giovedì 28 giugno 2007

"Fare un'Italia nuova" la sfida di Veltroni per il Pd Il discorso di Walter Veltroni al Lingotto di Torino

Comincia così, al Lingotto di Torino, l'atteso discorso di Walter Veltroni. In una sala gremita, caratterizzata dal colore verde e dalla gigantografia di una moderna città ideale, il sindaco di Roma scioglie le riserve per proporsi alla guida del nuovo Partito democratico. "Il Pd è il partito che dovrà dare una spallata ai conservatorismi di destra e di sinistra. Il Pd nasce per unire gli italiani, ciò che oggi viene contrapposto: nord e sud, giovani e anziani, lavoratori autonomi e dipendenti Unire nord e sud. Ridare speranza ai nuovo italiani, per la prima volta convinti, dal dopoguerra, che il futuro faccia paura. Il Partito democratico - ha proseguito - nasce per quei milioni di italiani che credono nell'innovazione, nel merito. Quei milioni di italiani che spesso trovano la politica chiusa. Il Pd, proseguie Veltroni, sarà "una forza riformista che l'Italia non ha mai avuto. Sarà il partito del nuovo millennio e della libertà, che sfiderà i conservatorismi di destra e di sinistra. Un'esperienza decisiva, resa possibile dalla confluenza di grandi storie politiche che hanno restituito la libertà e hanno consentito all'Italia di crescere nella democrazia".
C'è un passato del Pd che affonda le sue radici nella nostra storia politica: "quelle formazioni che hanno fatto crescere l'Italia e gli italiani. Quanta strada da quando de Gasperi alla conferenza di Parigi diceva 'tutto, tranne la vostra personale cortesia è contro di me'". Ora però il Paese ha bisogno di un partito nuovo, "un partito del nuovo millennio, una forza libera che non nasce dal nulla e insieme un partito tutto nuovo. Un partito per il quale ha speso tutta la sua energia il fondatore dell'Ulivo Romano Prodi. Il Partito democratico è il partito a cui ha pensato e lavorato e al quale si è speso con coerenza e determinazione Romano Prodi al quale va il mio grazie".Innovazione, talento, merito sono parole ricorrenti nel discorso del futuro leader del nuovo partito. l suo discorso è dedicato a quei "milioni di italiani che hanno voglia di fare qualcosa per il loro paese ma spesso trovano una politica chiusa e che se si imbattano in una forza politica, trovano correnti non idee". Veltroni convince la platea che applaude interrompendo più volte il discorso. "Il 14 ottobre, sono sicuro, nasce una forza nuova che permette a chi ci crede contemporaneamente di iscriversi e candidarsi". Non è mai stato così e il sindaco di Roma che è stato anche alla guida dei Ds non dimentica di sottolinearlo: "Di solito un partito nasce da scissioni o da proiezioni di leader carismativci. Non sarà così, per questo abbiamo voluto il principio una testa un voto. Ds e margherita e per primi Fassino e Rutelli che hanno saputo guidare i due partiti all'appuntamento decisivo, hanno avuto il merito di cogliere l'occasione, il coraggio di accettare la sfida e mettere in gioco se stessi con generosità che non ha precedenti".
"Il mio pensiero - dice Veltroni - è rivolto al coraggio e alla passione di tanti italiani".Il lavoro è uno dei cardini del discorso. "E' la precarietà quella che noi dobbiamo combattere. In un tempo fantastico della loro vita ai giovani viene chiesto solo di aspettare. La vita non può essere saltuaria, non può essere part-time. Spetta alla comunità rendere certo l'incerto. È la lotta alla precarietà è la grande frontiera attuale che il Pd ha davanti a sè. Parlo non da uomo politico o di parte, ma da italiano che ama il suo Paese e che mette il bene di tutti prima di ogni particolarismo e vedo anche sengi di preoccupazione. Vedo la tendenza all' illegalità diffusa, a difendere con i denti i grandi e piccoli privilegi. E vedo crescere uno stato d'animo di malessere, di stanchezza e pessimismo. Questi sono segni di un declino mentre l'Italia ha bisogno di crescita".
Loda il governo di Prodi: dal futuro Partito democratico arriverà il "pieno, deciso e coerente sostegno"; guarda alla politica estera: "Bisogna combattere il vento dell'euroscetticismo".Poi indica le priorità, quattro in tutto, per il futuro dell'Italia: ambiente, un nuovo patto tra le generazioni, la formazione e la sicurezza.
AMBIENTE. Un ampio capitolo è dedicato all'impegno per l'ambiente. Si parte dalla Tav. "Non si può dire no all'alta velocità se l'alternativa è il traffico che inquina e la qualità della vita che peggiora. Non si può dire no ad un ciclo moderno di smaltimento dei rifiuti e lasciare come unica alternativa le discariche a cielo aperto. Noi pensiamo all'ambientalismo del sì".
PATTO TRA LE GENERAZIONI. Il Partito democratico che vorrei deve lavorare al buon esito del confronto in corso sull'ammorbidimento dello scalone. Il Pd lavora al buon esito dell'ammorbidimento dello scalone su cui il governo è impegnato, ma al tempo stesso il Pd si concentri sui fattori di disagio e disuguaglianza a partire dalle vittime del mancato adeguamento dello Stato sociale come le persone anziane e non autosufficienti. Il sindacato non deve tutelare solo i pensionati o coloro che hanno già un posto di lavoro, ma deve saper tutelare anche i giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro. Una politica finanziaria rigorosa non è figlia delle ideologie ma della necessità di abbattere il debito pubblico. Voglio un Partito Democratico che in tema di lotta all'evasione fiscale bandisca ogni pregiudizio classista. Un Pd che consideri egualmente esecrabile l'imprenditore che evade, l'impiegato nella pubblica amministrazione che non fa il suo dovere, chi utilizza lavoro nero: sono tutti egualmente esecrabili. Un nuovo patto fiscale, che sintetizza nello slogan: pagare meno, pagare tutti. "Il funzionamento del mercato finanziario è condizione essenziale per lo sviluppo. Per questo - argomenta - il prelievo fiscale sulle rendite non può essere incompatibile con quello delle aree di riferimento. Dobbiamo armonizzare le aliquote sul prelievo".
FORMAZIONE. Capitolo a parte per "l'abisso di dispari opportunità" e "l'immobilismo sociale" che "entro 10 anni si deve ridurre del 30%, facendo ripartire quella mobilità sociale" di cui la società ha bisogno e di cui i primi a soffrirne l'assenza sono "i ragazzi", che vivono un vita segnata da un "orologio sociale sfasato". "Perché mai oggi un ragazzo non deve avere le stesse opportunità dei suoi coetanei inglesi?". Perciò, dice: "Abbiamo bisogno di un piano nazionale per la scuola e per l'università e di dare garanzie ai giovani che dopo l'università abbiano una prima forma di lavoro con degli stages, premiando i più meritevoli. Non è accettabile che i diplomati siano il 37,5% e i laureati solo il 12%".
SICUREZZA. La sicurezza è un diritto fondamentale che non ha colore politico e chi governa deve fare di tutto per garantirlo. Nel suo intervento al Lingotto Walter Veltroni sostiene la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini. Per Veltroni bisogna accogliere gli immigrati che vengono in Italia per integrarsi e lavorare, ma "vanno garantiti alla giustizia gli extracomunitari che commettono reati". E, soprattutto, "ci vogliono più forze di sicurezza sul territorio in modo che i cittadini onesti possano avvertirne la presenza sul territorio".
"La legge elettorale deve essere cambiata - dice Veltroni - La nuova legge è "urgente e necessaria". Chi pensa a nuove elezioni è "irresponsabile". "Se non c'è la riforma si faccia il referendum". Una riforma che va fatta, comunque, "con un ampio accordo in Parlamento ma se il Parlamento non riesce il referendum spingerà verso la definizione di un nuovo sistema". Per Veltroni, che ha elogiato "il modello istituzionale perfetto", quello francese, "bisogna trovare un meccanismo che garantisca quattro obiettivi: impedire la frammentazione dei partiti, garantire la stabilità di legislatura, la rappresentatività del pluralismo e permettere ai cittadini di scegliere chi li rappresenta". "La politica deve essere contrapposizione aperta e netta - aggiunge - ma c'é un confine di sobrietà e rispetto per i cittadini oltre al quale non ci si può spingere: non si possono smantellare tutte le leggi ad ogni legislatura. Voltiamo pagina, gettiamoci alle spalle un modo di intendere i rapporti tra maggioranza e opposizione che non porta a niente".Da noi tutto è frammentazione e la legge elettorale attuale ha favorito l'ingovernabilità. Ma la democrazia è decisione, certo è ascolto e ascolto ma alla fine è decisione". Non è possibile - sostiene Veltroni - che un senatore possa avere nelle sue mani il destino dell'intera legislatura. Non è possibile che il suo voto conti più del voto di milioni di persone".
Il riferimento a Berlusconi arriva quasi alla fine: "Fa sorridere amaramente che chi ha governato l'Italia per complessivi sei anni, cavalchi il populismo e l'antipolitica, che si comporti come un passante qualsiasi, facendo finta di non esserci mai stato". Poi l'invito: "Dobbiamo farla finita con scontri feroci e veleni. E' il Paese a chiedercelo perché non ne può più".
Continuerò a fare il sindaco - dice in un passaggio del suo discorso - non posso venir meno al patto con i cittadini.
Veltroni sottolinea "la necessità di difendere la laicità dello Stato". Bisogna cercare un punto di confronto tra chi ha convincimenti diversi. Tra integralismo religioso e laicismo esasperato la risposta è nella sintesi, nel punto di equilibrio tra le scelte religiose delle persone e la laicità dello Stato, che ognuno è tenuto a rispettare perché salvaguardata dalla nostra Costituzione".Quanto poi ai Dico, "Anche in Italia è necessario riconoscere i diritti delle persone che si amano e che convivono". Ma solo "uno stato semplice, on barocco, è uno stato moderno". Perché, si chiede Veltroni "quando in Germania ci sono 577 parlamentari, in Italia abbiamo mille tra deputati e senatori? Perché una legge deve passare, a volte anche due volte, per Senato e Camera per essere approvata? Perché il presidente del Consiglio non può proporre la nomina e la revoca dei ministri? Perché dopo tutta la discussione in commissione non approvare la Finanziaria senza sottoporci allo stillicidio degli emendamenti particolaristici in Aula?".
DONNE. "Un partito moderno non può dirsi tale se non è composto per metà da donne", dice Veltroni, che poi offre un consiglio al comitato promotore del Pd, chiedendo per il prossimo 14 ottobre che le "liste abbiano alternanza di genere anche tra i capolista e liste che non siano solo espressione dei singoli partiti che hanno accettato la sfida". "Bisogna fare l'ultimo miglio, bisogna unirsi. Il Pd non sarà un partito di ex: sarà il partito dei democratici"
LA CANDIDATURA. Attorno al mio nome si è registrato un consenso molto ampio, in primo luogo è un segno della generosità altrui ma anche il riconoscimento per la mia coerenza verso l'Ulivo in questi anni. Per me è un grande onore e una responsabilità. La politica - afferma Veltroni - non è una passeggiata solitaria ma un meraviglioso viaggio collettivo e vorrei che questa volta lo facessimo in allegria. L'associazionismo è una delle forme più alte di politica".
LA GRANDE CASA. Dobbiamo costruire una grande casa dei democratici e dei socialisti, dice Veltroi parlando al Lingotto della collocazione internazionale del Pd. "Non si può pensare a una grande aggregazione senza che contenga l'esperienza del socialismo o che non racchiuda l'esperienza del partito democratico degli Stati Uniti o quello indiano". Una 'casa' nella quale "il libero scambio farà sentire ciascuno non una sola cosa, ma più cose insieme, cioé un democratico".
Un discorso di 96 minuti che si chiude sulle note dei Procol Harum, A Whiter Shade of Pale, un successo di 40 anni fa, portato ai vertici delle hit italiane dai Dik Dik con il titolo "Senza luce". Veltroni saluta il pubblico della sala Gialla, poi la folla degli "esclusi", quanti cioè non hanno trovato posto e si sono dovuti accontentare di un maxischermo in un salone adiacente.
Leggi tutto il discorso di Walter Veltroni

