26 maggio 2008, pag. 23
di Massimo L. Salvadori
Nella storia politica dello Stato unitario a partire dal primo dopoguerra campeggiano quattro date: il 1924, il 1948, il 1994 e il 2008, che traggono il loro significato dall’aver chiuso dei cicli politici e dall’averne aperti altri.
di Massimo L. Salvadori
Nella storia politica dello Stato unitario a partire dal primo dopoguerra campeggiano quattro date: il 1924, il 1948, il 1994 e il 2008, che traggono il loro significato dall’aver chiuso dei cicli politici e dall’averne aperti altri.
Ci si chiederà che cosa queste date abbiano in comune. Orbene esse, nella pur grande diversità delle situazioni storiche in cui si collocano, indicano tutte svolte cruciali caratterizzate da inequivocabili sconfitte della sinistra italiana, le quali, posto fine a periodi di transizione, hanno segnato la vittoria dei partiti moderati o di destra o della loro combinazione. Ed è da notare come ciascuna di queste tappe sia stata preceduta da forti iniziative della sinistra (o quanto meno dei soggetti collocati a sinistra di quelli moderati e di destra) che, non avendo trovato uno sbocco strategico, hanno apertola strada al successo dei movimenti in controtendenza. Potremmo addirittura partire dalla considerazione che già il 1860 aveva chiuso il ciclo risorgimentale con ìl sopravvento del moderatismo monarchico sulla democrazia repubblicana.
La regola che pare emergere è che quando una formula di potere è entrata in crisi, la sinistra italiana è andata all’attacco, ma è stata infine sempre respinta da prevalenti- chiamiamole così - "ondate di riflusso" per una ricorrente incapacità di offrire "sintesi" accettate dalla maggioranza della società nazionale. Nel primo dopoguerra, confortati dal grande successo elettorale del 1919, fl socialismo massimalista e if comunismo bolscevizzanti, messo ai margini il socialismo riformista, interpretarono la situazione come fine del capitalismo e della borghesia, ma il 1924 sancì la loro definitiva disfatta in pieno corso fin dal 1921 e l’inizio del potere totalitario da parte del nazionalfascismo. Il 1948 con la clamorosa sconfitta dei socialcomunisti, assestati sulla sponda del filosovietismo e decisamente avversi alla socialdemocrazia, sanzionò la chiusura del ciclo aperto dalla Resistenza e dall’unità antifascista. Tra i1 1948 e la fine degli anni ‘80 si collocano i due spettacolari risultati elettorali ottenuti dal Partito comunista nel 1976 e nel 1984, il cui significato fu duplice: da un lato essi, in via negativa, indicarono la capacità dell’opposizione comunista di raccogliere la protesta causata dalle gravi insufficienze delle forze di governo, dall’altro mostrarono appieno come i comunisti, logorati prima dall’inconcludente linea eurocomunista e poi dall’altrettanto inefficace linea dell’alternativa democratica", non fossero in grado di dare una prospettiva positiva al consenso ottenuto. Ma veniamo ai tempi più vicini a noi.
Tra il 1989 e il 1994 il sistema partitico crollò e tutte le carte furono rimescolate, anzi cambiate sotto la spinta provocata dalla fine di un’e poca storica anche a livello internazionale e dall’urto dirompente di Tangentopoli. I partiti che avevano occupato la scena dopo il 1945 scomparvero. Erano finite: per la De la rendita "antisovietica"; per la sinistra maggioritaria, la rendita - ormai profondamente erosa ma non esaurita, e che aveva trovato la sua ultima espressione in Berlinguer - dell’approdo ad una "società alternativa"; per il Psi craxiano la rendita, rivelatasi in prospettiva poco redditizia, del "nuovo riformismo"; perla destra neofascista la rendita dell"‘anticomunismo nazionale". E si fecero avanti le "forze nuove" rappresentate prima dalla Lega e poi nel 1994 dal rassembleinent messo in corsa da Berlusconi. Una sinistra usurata in ogni sua componente - divisa tra le due minoranze dei socialisti allo sbando e dei nostalgici di un comunismo in bancarotta e una maggioranza che non sapeva bene che fare di se stessa- non aveva strumenti per assumere la guida del riassestamento. Sicché a chiudere il ciclo alle elezioni del 1994 furono il Polo della Libertà e il Polo del buon governo, costituiti da Forza Italia, dalla Lega e da Alleanza Nazionale.
