L'Unità
24 maggio 2007
Umberto De Giovannangeli
Piacevolmente sorpresa. Fortemente motivata dall’essere chiamata a far parte delle 45 personalità del Comitato promotore del Partito Democratico. Tullia Zevi, ex presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, intellettuale di punta dell’ebrai-smo italiano ed europeo, confida a l’Unità lo spirito e le idee con le quali affronta questa nuova «avventura».Signora Zevi, cosa rappresenta per lei questa «avventura» del Partito Democratico? «È una avventura a cui guardo con un certo ottimismo e con un po’ di speranza. E con una disponibilità a collaborare, perché mi pare che sia molto importante ciò a cui si intende dar vita».Si è detto che il Pd potrebbe essere un elemento di novità in una politica italiana da tempo «ingessata».«Questo partito è tutto da inventare, e ciò dà il senso della difficoltà ma anche del fascino di questa “avventura”. Bisogna veramente dargli uno scheletro e una articolazione, stimolandone gli apporti per arricchirne i contenuti».Partendo dalla esperienza che l’ha caratterizzata come intellettuale ed esponente storica dell’ebraismo italiano, quale contributo potrebbe venire da questo suo originale percorso? «Io penso che il fatto di appartenere ad una minoranza, di avere sempre cercato di esporre e di tutelare i diritti delle minoranze, possa determinare una certa attenzione nel partito nuovo che si vuol costruire, a problemi che vanno certamente sostenuti, sollevati, discussi e ampliati: mi riferisco al tema del pluralismo, sviluppandolo in modo articolato e dinamico».Uno dei tratti caratterizzanti della sua esperienza è stato quello di lavorare per il dialogo multiculturale. In nome di una laicità...». «È un punto importante, qualificante nel patrimonio identitario del Partito Democratico. Per essere davvero dialogante la piattaforma deve per forza essere laica, laicamente asettica in modo da dare libero gioco a tutte le tendenze, a tutti gli orientamenti e posizioni. Bisogna che vi sia una struttura dialogica fertile, aperta».Nel Comitato promotore vi è una presenza significativa della componente femminile. Ma al di là della presenza numerica, quanto dovrebbe pesare il punto di vista femminile nel nascente Pd? «Invece di dire solo l’elemento femminile, parlerei del punto di vista femminile come parte fondamentale di quel pluralismo che il partito nuovo dovrebbe esaltare».Dal punto di vista dell’apertura verso la società civile...». «È un altro aspetto di fondamentale importanza. Occorre aprirsi a tutte le voci in cui si articola la società civile, maggioranze e minoranze, un gioco delicatissimo in un Paese democratico, il rispetto reciproco, il reciproco riconoscimento, l’interesse comune...Questa è la dinamica della democrazia che andrebbe difesa e rafforzata».Lei ha vissuto molti anni negli Stati Uniti. Quando si parla di Partito Democratico, è inevitabile guardare oltre oceano, all’esperienza americana».«Il Partito Democratico è un “macigno” nella civitas americana; in Italia, il Partito Democratico va “inventato” e non mutuato da altre esperienze. La democrazia americana sulla simbiosi, sintesi e antitesi tra Democratici e Repubblicani. Non so se è questo che ci auguriamo in Italia».Signora Zevi, cosa potrebbe rappresentare, in termini di valori ma anche di politiche, il nascente Partito Democratico per l’ebraismo italiano? «Lo strumento per valorizzare il contributo, l’importanza in un Paese che nella sua stragrande maggioranza è cattolico, delle minoranze, per arricchire una società, aperta, multiculturale. Il partito a cui guardo, per il quale intendo impegnarmi, deve “servire” a sviluppare il dialogo in un ambito ampio e multiculturale. Un partito che non si fermi alla difesa della cultura della tolleranza, ma contribuisca a far vivere nella società una cultura della valorizzazione delle diversità».
domenica 27 maggio 2007
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