mercoledì 27 giugno 2007

Veltroni accetta la sfida: ''Un grande onore e una grande responsabilità''

ADN Kronos -
2 ore, 19 minuti fa
Torino, 27 giu . La sfida è accettata. Il sindaco di Roma Walter Veltroni , dalla Sala Gialla del Lingotto annuncia ufficialmente la sua candidatura alla segreteria del Partito Democratico e delinea la missione del Pd: "Il Partito democratico sarà la grande forza riformista che l'Italia non ha mai avuto". Il Pd "sarà il partito del nuovo millennio della libertà, che sfidera' i conservatorismi di destra e di sinistra". E mettendosi ufficialmente in corsa per la segretaria del partito democratico, spiega: "Per me è un grande onore e una grande responsabilità". "La politica non è una passeggiata solitaria ma è un meraviglioso viaggio collettivo e vorrei che questa volta partisse in allegria, tutti diversi e migliori perché non si comincia un nuovo viaggio portandosi dietro vecchi rancori", aggiunge Veltroni che ringrazia Piero Fassino (presente in sala a Torino) e Francesco Rutelli perché se si é arrivati a questo punto oggi, è grazie al loro lavoro. "Ds e Margherita con coraggio e disinteresse, cosa mai accaduta nella politica italiana, hanno saputo andare oltre se stessi", ha sottolineato, ''ora bisogna fare l'ultimo miglio e incrociare le nostre storie''. Il principio "Una testa un voto per essere tutti alla stessa stregua". Questo principio di "democrazia" è una delle novità del Partito democratico. "Sono convinto - afferma il sindaco di Roma - che il 14 ottobre sarà una giornata importante per la democrazia italiana. Nasce in forma del tutto nuova, un partito nuovo. Non era mai accaduto prima"."Se ci saranno più candidature alla segreteria del Partito democratico sarà certamente un bene". E su questa linea rimarca: ''Altre primarie decideranno il candidato premier del centrosinistra visto che Prodi, con un gesto raro ha già fatto sapere che non si ricandiderà ".dopo Prodi''. Veltroni immagina il Partito democratico come un partito "aperto ai giovani, che dovranno far parte dei gruppi dirigenti, a tutti i cittadini", anche quelli che non hanno una militanza politica. Un partito composto "metà da donne" e su questo punto Veltroni propone che "le liste che saranno collegate ai candidati segretari abbiano un'alternanza di genere anche tra i capolista". Poi Veltroni ringrazia colui che ne è stato il fondatore di questo percorso: "Voglio ringraziare Romano Prodi che di questo progetto è stato il fondatore". Quindi i punti di un preciso discorso applaudito dalla Sala. Tra questi, Fedeltà all'esecutivo - "Il primo compito del Partito democratico - assicura dal palco del Lingotto - sarà un pieno, coerente e deciso sostegno al governo Prodi". Precarietà e crescita - Tra gli obiettivi, Veltroni scandisce: "Dobbiamo combattere la precarietà dei giovani" e far crescere il Paese perche' "l'Italia ha bisogno di crescita e le cifre stanno confortando gli sforzi fatti dal governo Prodi che, nonostante una eredità pesante, in un anno è riuscito a portare avanti un grande risanamento". Pensioni - In un Paese in cui l'età media si allunga serve "un nuovo patto generazionale". Il candidato a segretario del Partito democratico richiama il discorso del governatore di Bankitalia, Mario Draghi, per sottolineare come in un Paese in cui la vita si allunga, la politica deve adeguare i suoi strumenti per garantire a tutti "solidarietà e uguaglianza. Serve - rimarca Veltroni - un rinnovato rapporto di solidarietà tra le generazioni". "Il Pd che vorrei - mette in chiaro il primo cittadino della Capitale - è un partito che lavora per un ammorbidimento dello scalone e al tempo stesso orienti gran parte degli sforzi per colmare le disuguaglianze dovute ad un mancato adeguamento dello stato sociale". Pressione fiscale - "La pressione fiscale complessiva per il Partito democratico deve diminuire o no?". E' la domanda che Veltroni pone all'assemblea del Lingotto. Secondo il sindaco di Roma, quello che è realistico fare, su questo tema, è "una consistente riduzione della pressione fiscale nei prossimi tre anni" grazie al lavoro di risanamento fatto fin qui dall'esecutivo Prodi.''Uno Stato che abbassa gradualmente le aliquote", ne è convinto il leader politico, aumenta il "livello di fedeltà nelle dichiarazioni dei redditi" dei cittadini. Un rapporto di fiducia, quindi, che può portare a far crescere anche in Italia "un clima di condanna sociale nei confronti di chi evade". Sicurezza - "La sicurezza è un diritto fondamentale, non ha colore politico, non è né di destra né di sinistra e chi governa ha il dovere di garantire integrazione e legalità". Scuola e Università - "Serve un piano nazionale per la scuola e l'università", sottolinea Veltroni ricordando con forza il fatto che siano troppo pochi i laureati in Italia e troppo pochi i fondi destinati alla ricerca. Legge elettorale - Una nuova legge elettorale "è urgente e necessaria" e se il Parlamento non riuscirà a farla, allora "si andrà al referendum". Il sindaco di Roma critica fortemente la legge elettorale del centrodestra fatta per aumentare l'ingovernabilità del Paese. "Non è possibile - avverte Veltroni - che un senatore abbia nelle sue mani il destino di una legislatura''.Occorre una nuova legge che abbia, secondo Veltroni, questi 4 capisaldi: "Eliminare frammentazione, stabilità della legislatura, rappresentatività plurale e scelta governo da parte dei cittadini". Verso una politica sobria - "Il potere deve essere sobrio, deve sapere rinunciare più che chiedere. E quando dico questo penso a Massimo D'Antona e a Marco Biagi senza scorta". "Spetterà al Partito democratico - aggiunge Veltroni - una riforma dello statuto della politica, una riforma a favore della politica perché senza di essa c'è solo la scorreria". In questo percorso, Veltroni punta il dito contro i toni alti, anche in Aula e dice: ''Basta, basta con la ferocia dello scontro politico". (Adnkronos) Per ulteriori informazioni visita il sito di Adn Kronos

martedì 26 giugno 2007

Per amore o per forza, tutti con Walter. D'annata,tiepidi,a denti stretti: la mappa toscana dei veltroniani

Il Tirreno
MARTEDÌ, 26 GIUGNO 2007

Una regione trasformista: prima col sindaco di Roma, poi con D’Alema, e ora di nuovo... Ma per qualcuno è anche una bella rivincita

