martedì 6 maggio 2008

Riceviamo e pubblichiamo un importante contributo del Prof. Massimo Paoli

Forse per la prima volta nell’incerta e balbettante “seconda repubblica”, l’appuntamento elettorale è stato un’occasione per una svolta politica effettiva.
Non ci siamo abituati perciò ancora ci stropicciamo gli occhi. Finalmente un turno elettorale straordinario quasi “rivoluzionario”.
Il PD, costituendosi e decidendo di andare solo con l’Italia dei Valori al giudizio degli elettori, ha rivoluzionato il quadro politico e nonostante (paradossalmente anche grazie) ad una legge elettorale bizzarra, non democratica e incostituzionale ha posto le basi per una svolta politica generale che speriamo segni un punto di non ritorno e chissà metta le radici per una terza repubblica a democrazia finalmente compiuta.
Il PD è stato sconfitto, ma ha pagato molto cara la sua “giovinezza” ed un eccesso di burocratismo “bulgaro” nella scelta delle candidature. Il “popolo delle primarie”, infatti vuol contare, e se la nomenklatura prova metterlo da parte, allora o non andrà a votare o trasformerà le urne in primarie, anche fino all’estremo, basti pensare a cosa è accaduto a Roma nei quartieri tra i più a sinistra dell’urbe, come il Quadraro, la Garbatella o Cinecittà, dove 60-70mila cittadini (i tre quartieri insieme fanno gli abitanti dell’Umbria) hanno votato massicciamente PD alle politiche e alla provincia e altrettanto risolutamente scheda bianca o addirittura per la destra alle comunali.
Ma le ragioni della sconfitta sono anche nell’incapacità di leggere la trasformazione avvenuta in questi anni. L’elettorato ha mostrato con decisione tutta la profondità del cambiamento socio-economico e culturale che lo ha investito. Una trasformazione, anche solo rispetto al 2006, rilevante e articolata, come al solito interpretabile da diversi punti di vista, non tutti rassicuranti per un liberal come chi scrive (tra l’altro un liberal ossessionato dai ricorsi storici, giacché come diceva Mark Twain: la storia non si ripete, ma spesso si assomiglia).
L’Italia è cambiata infatti nella sua struttura e composizione sociale:

  • il lungo declino economico del paese che si è trasformato ormai in stagnazione vera e propria ha ridotto e di molto il peso dei ceti medi, ormai minoranza nella società ex-opulenta;
  • la perdita di peso dei ceti medi è sia verso l’alto, ma soprattutto verso il basso, ormai ne parliamo da tempo, la diminuzione del potere d’acquisto e quindi la contrazione del reddito disponibile reale (cioè quello misurabile in beni effettivi acquisibili non quello nominale in soldi) ha spinto molta parte dei ceti intermedi verso situazioni vicine all’indigenza (per carità una soglia moderna, non è fame, ma è di certo rinuncia).
    E’ cambiata nella psicologia di massa:
  • ancora una volta la “ploretarizzazione” dei ceti medi e la paura della miseria li ha spinti a destra, non a sinistra;
  • la paura della povertà, la più grande delle “insicurezze”, prende vari aspetti e prima o poi diventa richiesta di “protezione”, più che di sicurezze varie;
  • persino la mistica popolare suscitata anche con liturgie laiche (non importa se ora sembrino strampalate) da certe forze politiche, non a caso vincenti, ricorda la costruzione dell’idea di “volontà generale”, a sua volta cemento della “nuova” riaggregazione popolare, protettiva appunto perché contro il caos propone un nuovo ordine per un nuovo popolo (… la folla incomposta del "popolo" divenne, grazie a una mistica nazionale, un movimento di massa concorde nella fede dell'unità popolare… George Mosse).
    Il centrosinistra si è fatto cogliere impreparato o forse non è ancora attrezzato per intercettare questa domanda disperata e la sinistra antagonista, ancora saldamene legata a schemi interpretativi di stampo marxista-leninista, non è mai stata in grado di capirlo questo complesso fenomeno. E’ stato così nel 1919-1921 in Italia, è stato così solo un po’ più tardi durante la crisi economica della repubblica di Weimar in Germania.
    Anche i vincitori dovranno riflettere su questi cambiamenti, perché è a loro che gli italiani stanno chiedendo protezione Si tratterà di capire bene come rispondere, perché ci sono anche gli italiani che non hanno affatto chiesto questo, bensì sviluppo, apertura, giustizia e libertà.

Massimo Paoli

1 commento:

Anonimo ha detto...

approvo e apprezzo la disamina vista da una lente di grande conoscenza dei fenomeni sociali.
al giorno d'oggi il livello di cultura generale è indubbiamente cresciuto,nonostante i fenomeni riconducibili a vanna marchi e alla costellazione di sedicenti maghi.
però la ormai risaputa proprietà dei mezzi di comunicazione di massa devianti e di pessima qualità,nelle mani di B. permette di condizionare,con messaggi semplici ed efficaci,talvolta dozzinali,l'opinione di tanti cittadini.
sicuramente i migliori intelletti sono riconducibili all'alveo del Centro sinistra però, la capacità di analisi, a volte buona,finisce con lo spegnersi nella speculazione più o meno filosofica e nell'autoreferenzialità.
di conseguenza i destinatari spesso non riescono a recepire o addirittura sono annoiati, ancor prima di finire una lettura o un ascolto.
dobbiamo avere la capacità di semplificare certi messaggi e renderli fruibili attraverso le nuove tecnologie ad un numero maggiore di persone.
la mancata risoluzione del conflitto d'interessi pone innanzi a noi problemi che forse sarebbero già in parte risolti.
purtroppo anche la compagine amica si è nutrita di antiberlusconismo,nell'incapacità reale spesso voluta, di lanciare una vera contro offensiva culturale e programmatica,nonostante la parziale attenuante delle fibrillazioni impresse dalle prepotenti contraddizioni di una globalizzazione anarco capitalista,cavalcata con acume anche dall'avanzante capitalismo di stato.
si è rimasti soavemente impantanati in un simulacro di società civile, retta da istituzioni democratiche perchè faceva comodo a tanti.
dobbiamo ringraziare veltroni che come dice il prof. ha rivoluzionato il quadro.
noi e solo noi, abbiamo la capacità,non per derivazione messianica,di risollevare il nostro paese ricreando un collante sociale legato ad una autoidentificazione collettiva, basata sui valori appunto di vera libertà,giustizia,etica della coerenza,sviluppo sostenibile,che faccia da contraltare ad un pervasivo nazionalpopulismo e territorial pseudosecessionismo populistico alimentato da coloro che poi risultano gli offerenti di una protezione che scaturisce in parte da una insicurezza più percepita che reale.
la certezza della pena deve valere per tutti indistintamente,a prescindere da razze o etnie.
grazie per lo stimolante contributo.massimiliano cavaliere