martedì 22 maggio 2007

Vannino Chiti: "Una Camera, via 300 seggi e meno poltrone nei Comuni"

MARTEDÌ, 22 MAGGIO 2007
tagli a consigli e authority Dopo i manager pubblici ci vuole un tetto anche agli stipendi delle Authority e presenteremo un ddl per tagliare del 25% i consiglieri comunali e provinciali, come proposto dalla stessa Anci
rivedere le indennità Parlamentari, sindaci, consiglieri dovrebbero percepire una sola indennità, non 3 o 4. E va posto un limite, stabilendo se un deputato deve guadagnare quanto il sindaco di Milano o Roma

LAVINIA RIVARA
ROMA - Due italiani su tre, secondo la ricerca di Ilvo Diamanti, non hanno fiducia nella classe politica, Prodi e Napolitano puntano il dito contro il Parlamento, D´Alema lancia l´allarme sul rischio di una crisi simile a quella degli anni ‘90, Bertinotti dice che ci siamo già dentro e accusa un bicameralismo ormai «ridondante». Vannino Chiti, ministro ds delle Riforme e dei rapporti col Parlamento è, per il ruolo che ricopre, al centro di questo conflitto. E a lui, che si dice «d´accordo con D´Alema», chiediamo allora come se ne esce. «Serve una risposta forte, anzi più di una. Dobbiamo essere in grado - afferma - di superare definitivamente il sentimento dell´antipolitica».Da dove si comincia?«Dalla riforma delle riforme, il superamento del bicameralismo paritario. Perché qui Bertinotti ha ragione. L´Italia è l´unico paese tra le grandi democrazie occidentali in cui permane questo sistema. In Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, la Camera politica è una sola. Noi dobbiamo trasformare il nostro Senato in una sorta di Bundesrat, dove siedano Regioni, sindaci di città capoluogo, presidenti di provincia. Così il sistema legislativo sarebbe molto più efficiente e taglieremmo oltre 300 parlamentari. Questo, prima ancora della riforma elettorale, è il problema principale che oggi ci troviamo di fronte, come ho sostenuto anche in Parlamento».Ministro, non si capisce però come mai, pur essendoci una larga convergenza sul superamento del bicameralismo (tanto che anche il centrodestra lo aveva inserito nella sua riforma costituzionale), la legge non riesce a decollare. Non sarà che la voglia di conservare il seggio parlamentare prevale sempre sull´interesse generale?«Guardi, la riforma si può fare in due anni. Entro la fine del 2007 la prima commissione della Camera deve presentare la sua proposta, ma è chiaro che se non c´è una intesa tra i partiti si rischia di fallire».E allora?«Allora il centrosinistra deve dire con forza che questa è la strada da percorrere, chiedendo alla Cdl un patto di fronte al Paese. È quello che io e Prodi abbiamo cercato di costruire negli incontri con i partiti. La verità è che l´opposizione teme che impegnandosi assicurerebbe al governo almeno altri due anni di vita. E non vuole fargli questo piacere. Per questo la speranza è che salga una spinta dal Paese».C´è anche un problema di produttività e di privilegi. Il presidente della Repubblica Napolitano ha chiesto alle Camere di lavorare di più. Non è assurdo che oggi un deputato stia a Montecitorio meno di tre giorni a settimana?«Va cercato un equilibrio tra il necessario rapporto con il territorio e la presenza nell´istituzione. Tempo fa era stata avanzata la proposta, mai messa in pratica, di concentrare i lavori parlamentari in tre settimane al mese, lavorando dal lunedì al venerdì, e di lasciare la quarta per i rapporti col territorio. E poi c´è il problema dei regolamenti. Credo che Bertinotti dica che la loro revisione potrà entrare in vigore solo nella prossima legislatura semplicemente perché il centrodestra si oppone ad una applicazione immediata. Ma è chiaro che ha ragione Vincenzo Visco: in un Parlamento moderno si lavora molto in commissione, non concentrando tutto in aula, come avviene in Italia».E le retribuzioni?«Occorre più trasparenza: i parlamentari, così come i sindaci, i consiglieri regionali, eccetera, dovrebbero percepire un´unica indennità, e non tre o quattro come avviene ora. E va posto un tetto, stabilendo, per esempio, se un deputato deve guadagnare quanto il sindaco di Milano o di Roma o no. Infine i privilegi: un parlamentare quando va allo stadio, al cinema, o a teatro, non lo fa in nome della sua funzione, ma come semplice cittadino. So bene che molti non le usano, ma sarebbe ora di abolire le varie tessere per gli ingressi gratuiti. Infine c´è la questione del vitalizio su cui ha presentato una proposta condivisibile il senatore Bobba: sistema contributivo, in pensione non prima dei 65 anni, tassa di solidarietà del 4% a carico di chi già riceve il vitalizio».Il governo però non può nulla in questo campo.«Naturalmente, su questi temi decidono autonomamente le Camere e gli enti locali. A Montecitorio è stata avviata una indagine conoscitiva sui costi della politica. Mi auguro che si concluda velocemente e che l´Unione proponga queste modifiche, perché credo che chi rappresenta i cittadini ha la responsabilità di un esempio di sobrietà».Il governo però può agire in altri settori. Intende farlo? E come?«Abbiamo già ridotto di un terzo l´indennità di ministri e sottosegretari e abolito qualche centinaia di commissioni. E nella finanziaria abbiamo inserito un tetto agli stipendi dei manager pubblici. Ma non basta. Presenteremo un disegno di legge che recepirà la proposta di Comuni e Province per diminuire del 25 per cento il numero dei consiglieri comunali e provinciali e far sì che le comunità montane non siano più enti autonomi (con tanto di consigli e giunte), ma solo associazioni di comuni, ed effettivamente di montagna. Inoltre ritengo che il tetto alle retribuzioni vada previsto anche per tutte le Authority. Infine vogliamo chiedere a quelle Regioni che hanno aumentato nel 2005 il numero dei consiglieri, di riportarlo per le elezioni del 2010 alla quota precedente». Per molti l´attuale legge elettorale è responsabile del distacco dei cittadini dalla politica. Lei ha presentato una bozza di riforma criticata da più parti, ultimo il governatore del Friuli, Illy.«Io sostengo che per avvicinare i cittadini alla politica bisogna innanzitutto che la legge elettorale favorisca la presenza delle donne. Poi, sul versante tecnico, ci sono due strade: la preferenza (osteggiata da molti partiti) o il collegio uninominale, che può vivere anche in un sistema proporzionale con sbarramento. Ora Fini indica una soglia del 3-4 per cento. Sarebbe già il doppio dello sbarramento in vigore oggi».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Daniela,
si dice che i partiti non hanno la fiducia della gente?
Se continua come é cominciata non l'avrà neanche il PD: ma l'hai visto il comitato dei 45 sagggi?
Tanti auguri a Paola Caporossi, ma si trova in mezzo ad un gruppo composto per l'80% da ministri, parlamentari e politici di professione. Età media da far impallidire Matusalemme. Donne poche.
Vai così, che andiamo bene...