2008-08-23
BOLOGNA
L´intervento di
GIANFRANCO PASQUINO
Adesso, è sostanzialmente ufficiale. Il coordinatore della segreteria cittadina, lo stesso segretario provinciale, molti dirigenti del Pd sostengono la ricandidatura del sindaco Sergio Cofferati «senza se e senza ma». Purtroppo per loro «di se e di ma» ce ne sono davvero tanti.
Il primo «se» riguarda il semplice fatto che nessuno sa, per l´appunto, se, dove, quando, con quali motivazioni, quali votazioni una decisione effettivamente ufficiale sia stata concretamente presa. Non ne stiamo stati informati.
Il secondo «se» riguarda l´interrogativo concernente il regolamento nazionale, che esiste, e regionale, che sembra non sia ancora stato stilato, relativo alla selezione delle candidature a cariche monocratiche, vale a dire «se» le primarie non debbano essere lo strumento da usare regolarmente. Con stupefacente candore il presidente della Commissione statuto regionale, l´autorevole giurista Luciano Vandelli, sostiene l´incompatibilità delle primarie con «una Festa dell´Unità pro Cofferati». Ma, davvero, con tutti gli irrisolti problemi, locali e nazionali, del Pd, bisogna fare una Festa dell´Unità tutta dedicata a incoronare un particolare candidato sapendo che un altro candidato è già in campo e che almeno la minoranza bindiana sta cercando un´alternativa praticabile?
Mai, e la mia memoria in materia è lunga, in passato le Feste dell´Unità sono state appiattite su candidature uniche, su pensieri unici, su dibattiti a senso unico. Al contrario, erano luoghi nei quali opinioni diverse si confrontavano con i dirigenti pronti a trarre profitto da quanto di intelligente veniva detto e dagli umori delle compagne e dei compagni, come un partito forte, strutturato e radicato è sempre in grado di fare. Né bastano le affermazioni un po´ troppo giustificazioniste del costituzionalista Augusto Barbera che sostiene che «formalmente e politicamente il Pd non ha l´obbligo di essere arbitro». A parte che il Pd è un corpo composito al quale non è possibile, né a Roma né a Bologna, una rousseauiana volontà generale, è perfettamente possibile non essere arbitri senza giocare platealmente a favore di un candidato. Naturalmente, l´autocandidato, che non è affatto un segno di demerito, Andrea Forlani ha ragione a pretendere spazi, almeno per il dibattito, se non gli si consente concretamente di raccogliere le firme a sostegno della sua candidatura a causa dei ritardi, quasi certamente voluti, nella formulazione e approvazione del regolamento. Ed è deprecabile che gli organizzatori della Festa abbiano deciso di evitare qualsiasi contraddittorio, anche di carattere «teorico» su quanto di buono e, eventualmente, di meno buono possa scaturire da primarie competitive e partecipate. E´ un peccato, che potrebbe rivelarsi capitale, che la maggioranza dei dirigenti e forse degli iscritti al Pd non sappiano e non vogliano utilizzare le primarie non soltanto per scegliere bene un candidato, ma anche e soprattutto per aprire il partito alle molte associazioni civiche e per dare inizio brillantemente ad una campagna elettorale che potrebbe presentare molte asperità. Eppure, la narrativa del Pd ha tra i punti di partenza ineludibili proprio l´apertura ad una società incisivamente partecipante. La Festa dell´Unità di Bologna sembra contraddire molti principi e mancare proprio gli obiettivi cruciali.
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