Quando, nei mesi trascorsi, mi è capitato di esprimere le mie idee sul Partito Democratico, ho avvertito una certa sorpresa nel momento in cui sostenevo che il PD sarebbe potuto diventare la casa di tutto il centro sinistra.
Lo capisco, perché il dibattito locale e nei partiti, al massimo, si è occupato di strologare sul tasso di moderazione o di sinistrismo del PD.
L’articolo di Andreatta, pubblicato sul Corriere della Sera di martedì 15 maggio, propone la stessa visione.
Va considerato che Andreatta non è un uomo di sinistra, ma non è neppure un moderato o un opportunista, altrimenti, starebbe comodo alla corte di Mastella o di Rutelli. Invece è solo uno che guarda avanti, non per finta o per moda, ma nell’interesse dell’Italia e immagina un sistema politico tendenzialmente bipartitico.
I piccoli partiti del centrosinistra sono, spesso, dal punto di vista oggettivo, partiti dei leaders, attori di modesti ricatti e condizionamenti e ciò è negativo per una democrazia matura.
Ma, dal punto di vista soggettivo, dei soggetti che li compongono, la faccenda è forse ancora più negativa, perché questi piccoli contenitori sono delle gabbie riduttive ed, al limite, umilianti: l’idea dell’ecologia come fattore regolativo dello sviluppo può essere ridotta a valere il 2%?
Il valore dello stato laico sta nel 2% della Rosa nel pugno?
E si potrebbe continuare per quelle forze che propongono il valore del lavoro e della giustizia sociale.
In un contenitore grande invece, non si possono porre argini al confronto tra le idee che, magari in modo tortuoso, possono davvero interagire tra loro.
Per questo un grande partito può essere più moderno di una frammentazione di piccoli partiti:perché restituisce cittadinanza e agibilità alle idee politiche che possono meglio sprigionare i loro reali valori intrinseci.
So bene che questa riflessione è molto lontana dall’attuale dibattito politico, ma questo è solo la conferma che il dibattito politico è intrigato da riferimenti anacronistici.
Claudio Frontera
mercoledì 16 maggio 2007
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