giovedì 5 giugno 2008

Attenti, c’è un male che sta minando la società livornese

IL TIRRENO
4 giugno

I recenti fatti di cronaca che hanno interessato la nostra città devono essere letti al di là delle situazioni specifiche e contingenti che li hanno prodotti (o che si presume possano averli prodotti). Mi pare evidente che essi interrogano la nostra comunità civile ponendo domande pressanti e ineludibili su quale messaggio complessivo da essi deve essere tratto, per ricercare risposte tempestive ed adeguate. Vi sono due ambiti diversi: da un lato ipotesi di reati nella gestione di fondi pubblici ed un sistema di corruzione che coinvolge anche il mondo imprenditoriale; dall’altro fatti di sangue che hanno ad origine questioni economiche per lo più legate a giri di scommesse o di giochi. Si tratta di cose assai diverse, com’è evidente: ma accomunate da una percezione comune di come esista una “questione morale” (per riprendere la celebre espressione di Berlinguer) che investe fortemente la nostra città, ed alla quale non si è voluto sin qui guardare con la forza e la determinazione richiesta. Chi pensa ancora oggi che la vecchia anima livornese, fatta di solidarietà e rispetto degli altri, di capacità di sapersi accontentare di ciò che si ha ma anche di rispetto delle regole e della legalità, di un tessuto sociale sostanzialmente omogeneo e protettivo, nel quale la sicurezza non ha bisogno delle forze dell’ordine perché garantita dal contesto sociale, ebbene forse deve guardarsi intorno e rendersi conto che così oggi non è più. Né vale cercare di limitare gli episodi emersi a deviazioni personali se non anche a questioni politiche (come il tentativo di ridurre la vicenda Porto2000 ad una faccenda di gestione distorta che non avrebbe alcuna connessione con la realtà vera della città); così come non può valere ridurre episodi di cronaca nera a questioni familiari, o pensare che il problema del gioco d’azzardo sia ascrivibile unicamente alla dimensione ludica di ciascuna persona. C’è un “male” che sta minando la comunità livornese, quel tessuto sociale che ha retto negli anni e che ha consentito di considerarci una città tranquilla e dove si vive bene, dove si può uscire di casa la sera senza problemi ma anche poter contare sull’altro sapendo di non rimanere delusi. Ci stiamo forse allineando ad altre città che consideravamo “diverse”, nella convinzione che ciò che accadeva là non poteva riguardarci da vicino? Di fronte a questo non vedo in giro la consapevolezza necessaria da parte della nostra “classe dirigente”: forte mi pare piuttosto la tendenza a minimizzare, limitare i fenomeni, continuare a considerarli corpi estranei rispetto alla nostra coscienza collettiva. Spero di sbagliare io, ma non vorrei che a un certo punto ci risvegliassimo dal sogno dovendo guardare in faccia una situazione a quel punto non più raddrizzabile.
Emanuele Rossi

Nessun commento: