e dunque una situazione professionale. Quello era mestiere. Rimasi sbalordito dallo spettacolo del vecchio gigante che appuntava diligentemente sul taccuino le parole di un ragazzo. Capii che Enzo Biagi era davvero un cronista, che quello voleva essere ed era sempre stato. L'ostracismo da lui patito negli ultimi anni non è stato dunque rivolto contro una posizione culturale o politica. E' stato rivolto contro il giornalismo, che lui personificava come pochi altri.

domenica 4 novembre 2007

Una proposta

Riceviamo da Paola Caporossi e Gregorio Gitti questa proposta di mozione che volentieri sottoponiamo alla discussione sulla quale è avviata la raccolta di firme tra gli eletti regionali e nazionali per poi presentarla alla Assemblea Regionale il prossima il 10 novembre: che ne pensate?
Daniela
OSSERVAZIONI E PROPOSTE URGENTI
SUL DISPOSITIVO APPROVATO IL 27 OTTOBRE 2007 A MILANO
DALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE NAZIONALE

Premessa
Nulla può oscurare l’importanza e la portata storica dell’evento di sabato 27 ottobre a Milano, quando si è riunita per la prima volta l’Assemblea Costituente Nazionale del Partito Democratico. Vale ribadirlo ancora una volta: nessun Partito è nato così, non solo nel nostro paese. Ciò basta, di per sé, a segnare una svolta nel modo di intendere e fare la politica in Italia.
Certo, è solo un segnale, il primo, ma costituisce una premessa essenziale, che non può non condizionare e plasmare costruttivamente le tappe a venire del nuovo Partito.
D’altro canto, non si può non considerare che ogni processo di innovazione porta con sé qualche inevitabile residuo del passato – tra l’altro, non necessariamente negativo- e si accompagna a contraddizioni e cicli di “stop and go” defatiganti e potenzialmente fuorvianti per osservatori e sostenitori. La nascita del partito Democratico non potrà, dunque, sottrarsi a questa regola, in certo senso stocastica, e dovremo tutti mettere in conto qualche passo “falso”.
Questo non significa che i sostenitori del P.D. dovranno rassegnarsi ad accettare qualsiasi fatto negativo da parte dei suoi principali attori/costruttori, ma che, piuttosto, potranno contribuire fattivamente a contenere al massimo gli errori e le “distrazioni” nel processo costituente, non limitandosi a criticare od evidenziare le negatività, ma anche e soprattutto in positivo, elaborando e presentando proposte migliorative concrete.
Questo il senso della presente Nota e della Mozione a seguire.

Criticità
Senza entrare nel dettaglio dell’assemblea di sabato 27 ottobre, il primo importante appunto da fare è che il dispositivo letto dal neo-segretario nazionale doveva:
- essere distribuito prima della sua lettura, e non semplicemente letto in fretta ed in coda ad una giornata impegnativa, che era stata immaginata non solo di commozione e di autocelebrazione ma anche di confronto e di operatività pratica;
- essere discusso ampiamente prima essere dato per “approvato”.
Non inferiamo sul contesto e sulle modalità in cui è avvenuta la votazione da parte degli oltre 2.500 delegati, perché comporterebbe dei rilievi anche giuridici. D’altronde, per gestire dibattiti e decisioni con numeri di quella grandezza –quasi tre migliaia di persone- occorre una predeterminata e ferrea volontà di trasparenza, legalità e correttezza da parte di chi ha il compito di predisporre la votazione. Si poteva fare diversamente e meglio? Di sicuro, dato che la confusione e la promiscuità, erano banalmente prevedibili. Si può essere fiduciosi che meglio sarà fatto in occasione delle prossime assemblee.

1. Vice Segretario
E’ stato citato l'art.2 comma 3 del Regolamento Quadro approvato l’11 luglio dal “Comitato 14 ottobre” a proposito dell’avvenuta nomina a Vicesegretario nazionale. Trovare un nesso con quella norma è oggettivamente una forzatura: non è previsto il ruolo, né tanto meno la nomina per cooptazione.