Ed ora eccoci all’ultimo ciclo: quello che dal 1994 arriva al 2008. Sono stati gli anni lunghi di una faticosa transizione che ha caratterizzato la cosiddetta Seconda Repubblica, incerti per il loro possibile approdo e per la natura degli schieramenti - una volta caduti i sistemi politici bloccati - in competizione perla direzione del paese. Sono stati gli anni dell’alternanza: due governi di centrodestra - due di centrosinistra. Ma dei due schieramenti l’uno si è fatto a mano a mano più solido, l’altro assai meno; l’uno, pur non senza tensioni, ha visto la sostanziale intesa tra i partiti dì Berlusconi, Bossi e Fini, l’altro è apparso un’alleanza non solo molto composita, ma anche posta sotto ricorrenti minacce di scomposizione e fratture cui hanno fatto seguito fatti concreti; l’uno ha avuto nel Cavaliere il suo leader riconosciuto e dotato dì un’adeguata autorità, l’altro si è affidato in primo luogo a un Prodi arroccato in una posizione debole di "re polacco", sfidato continuamente e in maniera ora aperta ora strisciante da altri leader, impossibilitato a durare a sufficienza per attuare ì propri programmi, sfibrato dai contrasti sia tra le diverse anime di una sinistra in riflusso e in crisi di identità, sia tra le varie componenti della sinistra e quelle di ispirazione centrista.
La vittoria netta del centrodestra nell’aprile di quest’anno ha chiuso il ciclo apertosi nel 1994. L’ultima vittoria elettorale di Berlusconi si differenzia dalle precedenti non solo perla forte maggioranza ottenuta, ma soprattutto in relazione alle condizioni dei suoi avversari e ai risultati da essi ottenuti. I quali mostrano: un Partito democratico, ancor privo di una natura definita, fermato nel suo disegno strategico, la sinistra privata di un grande partito, la sinistra residua radicale e socialista spazzata via dal Parlamento. Quanto a lungo possa durare l’asse Berluscon-Bossi-Fini è incerto; per contro è certo che gli sconfitti del 2008- e qui risalta la chiusura di un ciclo - hanno definitivamente concluso una fase del loro passato mostrando di non avere le risorse per aprire essi da protagonisti quella successiva.
Gli eventi recenti confermano dunque il dato storico che le grandi crisi politiche italiane si sono sistematicamente chiuse in senso avverso alla sinistra e alle sue varie reincarnazioni, fattesi a questo punto quanto mai nebulose. I temi di riflessione non mancano.
La regola che pare emergere è che quando una formula di potere è entrata in crisi, la sinistra italiana è andata all’attacco, ma è stata infine sempre respinta da prevalenti- chiamiamole così - "ondate di riflusso" per una ricorrente incapacità di offrire "sintesi" accettate dalla maggioranza della società nazionale. Nel primo dopoguerra, confortati dal grande successo elettorale del 1919, fl socialismo massimalista e if comunismo bolscevizzanti, messo ai margini il socialismo riformista, interpretarono la situazione come fine del capitalismo e della borghesia, ma il 1924 sancì la loro definitiva disfatta in pieno corso fin dal 1921 e l’inizio del potere totalitario da parte del nazionalfascismo. Il 1948 con la clamorosa sconfitta dei socialcomunisti, assestati sulla sponda del filosovietismo e decisamente avversi alla socialdemocrazia, sanzionò la chiusura del ciclo aperto dalla Resistenza e dall’unità antifascista. Tra i1 1948 e la fine degli anni ‘80 si collocano i due spettacolari risultati elettorali ottenuti dal Partito comunista nel 1976 e nel 1984, il cui significato fu duplice: da un lato essi, in via negativa, indicarono la capacità dell’opposizione comunista di raccogliere la protesta causata dalle gravi insufficienze delle forze di governo, dall’altro mostrarono appieno come i comunisti, logorati prima dall’inconcludente linea eurocomunista e poi dall’altrettanto inefficace linea dell’alternativa democratica", non fossero in grado di dare una prospettiva positiva al consenso ottenuto. Ma veniamo ai tempi più vicini a noi.
Tra il 1989 e il 1994 il sistema partitico crollò e tutte le carte furono rimescolate, anzi cambiate sotto la spinta provocata dalla fine di un’e poca storica anche a livello internazionale e dall’urto dirompente di Tangentopoli. I partiti che avevano occupato la scena dopo il 1945 scomparvero. Erano finite: per la De la rendita "antisovietica"; per la sinistra maggioritaria, la rendita - ormai profondamente erosa ma non esaurita, e che aveva trovato la sua ultima espressione in Berlinguer - dell’approdo ad una "società alternativa"; per il Psi craxiano la rendita, rivelatasi in prospettiva poco redditizia, del "nuovo riformismo"; perla destra neofascista la rendita dell"‘anticomunismo nazionale". E si fecero avanti le "forze nuove" rappresentate prima dalla Lega e poi nel 1994 dal rassembleinent messo in corsa da Berlusconi. Una sinistra usurata in ogni sua componente - divisa tra le due minoranze dei socialisti allo sbando e dei nostalgici di un comunismo in bancarotta e una maggioranza che non sapeva bene che fare di se stessa- non aveva strumenti per assumere la guida del riassestamento. Sicché a chiudere il ciclo alle elezioni del 1994 furono il Polo della Libertà e il Polo del buon governo, costituiti da Forza Italia, dalla Lega e da Alleanza Nazionale.
Ed ora eccoci all’ultimo ciclo: quello che dal 1994 arriva al 2008. Sono stati gli anni lunghi di una faticosa transizione che ha caratterizzato la cosiddetta Seconda Repubblica, incerti per il loro possibile approdo e per la natura degli schieramenti - una volta caduti i sistemi politici bloccati - in competizione perla direzione del paese. Sono stati gli anni dell’alternanza: due governi di centrodestra - due di centrosinistra. Ma dei due schieramenti l’uno si è fatto a mano a mano più solido, l’altro assai meno; l’uno, pur non senza tensioni, ha visto la sostanziale intesa tra i partiti dì Berlusconi, Bossi e Fini, l’altro è apparso un’alleanza non solo molto composita, ma anche posta sotto ricorrenti minacce di scomposizione e fratture cui hanno fatto seguito fatti concreti; l’uno ha avuto nel Cavaliere il suo leader riconosciuto e dotato dì un’adeguata autorità, l’altro si è affidato in primo luogo a un Prodi arroccato in una posizione debole di "re polacco", sfidato continuamente e in maniera ora aperta ora strisciante da altri leader, impossibilitato a durare a sufficienza per attuare ì propri programmi, sfibrato dai contrasti sia tra le diverse anime di una sinistra in riflusso e in crisi di identità, sia tra le varie componenti della sinistra e quelle di ispirazione centrista.
La vittoria netta del centrodestra nell’aprile di quest’anno ha chiuso il ciclo apertosi nel 1994. L’ultima vittoria elettorale di Berlusconi si differenzia dalle precedenti non solo perla forte maggioranza ottenuta, ma soprattutto in relazione alle condizioni dei suoi avversari e ai risultati da essi ottenuti. I quali mostrano: un Partito democratico, ancor privo di una natura definita, fermato nel suo disegno strategico, la sinistra privata di un grande partito, la sinistra residua radicale e socialista spazzata via dal Parlamento. Quanto a lungo possa durare l’asse Berluscon-Bossi-Fini è incerto; per contro è certo che gli sconfitti del 2008- e qui risalta la chiusura di un ciclo - hanno definitivamente concluso una fase del loro passato mostrando di non avere le risorse per aprire essi da protagonisti quella successiva.
Gli eventi recenti confermano dunque il dato storico che le grandi crisi politiche italiane si sono sistematicamente chiuse in senso avverso alla sinistra e alle sue varie reincarnazioni, fattesi a questo punto quanto mai nebulose. I temi di riflessione non mancano.
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