MARIO LANCISI
FIRENZE. L’unica nota davvero fuori dal coro è quella della pratese Ambra Giorgi, presidente della commissione cultura del consiglio regionale: «Veltroni segretario del Pd? Sono per Anna Finocchiaro ma soprattutto stufa che si parli di candidature femminili solo quando si è già votato o quando si tratta di posti che non contano nulla». Ma Giorgi a parte, i diessini toscani applaudono alla candidatura di Walter Veltroni alla guida del Partito democratico, nonostante che la Toscana sia una roccaforte di Massimo D’Alema almeno da dieci anni. Anche se nel 1994, ai tempi della consultazione per la successione di Occhetto, tra Veltroni e D’Alema, la Toscana si schierò con il sindaco di Roma. Fino ad una settimana fa i veltroniani made in Tuscany erano però una razza in via di estinzione. Si contavano sulle dita di una mano: uno, due, tre... Oggi, invece, oplà. Sorride Marco Ruggeri, segretario dei Ds di Livorno, spuntano come funghi dopo le piogge di fine estate. Ma il popolo che si sta formando al seguito di Walter lider maximo del Pd si presenta assai variegato e diversamente motivato. Vediamo. I veltroniani doc. Sono i veltronani della prima ora. Mosche bianche nella Toscana - ora - dalemiana. Come il livornese Claudio Frontera. Quando lasciò la guida della Provincia di Livorno, Veltroni gli mandò un messaggio via tv e non gli ha fatto mancare neppure la prefazione al libro, In poche parole. «Cosa mi aspetto da Walter? Una bella politica. Lui è l’ultima chance che abbiamo», osserva Frontera. Veltroniano della prima ora è sicuramente il pistoiese Agostino Fragai, assessore regionale: «Mi aspetto da Veltroni che spinga su alcuni temi come i valori, la partecipazione democratica e il rinnovamento». Due fiorentini che nel 1994 tifarono Veltroni in una federazione tutta dalemiana furono Simone Siliani, ex presidente del consiglio regionale, e l’attuale consigliere Filippo Fossati. Veltroniani doc sono anche l’ex sindaco di Prato Fabrizio Mattei e di Cavriglia Enzo Brogi, entrambi consiglieri regionali: «Ogni volta che Walter scrive un libro viene a presentarlo a Cavriglia», gongola Brogi. «Io sono più veltroniano di Veltroni», si definisce il lucchese Andrea Tagliasacchi. «Veltroniano convinto», si dichiara anche Giuseppe Del Carlo, segretario dei Ds di Lucca. E anche il capogruppo regionale dei Ds Paolo Cocchi confessa: «Ho forti simpatie per Veltroni». I “tiepidi”. Sono gli ex veltroniani che nel 1994 votarono per Walter alla guida del Pds, ma che poi sono approdati alla corte di D’Alema, senza però perdere i contatti con il sindaco di Roma. Come il ministro per le riforme Vannino Chiti. Fu uno dei grandi fautori della scelta di Veltroni, nel 1994. Però poi nel 2001 è diventato coordinatore della segreteria Fassino. Sicuramente buoni rapporti con Veltroni ce li ha anche il presidente della Regione Claudio Martini, anche per una certa affinità di contenuti (l’attenzione al mondo pacifista e dei no global). Da non dimenticare inoltre che nel 2000, quando per la guida della Regione si fronteggiarono Martini e Michele Ventura, dalemiano doc, l’allora segretario dei Ds Veltroni sponsorizzò l’attuale governatore. Veltroniano tiepido è l’assessore alla Sanità Enrico Rossi: «Veltroni come capo dei democratici va proprio bene». Pur essendo pisano, e Pisa è notoriamente terra di dalemiani, Rossi è stato chiamato a Roma per un anno da Veltroni ad occuparsi di problemi economici. Infine Andrea Manciulli, segretario regionale dei Ds: «Sono un dalemiano favorevole e molto convinto della scelta di Veltroni. Senza dubbio la migliore». Un dalemiano che da mesi sta coltivando buoni rapporti con il sindaco di Roma. Anche se, ci tiene a precisare, niente salti della quaglia. Soprattutto ora che D’Alema è in difficoltà e in molti lo stanno abbandonando. E quelli per necessità. Sono i dalemiani che ritengono Veltroni la migliore scelta possibile, in questo momento. Si accodano insomma a quanto deciso da D’Alema, grande promoter del sindaco di Roma alla guida del Pd. «Siamo tutti o quasi veltroniani per consapevole necessità», osserva ad esempio il sindaco di Pisa Paolo Fontanelli, il referente numero uno di D’Alema in Toscana. Anche Vittorio Bugli, ex sindaco di Empoli: «Io sono pienamente convinto che Veltroni sia la scelta giusta pur non essendo veltroniano». Un altro pisano, il consigliere regionale Gino Nunes, ex presidente della Provincia, pur premettendo di non tifare per nessuno, ritiene che Veltroni possa essere un buon leader per il Pd: «Ha fatto molto bene a Roma per la capacità di dare voce alle migliori culture e identità di quella città». Infine il livornese Ruggeri: «Io non sono mai stato veltroniano e non lo sono nemmeno ora, ma mi pare la soluzione migliore».

domenica 24 giugno 2007

La casta

Ascoltiamo l'intervista a Gian Antonio Stella e a Sergio Rizzo e facciamo un'incursione nel blog di Beppe Grillo


http://www.beppegrillo.it/2007/05/la_casta.html

sabato 23 giugno 2007

PD,Veltroni: "Momento importante della mia vita"

giovedì 21 giugno 2007

Roma, 21 giu. (Adnkronos) - "E' una momento importante della mia vita politica e personale''. Il sindaco di Roma Walter Veltroni accompagna con una notazione personale, la sua marcia di avvicinamento alla leadership del Partito Democratico, che ha avuto questa mattina una nuova tappa con l'incontro, al ministero dei Beni Culturali, con Francesco Rutelli. ''Spero - ha osservato Veltroni - che possa essere un momento importante per il Paese e per tutti noi che finalmente vediamo coronato il sogno del nascente Partito democratico, quali che siano le scelte che si faranno''.
Tuttavia, il sindaco di Roma non ha ancora deciso se, come e quando annunciare la sua discesa in campo, anche se ormai sembra questione di giorni. ''La decisione è vicina - dice al microfono del Tg1 - quanto lo era ieri. Non è cambiata nella notte''. Le giornate del sindaco di Roma sono impegnate sopratutto nelle 'consultazioni' per rafforzare la sua eventuale candidatura ma sono anche dedicate alla riflessione. ''Queste -ha concluso- sono quelle cose per le quali bisogna soprattutto colloquiare con se stessi, con la propria coscienza e poi sentire le opinioni di persone che si stimano''.

Un commento

Buongiorno Daniela,
sono Enrico e non ci conosciamo.
Ho letto il suo intervento “contendibile”.
Non solo sono d’accordo su quanto scrive, ma ho trovato brillante e culturalmente raffinato il suo riferimento alla contendibilità.
Vero: è una parola difficile e non comune. Mi ricordo le difficoltà che ho avuto nella traduzione in una lingua straniera.
Se una situazione è contendibile, è per definizione aperta, o almeno suscettibile d’esserlo. Il contrario è chiuso, predeterminato, definitivamente controllato.
Forza, un po’ d’ottimismo. Dimentichiamo le altre accezioni. Facciamo del PD il luogo della contendibilità sulla base dell’unico elemento che deve contare in politica: le idee, la voglia di convincere e di realizzare quello in cui si crede.
Enrico Castaldi




Assemblea Coordinatori Regionali E Provinciali

il Comitato Nazionale “14 ottobre” ha convocato per il prossimo 26 giugno tutti i segretari regionali e provinciali di DS e Margherita “.. nella prospettiva di pervenire alla costituzione dei Comitati Provinciali 14 Ottobre entro il termine già stabilito del 30 giugno.
Questo incontro sarà un importante momento di verifica e confronto del processo che ci sta portando all’atteso appuntamento delle primarie e rappresenta un’occasione utile di dialogo per fare il punto anche sulle iniziative che verranno attuate nei prossimi mesi e, per le quali, richiediamo la Vostra preziosa collaborazione.”

Io credo che, se si vuole veramente che il processo costituente sia aperto, a questo incontro debbano essere convocati anche i rappresentanti nazionali, regionali e provinciali delle Associazioni "uliviste" con maggior rappresentatività.

Accogliamo l'indicazione che ciascuna associazione nazionale, regionale o locale mandi una email a
comitato14ottobre@ulivo.it (l'indirizzo email del comitato)
e, per conoscenza, a gestione@costituentedemocratica.net (così da tenere traccia delle email inviate)

scrivendo:

Il/la sottoscritto/a ….. in rappresentanza dell’associazione/movimento …. di …… (città) chiedo che, al fine di realizzare concretamente un processo costituente aperto a tutti e partecipato, all’Assemblea dei segretari e coordinatori regionali e provinciali del prossimo 26 giugno, siano invitati anche gli esponenti nazionali, regionali e provinciali delle maggiori associazioni che operano per il Partito Democratico:

- APD 11 febbraio info@apditalia.org
- Cittadini per l’Ulivo segreteria@cittadiniperlulivo.com
- Federazione Associazione per il Partito Democratico segreteria@apdlombardia.it
- Generazione U adinolfi@gmail.com- Insieme per il Partito Democratico info@insiemeperilpartitodemocratico.com
- Libertà e giustizia info@libertaegiustizia.it
- Incontriamoci

D.M.

venerdì 22 giugno 2007

E ora.....Tutti Veltroniani?

Inseriamo nuovamente l'articolo di Claudio Frontera pubblicato su Il Tirreno di

SABATO 12 MAGGIO 2007

BELLA POLITICA SOLA POLITICA

È da qualche settimana in libreria il Dvd + libro (Sossella Ed.) con la registrazione della famosa lezione di Walter Veltroni, tenuta all’Auditorium della Musica a Roma il 15 dicembre 2006. Sobrio e avvincente, per rispondere alla domanda che dà il titolo alla conferenza - “Che cos’è la politica?” - l’autore percorre, per quasi due ore di filmato, un originale sentiero che attraversa epoche e culture, da Chaplin a Martin Luther King, dall’ultimo comizio di Berlinguer al discorso di Parigi di De Gasperi. È l’eclettico e vivace mondo di riferimenti al quale Walter ci ha abituati. Niente di nuovo sotto il sole della “bella politica” veltroniana, dunque, ma è il suo significato che acquista nuovo valore. Innanzitutto, per la prima volta, quel messaggio ha una vera occasione per diventare l’ideologia (detto senza ironia) di una forza politica, il nascente Partito democratico. E non è un caso che al congresso Ds di Firenze, l’intervento di Veltroni sia stato tra i più emozionanti e applauditi. E poi c’è il profondo disagio con cui l’opinione pubblica osserva la deriva di una politica sempre più lontana dalla gente e sempre più condizionata dagli affari. C’è in giro, inoltre, una crescente preoccupazione per il dilatarsi smisurato di un nuovo ceto politico, ampio e rampante, che gonfia sempre di più i costi della politica. E c’è, infine, un vistoso scadimento culturale della politica, spesso ridotta a banali annunci o a faziosità intollerante. Non c’è più un’apprezzabile riserva di fiducia nei partiti, ma non c’è più neppure l’illusione di un’immaginaria società civile rigeneratrice. Non ci sono più le ideologie novecentesche, ma non ci sono nuovi compiuti sistemi di valori condivisi, che siano capaci di andare al di là di un elementare, comodo ABC. Ecco che la “bella politica” di Veltroni può diventare la sola politica possibile... Accade agli idealisti di essere talvolta percepiti come predicatori e sognatori. E anche Veltroni subisce un po’ questo destino. Ma non si deve dimenticare che Walter ha saputo condurre una brillante esperienza di governo con il primo Prodi e ora di amministratore pubblico, visto l’apprezzamento che circonda il suo operato concreto di sindaco di Roma, dove la gente applaude alle conferenze ma, come dovunque, giudica i propri amministratori soprattutto sui fatti. La lezione di Veltroni, quanto mai attuale, è dunque qui: la politica che funziona non è mai solamente pragmatica, ma deve sapersi dare grandi finalità e forti motivazioni, senza le quali non va da nessuna parte. Ho avuto l’occasione di parlarne con lui quando gli ho consegnato una copia del mio libro sulla comunicazione politica il cui primo capitolo si intitola “Che cos’è la politica?” e anche la mia risposta andava nella direzione di unire l’esperienza pratica di amministratore con l’esigenza di una visione complessa e ricca di passione. Con la sua lezione Walter non si preoccupa di abbellire la politica, ma di mostrare, con imprevedibile realismo, la sua ultima chance.
Claudio Frontera Segreteria reg. Ds Toscana

