da Corriere della Sera del 28 maggio 2007
di Michele Salvati
L’idea — quella del Partito democratico — era buona e continua ad esserlo. Non si può dire però che vengano trascurate anche le più piccole occasioni per comprometterne il fascino o la stessa credibilità. L'ultima poi non era così piccola: si trattava di costituire un comitato il quale affrontasse i numerosi problemi politici e organizzativi che devono essere risolti affinchè vada a buon fine la fase costituente, quella che dovrebbe condurre alla festa democratica del 14 ottobre: l'elezione dei delegati all'assemblea costituente. Ne abbiamo visto l'esito: un comitato troppo numeroso per essere operativo e allo stesso tempo troppo piccolo e sbilenco per essere rappresentativo, per evitare le recriminazioni e le polemiche che ci sono inevitabilmente state.
Cosa fatta, capo ha. Veniamo al punto cruciale, quello sul quale si gioca l'intera credibilità politica della fase costituente e dunque dello stesso Partito democratico. Le primarie del 14 ottobre saranno una cosa molto diversa da quelle che si tennero due anni fa nella stessa data e registrarono l'incredibile partecipazione di più di quattro milioni di persone. In quell’occasione l'intero popolo del centrosinistra, alla vigilia di una scadenza elettorale vissuta come decisiva, partecipò in massa per mandare un semplice messaggio: il candidato premier è Romano Prodi, state tutti uniti e sconfiggete il centrodestra. Le primarie del prossimo ottobre assomiglieranno assai di più ad un congresso all'aria aperta. Non ci sarà una scadenza elettorale imminente, non parteciperà l'intero popolo del centrosinistra ma solo quella parte che si identifica col progetto del partito democratico, il governo non sta vivendo un momento esaltante e le polemiche tra i diversi ingredienti del futuro partito — laici e cattolici, liberali e socialdemocratici «tradizionali» — non sembrano attenuarsi. Motivare una gran massa di persone a recarsi ai gazebo, a iscriversi e a votare non sarà facile. E senza una partecipazione massiccia, nettamente superiore alla sommadegli iscritti ai due principali partiti, il partito democratico nascerà male.
In queste condizioni, com'è possibile motivare alla partecipazione un gran numero di persone? Lo sa anche un bambino: convincerle che il loro voto conta. Conta nel definire l'indirizzo politico del partito. Conta soprattutto nell'identificarne i supremi dirigenti, le persone che guideranno il partito. Ed è questo secondo aspetto, l'aspetto personale, quello che ha l'impatto maggiore in termini di motivazione, quello che avvicina un congresso all'aria aperta ad una elezione primaria. È quindi essenziale che si confrontino —a livello locale, ma con apparentamenti a livello regionale e nazionale — liste diverse, ognuna con i suoi candidati al congresso e possibilmente con leader di riferimento nazionali, e che costoro si mettano tutti in gioco, dopo una campagna elettorale che faccia capire ai potenziali votanti quali sono le loro posizioni sui principali problemi che il partito dovrà affrontare. Ovviamente non saranno posizioni radicalmente diverse, altrimenti non starebbero nello stesso partito. Ma saranno diverse quanto basta per consentire ai votanti di scegliere.
Se i votanti sceglieranno tra persone, non potrebbe da subito scapparci fuori il «leader» — chessò —, il primo firmatario della lista più votata? Oppure, come mi sembra sostenere Franceschini, con una apposita votazione in parallelo? Forse, per stimolare la partecipazione, è sufficiente la concorrenza tra diverse liste e diverse personalità, e lasciare poi al congresso l'elezione degli organi dirigenti. Ma, a meno di non voler prendere in giro i votanti, mi sembra difficile che il loro voto sia senza conseguenze: se saranno i delegati al congresso a eleggere questi organi, riemergeranno i consensi espressi nelle primarie e questi influiranno sulla scelta del leader, o segretario del partito, o come si chiamerà. Ma dovrebbe essere chiaro che gli organi dirigenti eletti da questo congresso hanno il compito di organizzare il neonato partito e che il leader eletto da questo congresso — se non direttamente nei gazebo — sarà il candidato premier nelle future elezioni politiche. Altrimenti, perché andare a votare?
lunedì 28 maggio 2007
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