Il Sole 24 Ore del 24 maggio 2007, pag. 12
Piero Ignazi
C’è aria di rivolta contro i politici e la politica? È alle viste una crisi politica come quella di Tangentopoli? Gli allarmi di questi giorni meritano la risposta che diede Mark Twain leggendo il suo necrologio: una notizia un po' esagerata. Non per negare la realtà di un sentimento diffuso di insoddisfazione, quanto perché esso si esprime attraverso varie modalità che è opportuno distinguere.
Il rapporto tra i cittadini e la politica si articola in almeno tre dimensioni diverse. Quella della relazione con il regime politico nel suo complesso, nelle sue caratteristiche di fondo (nel nostro caso, la democrazia), che può essere di accettazione oppure di rifiuto. Quella della relazione con il funzionamento del regime politico o del governo in carica, vale a dire se il regime in quanto tale o lo specifico governo al potere producono politiche che soddisfano le domande e le aspettative dei cittadini. Quella della relazione con le istituzioni e, soprattutto, con gli attori politici, in primis partiti e uomini politici.
In tutto il mondo la prima dimensione del rapporto cittadini-politica non desta ormai alcuna preoccupazione: la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica ritiene che la democrazia rappresentativa sia il migliore dei sistemi politici possibili. Nella vecchia Unione Europea a 15, questa percentuale supera il 90%, e l'Italia non fa eccezione. La democrazia ha conquistato cuori e menti degli europei, e non solo.
Del tutto diverse sono le valutazioni quando si passa a verificare qual è il grado di soddisfazione per il funzionamento del regime politico e per le politiche del governo. In questa dimensione le critiche sono molto più numerose, anche nelle democrazie consolidate. Qui si misura il grado di "scontento" politico dell'opinione pubblica, quella sorta di frustrazione che affiora quando c'è uno scarto tra le aspettative e la realtà dei fatti. Pur con fluttuazioni dovute ai cicli economici, negli ultimi vent'anni si è assistito a un progressivo declino della soddisfazione dei cittadini europei. In Italia abbiamo raggiunto il fondo negli anni Novanta in coincidenza con Tangentopoli e, da allora, ci siamo un po' ripresi: adesso non siamo molto distanti dalla media europea che si è assestata su un 55% di soddisfatti. Il grado di maggiore o minore soddisfazione è connesso con le preferenze politiche. I cittadini che si identificano con i partiti di opposizione tendono ad essere ben più critici di quelli che sostengono i partiti di governo. Solo negli ultimi anni sono aumentati gli scontenti anche nei propri rispettivi campi, sia durante l'ultima fase del governo Berlusconi, che, ancora più, nei primi passi del governo Prodi. Un atteggiamento che può essere interpretato come un segno positivo, di laicizzazione della politica e di libertà di giudizio, o, invece, come un segno negativo di ulteriore distacco, prodotto dall’incapacità di soddisfare le aspettative persino dei propri elettori.
Vi è infine una terza dimensione, quella del rapporto cittadini-politica (e partiti), richiamata in questi giorni da vari commenti. Questa rileva la "disaffezione politica", il sentimento di sfiducia e lontananza della politica. Espressioni tipiche di questo atteggiamento suonano così: i partiti sono tutti uguali, gli uomini politici pensano solo ai proprio interessi, non si capisce mai nulla di quello che dicono, la politica fa schifo, e così via. Il numero di coloro che si riconoscono in queste espressioni, nonostante il maggior livello generalizzato di istruzione e di "competenza politica", è in aumento, in Gran Bretagna e in Francia come in Italia. Ma il nostro livello di disaffezione, come dimostrano le ricerche condotte in questi anni da Giacomo Sani e Paolo Segatti, continua ad essere superiore a quello degli altri paesi: era già alto negli anni Settanta, è ancora più alto oggi. Abbia-mo una febbre più alta rispetto agli altri paesi, e ce l'abbiamo da molto più tempo. Questa febbre può aver minato la nostra salute democratica.
È presto per stendere un necrologio, ma la percezione che i politici siano una casta di privilegiati grazie alle risorse che i partiti drenano dall'erario pubblico si sta diffondendo sempre più. Erodendo la legittimità dei partiti. E suscitando sentimenti di "rabbia" più che di "apatia" in una quantità mai segnalata prima. L'early warning ai partiti italiani è stato inviato da un bel pezzo. Vediamo le reazioni.
domenica 27 maggio 2007
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