mercoledì 20 giugno 2007

SI APRE UNA STAGIONE

La Repubblica 20 Giugno
CURZIO MALTESE
Alla fine i dirigenti del centrosinistra hanno deciso di accantonare il latinorum da azzeccagarbugli politologi e di mettere la nave del Partito Democratico per mare aperto. Il 14 ottobre prossimo, per la prima volta, il segretario di un grande partito sarà eletto dai cittadini. È la miglior risposta possibile alla crisi di consenso del governo e al rimontare di un vecchio qualunquismo nel Paese. E forse è ancora di più. È la presa d´atto che la stagione politica vissuta sul duello Berlusconi-Prodi, la cosiddetta seconda repubblica, è ormai al capolinea.
La nascita del Partito Democratico nel calore delle urne e non nell´algido quadro dei vertici di apparato sarà una scossa salutare per l´intera democrazia italiana, non soltanto per una parte. Le finte primarie balneari appena organizzate da Berlusconi sono un segnale del disagio col quale il centrodestra cerca di mascherare le rughe. Il nuovo Partito Democratico, se sarà un vero partito con un vero leader, rischia di far sembrare vecchio tutto il resto. A cominciare dalla struttura padronale della Casa delle Libertà.Naturalmente, non è detto che vada tutto per il meglio, anzi. Le probabilità che i leader si rimangino nei fatti quanto hanno stabilito sulla carta sono come sempre alte.Le primarie di ottobre saranno una faccenda seria se vi parteciperanno almeno quattro o cinque candidati importanti, sulla base di programmi chiari, magari evitando le solite due o trecento pagine. Milioni di cittadini correrebbero allora a votare un segretario del Pd destinato a diventare il naturale candidato premier del centrosinistra.Le primarie saranno molto meno serie se i candidati saranno soltanto due, uno dei Ds e l´altro della Margherita, tanto per contarsi. In questo caso, tanto varrebbe lasciar perdere. Prodi aveva già detto al congresso dei Ds a Firenze di considerare chiusa con questa legislatura la sua stagione di leader dell´Unione. Non si candiderà, accontentandosi del ruolo di padre nobile, fondatore e presidente del Pd.Non si candiderà neppure Massimo D´Alema. Tutti gli occhi sono puntati dunque su Walter Veltroni, il grande favorito nei sondaggi. Il sindaco di Roma può scegliere se correre subito il 14 ottobre e conquistare sul campo, col suffragio popolare, il ruolo di nuovo leader che tutti gli predicono, compresi i nemici. Oppure se aspettare al Campidoglio l´investitura a candidato premier da parte dei futuri vertici, la Costituente o come si chiamerà, alla vigilia delle elezioni. Senza dubbio la seconda soluzione è la meno pericolosa per Veltroni. In compenso lo è molto per il Pd, che nel momento in cui nasce ha bisogno di una competizione vera tra tutti i leader senza riserve dorate che attendono in panchina. Il confronto, la battaglia delle idee e dei programmi in campo aperto è la novità del Partito democratico, ma è soprattutto il terreno di fondazione democratica di una leadership con l´ambizione di parlare a tutto il Paese.In più Veltroni pare oggi l´unico nome in grado di puntare a un mezzo plebiscito e soprattutto di sparigliare il gioco delle appartenenze, di raccogliere insomma tanti voti fra i Ds quanti nella Margherita. Dario Franceschini, per fare un nome, ha appena dichiarato che lo voterebbe anche contro un candidato del suo partito. Il comitato dei saggi, la Costituente o quel che sarà, dovrebbero certo permettere a Veltroni di onorare l´impegno preso con gli elettori romani e continuare a fare il sindaco della capitale. La questione Veltroni è la principale, ma non l´unica. Bisogna vedere se e come si candideranno gli altri leader, da Fassino a Rutelli, da Bersani a Finocchiaro, da Bindi a Cacciari, Letta. Ma una volta deciso il gran gesto di affidare il proprio destino nelle mani dei cittadini, sarebbe bene andare fino in fondo, con coerenza, lealtà e l´altra merce rara nel centrosinistra, il coraggio. Si poteva scegliere di sicuro un sistema di voto meno complicato e americaneggiante, riflettere meglio sui meccanismi costituenti e sulla pessima idea delle liste bloccate. Da qui a settembre, quando verranno presentate le candidature, i saggi potranno migliorare i regolamenti. Ma almeno stavolta bisogna dare atto alla nomenclatura del centrosinistra d´aver capito che non era tempo di minuetti istituzionali, che bisognava tornare in fretta alla realtà.

lunedì 18 giugno 2007

Le parole sono importanti : contendibile


Come si può non essere d'accordo con "i 22"? Che senso ha una riserva di caccia? Non capisco bene di cosa abbiano paura i politici, partono comunque già avvantaggiati, rispetto a chi è meno conosciuto, ha meno mezzi, si affaccia per la prima volta sulla scena pubblica.
Sarà questa la verifica del carattere veramente democratico del processo avviato.
Nella costituente per il PD dovranno esserci tutte le componenti della società civile e delle varie posizioni politiche, non ci dovranno essere sbarramenti nè cooptazioni nè automatismi, ma ogni candidato dovrà conquistarsi la fiducia degli elettori .
Da qualche tempo va alla grande l'aggettivo "contendibile", parola molto difficile, non rintracciabile sui comuni dizionari della lingua italiana, perchè è un termine usato nel linguaggio economico, nell'accezione di mercati contendibili; sono così definiti quei mercati, necessari per la regolazione dei monopoli, in cui la concorrenza potenziale è garantita e sono garantite uguali opportunità di ottenere profitti positivi agli imprenditori che ancora non sono entrati nel mercato, ma che potrebbero entrarvi . Sostanzialmente un mercato contendibile è quello in cui non si hanno barriere in entrata e in uscita e tale libertà agisce da stimolo in termini di efficienza aziendale.
Tradotto e trasferito al PD che vogliamo: concorrenziale, non garantito per nessuno, aperto, imparziale, sicuro per tutti.
Voglio sperare di aver capito bene il significato di questa difficile parola e voglio aver fiducia che tutti/e coloro che la ripetono siano ben consapevoli che le parole sono importanti.
Sempre più spesso mi capita di pensare che forse mi sono sbagliata e siano più adeguati i significati biblici ( così, come riportati sul sito del Tesoro della lingua italiana delle origini/opera del Vocabolario Italiano/Istituto del CNR, Firenze http://tlio.ovi.cnr.it) di contrastabile, discutibile o, in senso morale, disprezzabile.
Daniela Miele

La nostra proposta di Regole per il Partito democratico

lunedì 18 giugno
Questa è la nostra proposta per il sistema elettorale adottato nelle primarie, sistema che dovrà essere definito dal comitato promotore nazionale entro la fine di Giugno 2007.

LE REGOLE

Premessa
Sono prioritari i seguenti obiettivi:
  • La presentazione di liste concorrenti;
  • Il collegamento dei candidati a liste nazionali;
  • La rappresentatività territoriale, generazionale e di genere;
  • La possibilità per ogni cittadino di concorrere alle elezioni per la Costituente sia nell’elettorato attivo sia in quello passivo secondo il principio “una testa, un voto”;
  • La garanzia per i candidati “di partito” e non di poter effettivamente concorrere alla pari;
  • La trasparenza nella formazione delle liste;

La costituzione di un fondo di garanzia per perequare risorse e servizi tra i candidati.

Tipologia di sistema elettorale Il sistema proporzionale è il sistema principe di tutte le Assemblee costituenti. La sua inclusività permette la rappresentanza il più possibile aperta ai temi che l’Assemblea dovrà affrontare. I seggi disponibili potranno essere assegnati a liste concorrenti con sistema proporzionale semplice. A tal fine l’elettore potrà esprimere il voto mediante la doppia preferenza di genere. Una quota dei seggi potrà essere assegnato, con un sistema di recupero nazionale dei voti, nella quale far confluire quanti si vogliono rappresentare in assemblea (ad esempio, giovani per età anagrafica e/o per esperienza partitica) ma che non hanno possibilità di confrontarsi con il sistema delle preferenze. Circoscrizioni elettorali Le circoscrizioni elettorali dovranno essere non troppo grandi (ad esempio su base regionale) né troppo piccole. La nostra proposta è quella di adottare le circoscrizioni senatoriali nella ripartizione precedente al 2005: nell’ipotesi che i “costituenti” da eleggere fossero 1.500, ogni circoscrizione dovrebbe eleggerne circa 6. Altre ipotesi potranno essere valutate, purché non comportino la ridefinizione delle circoscrizioni elettorali, che necessiterebbe di tempi molto più lunghi di quelli a disposizione da qui al 14 ottobre.

Liste di candidati Condizioni di ammissibilità per ogni lista concorrente:

  • Deve essere contraddistinta da una mozione o programma per il P.D.;
  • Deve avere carattere nazionale, con la presentazione di candidati in almeno un quarto delle circoscrizioni elettorali;
  • Ciascun candidato non può presentarsi in più circoscrizioni;
  • I candidati nella lista si devono alternare secondo il genere;
  • Almeno il 30% dei candidati deve avere un’età inferiore a 40 anni;
  • La lista deve costituirsi secondo criteri di inclusività e di trasparenza e raccogliere un certo numero di firme (da stabilire) in ogni circoscrizione.

Candidati:

  • Ogni cittadino/a italiano/a può candidarsi alle elezioni per l’Assemblea Costituente del P.D., aderendo ad una lista nazionale.
  • Ogni lista deciderà autonomamente come selezionare i propri candidati, assumendosi la responsabilità di scelte trasparenti, corrette e democratiche, di fronte agli elettori dell’Assemblea Costituente.
  • Ogni lista dovrà presentare un numero di candidati superiore al numero dei seggi disponibili, con un tetto massimo pari a tre volte al numero degli eleggibili.
  • Controlli sul rispetto dei requisiti di ammissibilità sono effettuati ad un doppio livello: di lista e nazionale, per il tramite di un collegio di probiviri.

