domenica 29 giugno 2008
PD, LAICI E CATTOLICI
WALTER VELTRONI
Caro direttore,
come ha scritto il direttore del Mulino, Edmondo Berselli, sull’ultimo numero dell’autorevole rivista bolognese, col 33 e rotti per cento di consensi «il Pd può essere effettivamente il nucleo originario di un’entità riformista, dotata di un potenziale espansivo, capace di svilupparsi in futuro raccogliendo i consensi di chi chiede una modernizzazione creativa e socialmente compatibile». Ma, «come si sa – continua Berselli – la politica ricomincia di continuo. Occorrerà vedere se il Pd è in grado di ripartire. Se i suoi membri punteranno sulla costruzione paziente di un partito vero. Se affioreranno o no nostalgie per le vecchie identità e le vecchie appartenenze. Se qualcuno si prenderà l’impegno di delineare una cultura unificante, che al momento non esiste».Tutti interrogativi che delineano un ambizioso e impegnativo programma di lavoro, nel quale il tema della «cultura unificante» è certamente il primus inter pares: dar vita a un partito nuovo è infatti innanzi tutto una operazione culturale. È quindi non solo comprensibile, ma necessario e importante che si vadano moltiplicando le iniziative di elaborazione e di confronto culturale, dentro e attorno al Partito democratico. Come quella che si va tenendo proprio in questi giorni presso la comunità di Bose, promossa dall’associazione «Argomenti 2000», nata nel sempre fertile terreno che circonda l’associazionismo ecclesiale, sul tema cruciale della «laicità al futuro», e che oggi a Ivrea vede la partecipazione di Rosy Bindi e di Savino Pezzotta, oltre che di diversi esponenti del Pd.Nella società post-secolarePensare la laicità al futuro è una delle ragioni costitutive del Partito democratico, uno dei tratti identitari che fanno di esso un partito «nuovo», che ha saputo e intende rompere gli schemi oppositivi del Novecento, per contribuire a costruire e per abitare quella che Habermas chiama la società «post-secolare» . Una società fondata, come ebbe a dire l’allora cardinale Ratzinger, proprio in dialogo con Habermas, «sulla disponibilità ad apprendere e sull’autolimitazione» reciproca tra religione e ragione. Perché la religione deve guardarsi, proprio attraverso la ragione, dal rischio, dalla patologia del fondamentalismo, che la trasforma snaturandola in strumento di potere, se non di sopraffazione e di morte. Così come la ragione, se non vuole ridursi a ideologia totalizzante o a razionalità meramente strumentale, deve aprirsi al rispetto e al riconoscimento del ruolo umanistico della dimensione religiosa dell’esistenza umana.Nella vita comune delle comunità religiose, sostiene ad esempio Habermas, «una volta che esse rinuncino al dogmatismo e alla coercizione sulle coscienze, può rimanere un qualcosa di intatto, un qualcosa che altrove è andato perduto e non può essere ripristinato da nessun sapere professionale e specialistico da solo: mi riferisco alla possibilità di percepire e di esprimere la vita deviata, le patologie sociali, i fallimenti dei progetti di vita individuali e la deformazione di contesti vitali degradati».È uno dei molti possibili modi per mettere in evidenza e riconoscere il ruolo straordinariamente prezioso che l’ispirazione religiosa, coniugata con la laicità della ragione, può svolgere nella società e nella politica. La condizione perché la vitalità spirituale e morale della religiosità diffusa, che è una delle grandi risorse del nostro Paese, possa tradursi in energia civile e democratica è la laicità delle istituzioni, il loro essere comprese e vissute come casa di tutti, luogo nel quale la libertà della coscienza, di ogni coscienza, possa essere difesa e valorizzata. Non si tratta, come è evidente, di affermare una neutralità, o men che meno una indifferenza etica delle istituzioni: è la nostra stessa Costituzione a fondare la convivenza civile degli italiani su chiare ed esigenti tavole di valori.Comune fede nella libertàSi tratta piuttosto di concepire il pluralismo etico e religioso del nostro Paese come preziosa opportunità di dialogo, fondata sulla comune fede nella libertà. E come ricerca comune di soluzioni sempre più adeguate, o almeno meno inadeguate, ai grandi e talvolta inediti interrogativi del nostro tempo: da quelli che hanno a che fare con la qualità dello sviluppo, a quelli che riguardano la convivenza tra culture, fino a quelli che riguardano l’impatto del progresso scientifico e tecnologico sulla stessa natura umana. La laicità delle istituzioni è garanzia di libertà e pluralismo. E allo stesso tempo vale anche l’opposto: solo la vitalità civile e democratica di un Paese può alimentare la laicità delle istituzioni.Qui sta lo spazio e il ruolo di un grande partito laico e pluralista come il Pd. Proporsi come uno dei luoghi ove l’incontro tra ispirazioni e culture si realizza in modo quotidiano e duraturo è una delle ragioni che rendono affascinante l’impresa del Partito democratico. E potenzialmente così feconda la sua funzione: nella crisi, civile e morale, prima ancora che economica e sociale, nella quale da ormai troppi anni si dibatte il Paese. Religione e ragione devono insieme cogliere la sfida e dare risposte ai segnali più negativi come l'imbarbarimento della società, l'emergere di particolarismi, egoismi quando non vero e proprio odio per chi è lontano o diverso, lo smarrimento di valori condivisi.
Segretario del Partito democratico
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