2. Coordinatore Provinciale
Il dispositivo fatto approvare a Milano recita al riguardo:
“Il 24 novembre in ogni provincia gli eletti nelle assemblee costituenti regionale e nazionale eleggono, a maggioranza assoluta dei presenti e con eventuale ballottaggio tra i primi due, il Coordinatore provinciale”.
Questo, invece, recita il Regolamento Quadro, all’articolo 1 comma 3 :
“Con successivo regolamento vengono stabilite le modalità di elezione delle Assemblee provinciali e dei Segretari provinciali, da tenersi entro il 31 dicembre 2007.”
Il fatto che il Regolamento Quadro consenta che le modalità di elezione delle Assemblee e dei Segretari a livello provinciale vengano stabilite con successivo regolamento lascia aperta una certa discrezionalità sulle stesse. Discrezionalità che è stata subito applicata nel dispositivo del 27 ottobre.
D’altro canto, il comma 3 fa parte dell’articolo in cui si parla di “elezione delle Assemblee Costituenti Nazionale e Regionali”, specificando che gli elettori potranno essere tutti i cittadini e tutte le cittadine che abbiano compiuto 16 anni, pur senza mai specificare il termine “primarie”, anche se è di quelle che si parla. E’ allora ragionevole, nonché legittimo, dedurre che quella modalità debba valere anche per l’elezione prevista, subito dopo, al comma 3, per le assemblee e i segretari provinciali.
La motivazione di una tale deduzione è non soltanto logica e giuridica, ma anche politica. Infatti, se il Partito Democratico è un partito davvero democratico, federale o comunque nato dal territorio, non si spiega perché il coordinatore del livello più prettamente locale non debba essere eletto direttamente dagli elettori del territorio provinciale, esattamente con lo stesso meccanismo delle primarie con cui sono stati eletti il segretario nazionale ed i segretari regionali del P.D.
Che senso ha che il cittadino, ad esempio, di Brescia abbia eletto direttamente il proprio segretario per organi geograficamente lontani lui (nazionale e regionale) e non possa invece eleggere il segretario della propria provincia, che meglio conosce e sa valutare? Dunque, perché è stato deciso che tale elezione debba essere ristretta ai delegati nazionali e regionali eletti a Brescia?
Oltretutto, è molto probabile che chi sia stato giudicato meritevole di essere eletto come delegato regionale non venga giudicato altrettanto meritevole dai Bresciani – per restare all’esempio- di fare il coordinatore provinciale nella loro provincia.
Non solo: il delegato nazionale o regionale è stato eletto il 14 ottobre con un mandato preciso e ristretto: approvare lo Statuto ed il Manifesto politico del nuovo partito. Ampliare il suo mandato quando è già stato eletto è una scorrettezza non solo formale, ma sostanziale, nei confronti degli elettori, che non può essere ignorata con leggerezza.
Se, poi, l’obiezione dovesse essere che non si possono convocare primarie ogni mese, la semplice risposta è che una tale obiezione era presentata da taluni (tra cui noi che scriviamo) già all’interno del Comitato dei 45, lo scorso 18 giugno, alla prima presentazione del Regolamento Quadro. Venne fatto appropriatamente osservare che se il 14 ottobre dovevano essere eletti i Costituenti Regionali, non si capiva perché non si dovesse inserire in quella data anche l’elezione dei Costituenti provinciali, rimandata di soli 2 mesi. L’obiezione, in verità, non venne ritenuta degna di un dibattito e neppure di una risposta.
Inevitabile sospettare che sin da allora si pensasse a deviazioni procedurali come in effetti è stato. Rispetto alle quali il risultato non può che essere che gli elettori del 14 ottobre si convincano che sia stato fatto un passo indietro e che si torni a far calare dall’alto – o comunque non da loro stessi che sarebbero i pieni titolari di un tale diritto- la scelta del leader provinciale .
E ancora: chi stabilisce i compiti ed i poteri di quest’ultimo? E’ plausibile sospettare che ci saranno altre arbitrarietà o forzature solo all’apparenza formali.

3. Coordinamento Provinciale
“Si costituisce altresì un Coordinamento Provinciale, composto dai suddetti eletti nelle assemblee costituenti, nonché dai Sindaci e dai Capigruppo Consiliari del PD nei Comuni capoluogo, dai Presidenti di Provincia e dai capigruppo provinciali del PD, dai consiglieri regionali e dai parlamentari aderenti a gruppi del PD. Il Coordinamento provinciale può allargarsi ad altre persone con il voto favorevole di due terzi i componenti dello stesso”.
Vale lo stesso ragionamento svolto per l’elezione del coordinatore provinciale: anzi, in questo secondo caso neppure è prevista una elezione, bensì una semplice cooptazione o automatismo.
Che, poi, ad essere cooptati siano i Costituenti, non è affatto rassicurante: come sopra detto, se anche sono stati eletti, essi hanno un altro tipo di mandato, non adattabile discrezionalmente ad altri scopi, non senza, almeno, la bussola di uno Statuto, che è ancora lontano dall’essere deciso.
Non basta. Perché dei Coordinamenti provinciali dovrebbero far parte anche i Sindaci, i Capigruppo, ecc…? Basta, forse, passare da una qualsiasi tornata elettorale? Anche qui, il mandato derivante dalla loro elezione è diverso da quello che avrebbero all’interno dei Coordinamenti provinciali, per quanto provvisori.
Non solo: i Sindaci, i Parlamentari, ecc…, sono stati eletti come candidati di partiti diversi – DS e Margherita - che, per quanto sciolti nel Partito Democratico- non vi coincidono affatto. Tanto che non tutti gli eletti nei DS e nella Margherita hanno aderito al PD.
Il nodo è ovviamente anche politico: se gli organi provvisori del nuovo Partito devono formarsi all’insegna del rinnovamento, non si capisce perché essi debbano essere in certo senso ingolfati automaticamente dagli eletti di un passato pur recente.
Ancora. Se “il Coordinamento provinciale può allargarsi ad altre persone con il voto favorevole di due terzi i componenti dello stesso”, non si può non chiedersi perché non venga previsto alcun criterio di scelta. Di fatto si rimanda tutto alla discrezionalità della maggioranza qualificata di quegli organi, che, per l’appunto, è costituita dal “nuovo” gruppo dirigente eletto con il segretario nazionale.

4. Poteri dei Segretari
“Al segretario nazionale e ai segretari regionali è data delega di garantire la gestione provvisoria della fase costituente, sino all’approvazione dello statuto, anche attraverso la costituzione di organi collegiali provvisori”
Cosa significa “delega”, e cosa “costituzione di organi collegiali provvisori”? La vaghezza dei termini e dell’intera frase non è affatto rassicurante in termini di trasparenza, oggettività e democraticità.

5. Elezioni del 23 dicembre 2007
“Entro il 23 dicembre saranno convocate dai Segretari regionali in accordo con i Coordinatori provinciali, assemblee di tutti i votanti alle primarie del 14 ottobre per costituire il partito democratico nei territori, secondo le modalità decise congiuntamente dal Segretario Nazionale e dai Segretari Regionali”.
Perché limitare l’elettorato passivo ai soli votanti del 14 ottobre? Per quanto ovvio, non si può non obiettare che gli elettori potenziali del 23 dicembre possono essere diversi da quelli del 14 ottobre: alcuni potrebbero non aver “potuto” votare allora ma poterlo fare ora, o viceversa; altri potrebbero non aver “voluto” votare allora e volerlo invece fare ora, o viceversa.

30 ottobre 2007

Paola Caporossi
Gregorio Gitti
Roberta Guaineri
Cesare Saccani
Isabella Sorgini
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