Coordinatore:La presidenza del PD (sino alla naturale scadenza della legislatura) spetta all’attuale premier, che ha già affrontato e vinto le elezioni primarie dell’ottobre 2005 e le elezioni politiche del 2006. Ciò anche al fine, non secondario, di non indebolirne l’autorevolezza nell’azione di governo. Il presidente deve essere affiancato (anche su modello di funzionanti democrazie europee, come, ad esempio, la Spagna) da un coordinatore che si faccia carico della conduzione giornaliera del nascente partito. Poiché tale figura deve essere molto rappresentativa, dovrà essere eletta con i tre quinti dei delegati in Assemblea Costituente, oppure con la maggioranza assoluta dei voti espressi per l’elezione dell’Assemblea Costituente. La carica sarà incompatibile con incarichi istituzionali.Per ulteriori informazioni consultare il sito http://www.perilpartitodemocratico.it/

Documento della Segreteria Regionale e dei Segretari di Federazione della Toscana

Con la costituzione del comitato nazionale e dei comitati locali, la costruzione del Partito Democratico è entra nella fase cruciale. A tutti i livelli occorre mantenere alta la tensione progettuale e il carattere unitario ed innovativo del nuovo partito che vogliamo costruire.
Le difficoltà che il sistema politico nel suo complesso sta attraversando, debbono indurci ad accelerare il processo di costruzione del nuovo partito e il suo radicamento nel Paese e nelle diverse realtà territoriali.
Attraverso l’iniziativa quotidiana e capillare siamo chiamati, come avvenuto con il congresso di Firenze, a far conoscere il progetto del Pd, a motivarne l’adesione, a stimolare la partecipazione del maggior numero di cittadini.
Le settimane che ci separano dal 14 ottobre dovranno caratterizzarsi per la densità delle iniziative nelle piazze, nelle feste di partito, nei luoghi in cui promuovere il confronto sul programma e sui valori fondativi del partito nuovo.
In questo, i DS della toscana, assieme alla Margherita e all’associazionismo che condivide il progetto, sono impegnati con la campagna “Partecipo, Decido” per raccogliere opinioni e idee, attraverso il Libro Bianco sul Pd, e, soprattutto, sono impegnati nella raccolta di preadesioni di cittadini, militanti o elettori, da coinvolgere e ricontattare per gli appuntamenti che verranno, a cominciare da una grande convention politica e programmatica per la Toscana. Il livello di attenzione e la risposata già raccolta in questa prima fase, conferma tutto il potenziale positivo che il progetto del Pd raccoglie nell’opinione pubblica. I risultati di questa campagna, sommati al patrimonio costituito dalle iscritte e dagli iscritti, rappresenteranno il riferimento principale su cui i DS della Toscana intendono caratterizzare la propria iniziativa e proposta politica in occasione delle elezioni del 14 Ottobre.
Occorre superare rapidamente quell’immagine opacizzata che, in certi momenti del dibattito nazionale, ha rischiato di svilire il progetto dopo l’entusiamo scaturito dai congressi di DS e DL. Occorre evitare, come dice Piero Fassino, il rischio di un ripiegamento referenziale, ed anche i tatticismi e una pratica pattizia che i cittadini non comprendono e rifiutano e che rappresenta una delle principali cause di allargamento della distanza tra politica e società.
Occorre trasmettere con forza che, con il PD, ci poniamo l’obiettivo di rinnovare e riformare profondamente la politica, dare stabilità ai governi, ridurre la frammentazione politica, offrire all’Italia una guida sicura per modernizzare il sistema sociale e produttivo.
È di fondamentale importanza che il nascente partito mantenga ed estenda un saldo radicamento territoriale, a partire dalla parte più dinamica del paese. Anche per questo, specie nelle regioni in cui più forte è l’esperienza di governo de L’Ulivo, si avverte la necessità di non protrarre all’infinito la fase costituente, di creare subito saldi punti di riferimento organizzativi e di direzione politica sul territorio, di porre l’urgenza del rilancio dello sviluppo delle nostre realtà al centro del dibattito programmatico del nuovo partito.
Per questo occorre accelerare. E all’esigenza di fare presto deve essere contemperata quella di fare bene, anche al fine di garantire la più ampia partecipazione.
Fare presto e bene, quindi, per rispondere alle attese dell’opinione pubblica, attribuendo all’elezione del 14 ottobre, il carattere fondativo del PD, affinché l’assemblea che verrà eletta assuma le funzioni congressuali, provvedendo ad eleggere gli altri organismi dirigenti.
L’elezione dell’assemblea costituente nazionale dovrà assumere questo valore e, per questo, dovrà essere affiancata l’elezione di quella regionale, provinciale, e comunale. L’atto fondativo del Partito Democratico impone, attraverso scelte da demandare all’autonomia delle organizzazioni regionali, l’individuazione di tutti i livelli di guida e di direzione politica.
Il Partito democratico dovrà essere federalista e fare delle diversità regionali un punto di forza. Sarebbe del tutto inaccettabile che vi fosse una testa nazionale senza un corpo territoriale che la sorregga, la faccia camminare, che decida sulle questioni politiche e programmatiche che investono direttamente i territori.
Un PD federale, quindi, che sia strutturato territorialmente, con autonomia statutaria, con livelli di direzione riconosciuti e autorevoli perchè eletti sul territorio, caratterizzato dal principio della sussidiarietà ed in coerenza con ilo titolo V della Costituzione.
Dalle stesse modalità di elezione dell’assemblea costituente ai vari livelli, dipenderanno i caratteri del partito nuovo. Vogliamo un partito nuovo per partecipazione, con la presenza di più donne, con maggior spazio per le nuove generazioni, che favorisca l’ingresso di quei cittadini che oggi non sono iscritti a nessun partito e un reale ricambio nei gruppi dirigenti. Per questo, serve un sistema di voto che renda possibile e trasparente il confronto tra opzione politiche diverse, che eviti una personalizzazione forzate della competizione e non riproduca le peggiori pratiche della politica già vissute con l’esperienza, giustamente superata, delle preferenze uniche o, peggio ancora, plurime. che siano. Per questo è preferibile l’adozione di liste, con un loro profilo politico definito, con pochissimi candidati, la cui presentazione sia resa possibile attraverso la raccolta di un numero di firme non eccessivo. Le dimensioni territoriali da prendere a riferimento, per un forte radicamento locale, possono essere i collegi della legge elettorale “mattarella” per la camera dei deputati. Oltre a ciò, per garantire l’effettiva rappresentatività politica del Pd, i criteri di assegnazione dei membri eleggibili nella costituente sui collegi, devono tener conto del consenso raccolto dall’Ulivo sul territorio.
Come abbiamo affermato al congresso di Firenze, i DS devono presentarsi all’appuntamento del Partito Democratico forti delle proprie idee e dei propri valori, per affermare quelle opzioni strategiche e programmatiche che abbiamo definito con la nostra elaborazione, come la collocazione internazionale, il rapporto con il PSE, la laicità, i diritti, il lavoro.
Ciò sarà possibile se l’impianto delle regole che verranno definite consentiranno di far esprimere al meglio la qualità organizzativa e il potenziale di mobilitazione che in tutti i passaggi cruciali della nostra storia abbiamo saputo mettere in campo.
Firenze, 15 giugno ’07

domenica 17 giugno 2007

Partito Democratico:ora nasce il "Manifesto dei 22"

Il Meridiano
13 Giugno
Roma L’assemblea costituente del Partito Democratico non dovrà avere membri di diritto. Lo chiedono 22 esponenti dell’Ulivo, tra i quali parlamentari, esponenti di governo, sindaci, sindacalisti ed rappresentanti della società civile in un documento in cui lanciano alcune proposte di lavoro. Il testo è stato sottoscritto, tra gli altri, da Goffredo Bettini, Franca Bimbi, Massimo Cacciari, Sergio Chiamparino, Sergio Cofferati, Marigia Maulucci (segretaria confederale Cgil), Giovanna Melandri, Marta Vincenzi (neo sindaco di Genova) e Walter Vitali. «Il progetto di costruzione del Pd incontra difficoltà evidenti che non vanno eluse», si legge nel documento. Infatti, i promotori del “Manifesto dei 22” avvertono un’insofferenza crescente nell’opinione pubblica per una politica lontana dalla gente, autoreferenziale e costosa. In questo scenario intravedono la possibilità che il progetto del nuovo soggetto politico naufraghi prima ancora di prendere corpo.Secondo i firmatari del documento «il punto da cui partire è la decisione di eleggere direttamente e interamente l’assemblea domenica 14 ottobre senza prevedere alcuna componente di diritto», perché chi andrà a votare dichiarando la propria adesione alla costituente del Pd deve essere chiamato a scegliere non solo tra liste di candidati ma tra opzioni politiche e di valori distinte per far emergere «le diverse scelte di fondo riguardanti la collocazione internazionale del partito, la laicità, i temi etici, il lavoro e l’eguaglianza sociale, la sfida ambientale, la natura del partito, le proposte di riforma della politica».Il documento fissa poi alcune indicazioni per definire il regolamento per l’elezione dell’assemblea costituente indicando come indispensabili il rispetto dei principi federalisti a cui deve ispirarsi lo statuto del nuovo Partito, il ricambio della classe dirigente - che dovrà essere assicurato estendendo il diritto di voto a tutti coloro che al momento dell’elezione avranno compiuto i 16 anni di età - e la presenza equilibrata di donne e di uomini.
Luigi Cavalli

Appello APD






L’Associazione per il Partito Democratico nel ribadire il proprio impegno nel coinvolgimento di tutti i cittadini e le cittadine nella costruzione di un partito nuovo, aperto, inclusivo, plurale e contendibile, considera essenziali i seguenti requisiti:
-diritto di voto per ciascun elettore che dichiari di aderire al Manifesto per il Partito Democratico;
-competizione tra liste concorrenti;
-garanzia di rappresentatività territoriale, generazionale e di genere all’interno di ciascuna lista;
-non frammentarietà delle liste di candidati, da ricollegarsi a liste nazionali;
-possibilità per ogni elettore di concorrere alle elezioni per la Costituente sia come elettore attivo che passivo, secondo il principio di “una testa, un voto”;
-possibilità effettiva di scegliere il candidato, con preferenza doppia di genere, da parte degli elettori.
-garanzia di poter effettivamente concorrere alla pari, candidati di partito e non;
-trasparenza nella formazione delle liste;
-costituzione di un fondo di garanzia per perequare risorse e servizi tra i candidati.
Oggi nell’individuazione delle regole e domani nella costruzione di contenuti e nella formazione di una nuova classe dirigente, vogliamo svolgere un ruolo partecipativo, propositivo e costruttivo, riaffermando con coraggio il valore della responsabilità , competenza e coerenza,
Per questo sottoscriviamo questo appello, allargando la richiesta a tutti i cittadini che si riconoscano, in tutto e in parte, nelle priorità sopra elencate, che dovrebbero permeare non sol il PD ma l’intero sistema politico
www.apditalia.org
organizzazione@apditalia.org
http://www.primariepd.org/cgi-bin/dada/mail.cgi/u/NewsletterAPD/

Se hai problemi scrivi a questo indirizzo:
info@apditalia.org
D.M.

sabato 16 giugno 2007

Subito primarie e un vero leader o il PD affonda

La Repubblica
MARIO PIRANI
La sinistra è in preda a una sindrome scaramantica. Rifiutando di discutere a fondo le dimensioni e soprattutto le cause della sua sconfitta, s´illude che questa non oltrepassi i confini municipali e non presenti, comunque, sintomi di tale gravità da meritare approfonditi dibattiti e pronte decisioni. Impressiona la perdita del senso di realtà come denota quella frase auto consolatoria, ripetuta ad ogni pié sospinto: «La spallata non c´è stata!». Quasi una giaculatoria rivolta al santo patrono perché il terremoto non ha spianato l´intero Paese e si possa tornare alle abituali occupazioni senza guardare se il sisma abbia scosso le fondamenta strutturali e i muri maestri, con l´incombere sempre in agguato di un crollo catastrofico improvviso. Al più si ripete a mo´ di post scriptum l´altra frase dall´incomprensibile significato: «Ora il governo deve cambiare passo». A tentare una analisi non restano che i bistrattati mass-media, col limite intrinseco della loro estemporaneità e soggettività. Nel caso in questione ho cercato di temperarne gli effetti rivolgendomi a due affermati studiosi sociali, particolarmente esperti dei flussi elettorali, Ilvo Diamanti e Nando Pagnoncelli. Il primo – che ne ha scritto già su Repubblica – invita a non limitare l´indagine sullo smottamento verificatosi in quasi tutto il Settentrione (con l´eccezione ligure, dove, peraltro, la vittoria è stata di una corta incollatura) ma a puntare la lente sull´Italia centrale (Emilia, Toscana, Marche ed Umbria) dove il recente voto amministrativo «ha intaccato a fondo il mito della immobilità politica delle zone rosse», tanto che nei comuni sopra i 15.000 abitanti l´Ulivo perde quasi l´8%. Un dato non dovuto ad un aumento della destra ma alla defezione assenteistica e di protesta di una componente non piccola di quello che un tempo si chiamava «zoccolo duro».
Alle criticità addebitabili alla fiscalità, all´ordine pubblico, all´emigrazione, si sono aggiunte la crescente impopolarità del governo e il ripiegarsi delle speranze suscitate dalla prospettiva del Partito democratico, allorquando tra infinite mediazioni, le nomenklature hanno imposto un tortuoso cammino di scarsissima attrattiva per arrivare alla meta.L´interrogativo è se l´aprirsi di questa linea di faglia nei pilastri storici delle organizzazioni di sinistra sia o no prodromo di un futuro e rapido crollo, paragonabile a quello che ha ridotto al 4,6% il partito comunista francese.L´analisi di Pagnoncelli, simile nei giudizi di fondo, è però segnata da una ipotesi più ottimistica. In primo luogo invita a non sottovalutare l´influenza dei fattori locali nei voti comunali, pur evidenziando il significato dell´astensionismo asimmetrico (che, cioè, ha colpito una sola parte politica e non tutto il corpo elettorale), prova della disaffezione marcata nei confronti dell´Unione e del governo. D´altra parte anche Berlusconi, ad un anno dalla vittoria del 2001, soffrì un calo di ben 14 punti, passando dal 59% al 44% nell´indice di gradimento. L´effetto fu attribuito ai contraccolpi dell´entrata in funzione dell´euro e alla Finanziaria. Il diagramma di Prodi parte, invece, dal 52% iniziale (maggio 2006) e sale al 56% nel luglio 2006 in coincidenza con i primi decreti Bersani sulle liberalizzazioni e con la vittoria ai Campionati del mondo. Crolla di venti punti nell´arco di tempo fra l´indulto e la Finanziaria, risale al 39 fra dicembre e gennaio e al 42% in aprile, immediatamente dopo i congressi ds e Margherita, ma il rapido riemergere delle diatribe interne segna un ripiegamento fino al 37%, con un ulteriore scivolamento al 34 e mezzo in coincidenza con l´affare Visco-Speciale. Non sono state ancora valutate le conseguenze delle recenti intercettazioni e della rivolta fiscale di artigiani e piccoli industriali in seguito alle variazioni degli studi di settore. Sempre secondo Pagnoncelli l´affievolimento marcato del consenso indica che le preoccupazioni del popolo di centro sinistra sono nell´ordine rappresentate dal fisco, dalla sicurezza e dal precariato, accompagnate dal convincimento che almeno sui primi due temi Prodi non sia in grado di dare risposte soddisfacenti. Coefficiente comune è anche l´insopportabilità per i dissidi ormai insanabili tra i vari partner dell´Unione e all´interno stesso dei partiti che ne fanno parte. Di qui l´insorgenza dell´anti politica e la speranza, continuamente rimessa in gioco, di una ritrovata unità attraverso il Partito democratico. Un soffio di ottimismo è, peraltro, offerto dall´analista che ricorda come, al momento delle elezioni politiche, una aliquota dei «disaffezionati» torna, in genere, a dare il voto allo schieramento di tradizionale appartenenza «turandosi il naso». Non è detto che questa reazione si verifichi comunque, e senz´altro non gioca nelle classi giovani.Che fare in un frangente tanto rischioso in cui le ragioni di vita della sinistra sono in bilico su un crinale stretto e franoso? Non basta a consolidarlo il cemento dell´antiberlusconismo e neppure qualche concessione economica per tacitare provvisoriamente le sinistre di governo, emotivamente nostalgiche del vecchio ruolo di oppositori. L´acido corrosivo dell´antipolitica trova una inesauribile sorgente negli atti, nei comportamenti, nel linguaggio supponente di un ceto politico indistinguibile fra destra e sinistra, nella pervasività di una lottizzazione prepotente e priva di competenze, negli sprechi assurdi e offensivi a tutti i livelli della cosa pubblica. Solo una netta e proclamata rottura di continuità su questo terreno può rovesciare la tendenza in atto e ridare spinta propulsiva al centro sinistra. Il decalogo per il Palazzo, che ho suggerito su Repubblica, condiviso da ben 150.000 lettori, voleva rappresentare l´incitamento ad un gruppo di coraggiosi tra i propugnatori del Partito democratico a divenirne i mallevadori. Tutto si gioca ora sulla fondazione di questo partito ma esso darà anelito a un recupero di massa della buona politica solo se verranno rovesciate le premesse meschine su cui sembra reggere un asfittico compromesso. Altrimenti l´iniziativa si risolverà in una Cosa Tre, più deludente delle precedenti.Due fasi ci appaiono indispensabili. Primo: invitare il popolo delle primarie dell´ottobre 2005 ad iscriversi e a votare per nuove primarie, ma primarie vere per un vero leader. Questa volta, quindi, non per manifestare il loro sostegno plebiscitario ad un candidato praticamente unico (la presenza di Bertinotti fu un abile inserimento di bandiera) ma per scegliere, fra vari candidati, quello destinato, in un primo tempo, a guidare il partito con l´autorevolezza, l´indipendenza e la piena legittimità che solo il voto diretto conferisce, e, quando verrà il momento, a concorrere come premier del futuro governo.Secondo: organizzare le primarie in modo da rendere il partito libero, aperto e contendibile, non imbrigliato in partenza dai vecchi apparati. Se si seguisse la procedura di compromesso proposta, le primarie locali eleggerebbero solo i delegati all´assemblea nazionale; questa si svolgerebbe inevitabilmente sotto la regia della nomenklatura bipartitica Ds-Margherita, ed eleggerebbe un segretario precotto e dimezzato, esplicitamente escluso in partenza dalla candidatura a premier. Ad un segretario azzoppato corrisponderebbe un partito demotivato. Le primarie debbono, per contro, essere aperte a tutti assicurando in primo luogo la possibilità di iscriversi, versare il contributo fissato e votare il nome preferito attraverso Internet (esistono sperimentati metodi per escludere doppi voti e altre contraffazioni d´identità). È giustissimo procedere su scala circoscrizionale e, ancor meglio, regionale ma solo se la competizione non resta monca e artificiosa.Per renderla completa è indispensabile che i nomi dei candidati nazionali alla premiership siano abbinati a liste locali di riferimento (oppure votati su una seconda scheda).Se fin qui è stata, per contro, privilegiata la scelta che abbiamo definito monca la ragione c´è ma riguarda esclusivamente le preoccupazioni personali dei maggiori candidati, non certo il bene del futuro partito. Parleremo senza diplomazia: una votazione diretta alle primarie di ottobre è temuta da Prodi perché aprirebbe una vera dialettica tra l´azione di governo e il capo indiscusso del partito unificato di maggioranza, già designato futuro leader, con l´ombra di una successione in caso di crisi ; prospettiva ostica anche per Veltroni, che oggi tutti i sondaggi danno di gran lunga come l´unica carta con sufficienti possibilità di affermazione in future elezioni, ma che non ha certo interesse ad accollarsi una eredità negativa senza il lavacro del voto, in coda alla Legislatura attuale; non piace a D´Alema che vorrebbe fin d´ora sbarrare la strada Veltroni e svolgere il ruolo del kingmaker mandando avanti una donna come Anna Finocchiaro, in qualità, però, di segretario provvisorio e dimezzato.Per Rutelli e Fassino valgono analoghe considerazioni con l´irrisolto dubbio se correre ad ottobre o alla vigilia della campagna elettorale. Tutte obiezioni da non prendere sottogamba perché hanno qualche fondamento. Bisogna, però, riflettere al fatto che esse, per quanto comprensibili, confliggono con le fortune del partito nascente che non può restare fino al 2011 senza una figura che lo regga con assoluta autonomia e piena legittimazione. O affrontare elezioni anticipate con un partito senza guida politica fino all´ultimo minuto.E, allora? Credo che la risposta debba tale da sciogliere il dilemma: Prodi, Veltroni, Rutelli, Fassino e chiunque altro lo ambisca, concorra a primarie dirette fin da ottobre. Chiunque ottenga la maggioranza dei suffragi, sia esso il presidente del Consiglio, un vice presidente, il sindaco di Roma o chiunque altro, questi mantenga la carica istituzionale attuale, assumendo ad un tempo la direzione del partito con un vice segretario esecutivo, di sua scelta, per gli affari correnti. Nel caso di crisi, può correre l´alea di rinsaldare la maggioranza e proporre un nuovo governo, profondamente rivoluzionato e innovativo, oppure si punti ad un gabinetto istituzionale, con alla testa il presidente del Senato o un´altra personalità designata dal Capo dello Stato, con l´obbiettivo di definire una nuova legge elettorale ed andare alle urne.Anche in questo caso scenderebbe naturalmente in campo per il centro sinistra il leader scelto a suo tempo alle primarie. Si può, infine, non far nulla e lasciarsi trascinare dall´andazzo corrente. La fine è prevedibile ma non sarà indolore.

Per un partito di donne e di uomini

Il manifesto delle donne per il Pd 14 giugno 2007
Le donne Ds hanno presentato oggi il loro manifesto per il Partito democratico. In una conferenza stampa a Roma presso l’hotel Artemide, Vittoria Franco, la coordinatrice delle diessine, insieme a molte donne tra cui la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, il Ministro delle pari opportunità Barbara Pollastrini, il ministro della Salute Livia Turco e la vicecapogruppo alla Camera Marina Sereni hanno illustrato le proposte e le richieste delle democratiche di sinistra per il nascituro soggetto politico.Non una semplice battaglia che rivendica un'assemblea costituente paritaria, «Vogliamo essere cofondatrici - dice Vittoria Franco - e non è per semplice rivendicazione ma per un principio di cooperazione tra donne e uomini nella costruzione della democrazia» con un obiettivo che è anche, conclude la rappresentante delle donne della Quercia, «regalare agli uomini più spazio privato e conquistare noi donne più spazio pubblico».Ma le diessine chiedono a gran voce anche delle regole per l'elezione dell'assemblea costituente facciano in modo che ci sia una rappresentanza paritaria. «Le liste - ha affermato il ministro Barbara Pollastrini - grandi o piccole che siano, devono essere costruite per ottenere il 50% delle elette. Secondo me ci deve essere l'alternanza fra donna e uomo o, se ci saranno le preferenze, bisogna rendere obbligatoria la doppia preferenza». Per il vice capogruppo alla Camera Marina Sereni «non ci sono più alibi: il nuovo partito se è nuovo, non ha l'alibi di dire: le donne non ci sono perchè le donne ci sono»Turco punta l'attenzione sui contenuti e dice: «Non dobbiamo farci travolgere dall'antipolitica e dal suo fango che non travolge solo qualche persona, ma tutti. Quindi dobbiamo dare efficacia e senso alla politica ricostruendone il senso civico». Anna Finocchiaro è convinta che «le donne si sono messe in moto come una grande forza tranquilla e le donne sono le prime a credere nella modernizzazione perche' la modernizzazione premia le donne».Non si fanno attendere le rassicurazioni del segretario dei Ds Piero Fassino: «Andiamo all'assemblea costituente per avere metà donne e metà uomini e stiamo lavorando a regole che realizzano questo obiettivo e questo deve valere per tutti i livelli di direzione politica e di organi dirigenti».













mercoledì 13 giugno 2007

Le parole sono importanti - gridava Nanni Moretti in Palombella rossa....

Leggiamo su il Tirreno, cronaca di Cecina, dell’interessante iniziativa promossa dai partiti per discutere del futuro partito democratico con l’on Marco Filippeschi, deputato Ds, e con la segretaria regionale della Margherita Caterina Bini.
Ci fa molto piacere il fiorire delle iniziative su questo tema, è molto importante che la discussione si allarghi, che i cittadini e le cittadine possano affrontare il tema della riforma della politica e della costruzione di un partito nuovo. A tale proposito va ricordato che gli aggettivi che qualificano il partito democratico che vogliamo, che sono divenuti le parole chiave del processo che si è avviato e che i due partiti DS e Margherita hanno fatto proprie nei loro congressi, recentemente conclusi, sono nuovo,aperto, plurale, inclusivo. Allora ci chiediamo, perché ad un incontro di tale genere non siano state invitate le Associazioni impegnate nella costruzione del partito democratico, perché iniziare con le esclusioni?
Un mese fa l’associazione per il PD organizzò un’iniziativa analoga, molto partecipata, a cui i Partiti, invitati, poterono dare il loro contributo in modo collaborativo; non sarebbe stato corretto e segno di buona educazione e di apertura reale e concreta, di vera novità ricambiare l’invito e far partecipare le Associazioni all’iniziativa? Non si pensa che non è sufficiente la sommatoria , la fusione di due partiti e soprattutto non serve e non interessa a nessuno. Insomma ci sembra che il processo di cui tanto si parla abbia dimenticato le parole chiave di cui sopra.
Associazione per il PD
Daniela Miele Silvia Di Batte

martedì 12 giugno 2007

Partito Democratico: Diario di Bordo

Claudio Frontera, Segreteria regionale DS della Toscana

  1. Ho partecipato, a Livorno, con il senatore Antonio Polito della Margherita alla presentazione del suo libro “Oltre il socialismo”. Sul Partito democratico sono usciti in un anno, innumerevoli articoli, ma, stranamente, pochi, pochissimi libri. Tra questi è pregevole perché franco, acuto e chiaro il libro di Polito, che traccia alcune linee fortemente innovative per definire una “ideologia”, come la chiama provocatoriamente l’autore stesso, del nuovo partito, un sistema di valori e di strumenti e criteri di lettura della realtà che sia condiviso e che superi le appartenenze e le provenienze. Proprio su questo punto, Polito, scrivendo nelle ultime pagine un “Glossario” delle parole da cancellare nel futuro PD, esprime con molta forza alcuni concetti basilari. La parola da dimenticare è “Quote”. L’autore non si riferisce alle quote di genere, ma alle quote di provenienza. Se costruiremo gli organismi del nuovo partito per quote, tutto sarà già finito prima di cominciare. “Il sistema delle quote è tipico delle federazioni tra diversi, funziona nelle democrazie alla libanese o alla nordirlandese, dove la difficoltà della convivenza tra gruppi etnici o religiosi diversi è risolta attraverso un sistema di percentuali nella gestione del potere. Se fossero le quote il sistema scelto per reggere il PD, si negherebbe dunque fin dall’inizio che si tratta di un vero partito, in cui tutti entrano da uguali, perché uniti da un legame superiore alle origini e alle culture da cui provengono. Se il Pd fosse una coalizione di ex-democristiani, di ex-comunisti e di cani sciolti ex- qualcos’altro, sarebbe il contrario di un nuovo soggetto politico.(…) Nel PD tutti ricominciano daccapo. Il frullatore della democrazia interna scompone e ricompone vecchie alleanze e serve a scegliere nuovi capi.”
    Difficile essere più chiari. Il bello è che ogni volta che esponi questi argomenti, nelle riunioni becchi un applauso, perché la gente interessata al Pd non ne vuole sapere di accordi di vertice, di manuali Cencelli per divider i posti di responsabilità in base alle provenienze. Ma, nonostante questo, il comitato dei 45 è stato fatto così e dopo aver giurato che era l’ultima volta, si progetta e si continua a immaginare lo stesso meccanismo per le primarie, per la Costituente, per il futuro Congresso ecc. Come un vizio, una dipendenza, un’abitudine immodificabile. Le scelte di questa estate che avanza nel silenzio sono più importanti addirittura di quelle prese nei congressi di primavera, perché possono compromettere il futuro che abbiamo scelto di costruire. Una supplica ai quarantacinque : tranquillizzateci e dite che le quote non ci saranno nel percorso del PD. Ognuno di noi lavorerà con più entusiasmo a un obiettivo che non rischia di essere divorato dal passato.
  2. Il comitato dei 45 è impegnato a scrivere le regole per il 14 ottobre. Regole una tantum, per un solo, importantissimo appuntamento, l’elezione dell’Assemblea Costituente. Legittimo chiederci quindi, per quale Pd? Le parole che riassumono il dibattito di due congressi, e di innumerevoli dibattiti sono: aperto, plurale, inclusivo, nuovo, contendibile.
    Le regole devono garantire questi obiettivi, meglio perseguibili se il nuovo partito avrà un autentico radicamento territoriale, raggiungibile eleggendo il 14 ottobre anche assemblee costituenti regionali e scegliendo un sistema elettorale idoneo allo scopo per quella nazionale. Si parla, giustamente di fare riferimento al maggioritario di collegio, con correzione proporzionale su base regionale, prendendo a riferimento i vecchi collegi del Mattarellum facendoli diventare binominali, anziché uninominali. Eleggendo cioè, in ciascuno di essi, due rappresentanti, un uomo e una donna.
    Tutto bene, ma si impone una semplice, essenziale domanda: si voterà su un’unica lista o su più liste? Nel primo caso aggiungiamo una “C” alla sigla PD, per “coreano” e non se ne parli più. Nel secondo caso, bisogna capire bene. Si dice: per favorire la presenza di più liste, abbassiamo la soglia di firme per presentare una candidatura. Ipocrita e bugiardo accorgimento. Così non si favorisce la competizione vera, ma si scatena la bagarre dei dilettanti allo sbaraglio. In cambio di un quarto d’ora di popolarità a buon prezzo, qualche comparsa farebbe volentieri da foglia di fico. Peggio che coreano. Se si vuole un PD aperto, plurale, contendibile, per la Costituente le liste devono fare una vera competizione. Un problema di tipo politico è che queste liste in competizione dovrebbero essere identificabili per sensibilità, orientamenti, ecc, ma non per provenienza. Se faremo un partito in cui gareggiano liste di ex-ds, contro liste di ex-margherita e ex-società civile, il progetto sarà già fallito. Per ora parliamo però di procedure. Affinché il sistema esprima una chiara opzione pluralista e democratica c’è una cartina di tornasole, tra le regole da scrivere. E’ la garanzia di par condicio tra le liste. Par condicio nell’accesso ai mezzi di comunicazione, alle risorse finanziarie disponibili, alle opportunità di visibilità. Ma soprattutto una par condicio di comportamenti. Arriveremo al 14 ottobre con organismi legittimi e strutturati in vita per ciascuno dei due partiti. Occorre sancire, se vogliamo il PD che vogliamo, che gli organismi di un partito (non ovviamente le singole persone), ma gli organismi, se gareggiano candidati iscritti a quel partito, devono rigorosamente restare neutrali. Se compete il candidato ufficiale dei DS con un/una iscritto/a candidatosi con un pugno di firme, non è una gara, è un bluff.
    Qualcuno vuole bluffare? Lo vedremo dal fatto che questa semplice elementare, basilare regola democratica sarà scritta oppure no.

domenica 10 giugno 2007

IL PD? Fiocco azzurro, anzi grigio

Il Tirreno
DOMENICA, 10 GIUGNO 2007
di Davide Guadagni
Il partito che nasce per ora è troppo maschile e troppo vecchio
Il rinnovamento non sarà facile, come ha già dimostrato il comitato nazionale
E se facessimo un viaggio nei partiti che stanno per confluire nel Partito democratico per vedere come sono fatti? Il punto-chiave è sicuramente il rinnovamento, la contestazione è cresciuta dopo la nomina del comitato per il Pd che (nonostante ne sia stata allargata la composizione: i componenti dovevano essere 30 e sono diventati 45) alla fine non conta tra i propri membri neppure uno che abbia meno di quarant’anni. Non basta: ha un numero di uomini doppio rispetto a quello delle donne e ha un’età media di quasi 58 anni. Un’età superiore di 4 anni a quella che Tony Blair ha ritenuto sufficiente per smettere. In tutto questo la presenza del ceto politico è strabordante e se sommiamo i parlamentari italiani e europei, i ministri, i sottosegretari, i sindaci, i presidenti di Regione e persone che comunque hanno il loro primo impegno in politica scopriamo che sono l’86%. Come volontà di ricambio non c’è male... Siti e silenzi. Questi dati ci hanno mosso la curiosità di andare a vedere più da vicino la composizione dei gruppi dirigenti dei due principali partiti che si apprestano a confluire nella nuova formazione. Gli scintillanti siti dei due partiti sventolano rinnovamento e sprizzano gioventù da tutti i banner, ma nascondono sotto un velo i loro segreti. Elencano puntigliosamente i vari organismi dirigenti, ma non indicano né età, né provenienza, né ruolo sociale dei componenti. E allora spulciamoli un po’. Neppure un contadino. Un vecchio amico, leader di un famoso gruppo extraparlamentare italiano, raccontava che, nei primi anni settanta, s’incontrò con una delegazione del Partito Comunista Cinese e, non senza orgoglio, disse che l’Esecutivo del suo gruppo era composto per la maggioranza da operai. Il capodelegazione cinese lo guardò con ammirazione e con curiosità chiese: “E gli altri sono contadini?” Ecco, in quel che abbiamo trovato di contadini non ce ne sono, ma di ministri è pieno. Vecchia Quercia. Comunque procediamo con ordine. I Ds hanno sei organismi dirigenti (evidentemente hanno molto da dirigere). Il Segretario, l’Esecutivo, il Comitato Politico, Presidenza del Comitato politico, il Comitato Nazionale e il Consiglio dei Garanti. Tanti sono coloro che fanno parte in contemporanea di molti questi organismi. Del segretario sappiamo: è maschio ha 58 anni fa il parlamentare. L’Esecutivo, invece, conta 18 componenti a 15 sono parlamentari (l’83 percento) l’età media supera i 51 anni, i maschi sono l’80 per cento. Solo due componenti hanno meno di 40 anni. Il Comitato politico invece conta 115 persone di cui il 70% maschi. L’età media supera i 50 anni, più dell’80 ha la sua prima attività nella politica. Un forte abbassamento nella media dell’età è dovuta all’inserimento in questo consesso dei segretari regionali che, con un’età media di quasi 43 anni, abbassano quella generale. Nel complesso si contano 13 persone che hanno meno di 40 anni e addirittura 2 che ne hanno meno di 30 (l’1,7 per cento). Nello sterminato Comitato Nazionale - 372 sono i componenti - gli uomini sono soltanto il doppio delle donne come nel Comitato di Garanzia. Nel vecchio Comitato di Presidenza che conta 17 membri (è proprio il caso di dirlo), invece, i maschietti sono l’88 per cento. Margherita non è rosa... La Margherita non è più snella e conta, oltre al Presidente, al Coordinatore e al Presidente dell’Assemblea Federale altri tre organismi dirigenti, l’Assemblea Federale, appunto, la Direzione e l’Esecutivo. Allo stato attuale non sono disponibili i nomi dei componenti dell’assemblea plenaria ma i dati e i nomi che vengono dalla Direzione non consolano. I componenti sono addirittura 136 e le donne sono 20 (il 16 per cento). I politici professionisti sono la maggioranza. Sono presenti vecchie glorie come Marini e De Mita, Bianco e Parisi. Ma è nell’Esecutivo che i petali della Margherita sorprendono di più. Questo organismo che, compresi i membri di diritto, conta 40 componenti è composto - tra i suoi membri effettivi - praticamente al 100 per cento da politici di professione, ha un’età media che supera i 51 anni, un solo componente ha meno di 40 anni. E le donne sono tre: il 7,5% del totale.

venerdì 8 giugno 2007

Saper pensare il mondo nuovo

La Repubblica
8 GIUGNO 2007
CARLO PETRINI
Siamo arrivati al dunque: quello che è sempre sembrato un argomento marginale nell´agenda politica dei grandi Paesi del mondo, ciò che è sempre stato ritenuto confinabile tra la protesta di piazza e i piccoli consessi degli ambientalisti, ora è entrato prepotentemente nelle stanze del G8. L´evidenza ha messo di fronte ai maggiori consumatori di energia del pianeta la questione del cambiamento climatico come non più prorogabile, e loro in qualche modo sono nuovamente riusciti a prorogare. Quindi il compromesso raggiunto a Heiligendamm, un impegno generico a prendere in mano la situazione in un futuro più o meno prossimo, non è un successo: la montagna ha partorito un topolino.
Non bastano le dichiarazioni d´intenti, il problema è molto più drammatico; il sistema che va urgentemente corretto è molto più complesso.Purtroppo, gli otto grandi rappresentano diverse civiltà, diverse sensibilità, ma sono tutti accomunati dalla stessa visione economica, determinata dai parametri di crescita che hanno segnato la traiettoria del loro sviluppo. Questa visione stabilisce che il benessere materiale è l´unico obiettivo e che lo sviluppo è subordinato a un grande consumo di risorse: per cui i Paesi industriali dovrebbero mantenere il livello raggiunto, mentre chi è in via di sviluppo dovrebbe lottare per arrivare dove sono arrivati loro. Tant´è vero che il tavolo si sta aprendo a quei Paesi emergenti, come la Cina e l´India, che stanno ripercorrendo furiosamente le tappe degli otto e che presto, se ci si basa su questa visione economica, saranno destinati a surclassarli.Mi chiedo, di fronte a questo scenario, quanto i G8 siano consapevoli che la natura ha dei limiti e che il loro stile di vita attuale non tiene conto del fatto che le risorse non sono infinite. Non sono soli al mondo e sono chiamati a rispettare i diritti degli assenti. Oggi è quanto mai nel loro interesse riuscire a conciliare l´ecologia con l´equità, riuscire a garantire uno sviluppo per tutti, perché "la finitezza delle risorse è la cornice della giustizia". Ma ci riusciranno, ne terranno conto?La questione non è soltanto etica, parliamo di sicurezza mondiale, di interdipendenza tra i popoli che abitano la terra, di benessere nell´interesse comune. Si tratta di far proprio un nuovo concetto di sviluppo. C´è un modello che ben descrive quanto sarebbe necessario fare, o meglio quanto resterebbe soltanto più da fare, ed è stato elaborato da Aubrey Meyer nel 2000. Si chiama "Contrazione e convergenza" e parte dal presupposto che nessuno ha il diritto di sfruttare in maniera sproporzionata le risorse: le nazioni dunque dovrebbero muoversi tutte verso lo stesso traguardo, compatibile con gli interessi degli altri Paesi e con la capacità di tenuta della biosfera.Ci riferiamo naturalmente alle risorse fossili: i Paesi industriali dovrebbero ridurre (contrazione) il loro consumo più di quanto i Paesi in via di sviluppo lo aumentino (per raggiungere la convergenza). Sarà necessario un abbassamento del 50% entro il 2050? Dipende come: l´abbassamento dovrà tener conto che i Paesi poveri hanno pur diritto a una crescita di consumi, perché per avere un minimo di benessere ci vuole un minimo di energia. Essi dovranno poter raggiungere almeno una dignity line, un livello che consenta ai loro cittadini di vivere una vita dignitosa. Quindi l´abbassamento dei ricchi dovrà essere più consistente, altrimenti non ne verremo mai a capo.Sembrerebbe utopistico pretendere un tale bagno di umiltà da parte dei grandi della terra, ma ricordiamoci che è anche nel loro interesse. Inoltre, ridurre così tanto i nostri consumi di energie fossili non significherebbe necessariamente ridurre anche il nostro benessere. Con la riconversione della produzione energetica e la sua decentralizzazione si può sviluppare una diversa economia, perfettamente in grado di garantire una buona qualità della vita a tutti. Il punto è proprio la decentralizzazione, l´implementazione di economie locali capaci di fare leva sulla diversità e sulle caratteristiche peculiari dei vari territori, armonizzando le due diverse tendenze che ci chiede il modello "contrazione e convergenza", per portarci a un sistema dove l´importante non sarà più consumare, ma il benessere. Soltanto l´economia locale ci può garantire una produzione decentrata dell´energia: il segreto per garantirci un futuro, o, se vogliamo, anche l´uovo di Colombo che dovrebbe essere messo ritto sul tavolo del G8.È una scelta politica e tecnica: la fornitura di energia che di solito è centralizzata e basata sull´energia fossile (sia nel Nord sia nel Sud del mondo) deve essere decentrata e fondata su fonti rinnovabili. In una fornitura decentrata gran parte dell´elettricità viene prodotta in piccole unità: piccole centrali idroelettriche, impianti di biomassa, fotovoltaico, eolico. Sono metodi che hanno delle filiere molto più corte, si possono inserire bene nelle condizioni economiche e naturali dei luoghi e se ne può facilmente misurare la sostenibilità. Inoltre si possono utilizzare materie prime locali e i consumatori si trasformano pian piano in produttori di energia, rafforzando la loro partecipazione, consapevolezza e responsabilità. Se è vero che i piccoli impianti sono meno efficienti delle grandi centrali, secondo molti studiosi tanti piccoli impianti generano però benefici a livello macroeconomico: creano un mercato di massa e favoriscono l´introduzione di nuovi soggetti sul mercato. Il lavoro e il reddito sarebbero rinforzati a livello locale e questi risvolti benefici ricadrebbero non soltanto nel Nord del mondo, ma nel Sud, dove c´è bisogno di far partire lo sviluppo economico. La molteplicità delle fonti si adatterebbe a livello territoriale: si pensi all´Africa e all´impiego del fotovoltaico, alle zone disabitate e impervie del mondo dove si può implementare l´eolico, a quello che potrebbero fare piccoli stati caraibici ricavando l´etanolo dallo zucchero o alle potenzialità delle biomasse nelle zone dove si generano grandi scarti organici provenienti da altre filiere. Sono soltanto alcuni esempi di come un modello energetico decentralizzato potrebbe migliorare le condizioni di vita in molte parti del globo senza peggiorarle dove già si sta bene.Durante il G8 si è discusso il grosso problema dell´Africa e degli aiuti umanitari: perché nessuno pensa di convogliare aiuti nella direzione di questo nuovo tipo di produzione energetica? Sarebbe un motore formidabile per lo sviluppo, e finalmente questi popoli avrebbero la possibilità reale di camminare con le proprie gambe. Aiutandoli a produrre elettricità in maniera alternativa e a livello locale, sono sicuro che con piccoli ospedali, scuole, case più accoglienti, una vita più agiata, sarà difficile che le campagne si svuotino, che le terre si abbandonino e che si prosegua con grandi megalopoli sempre più ingigantite e insostenibili e una cronica dipendenza alimentare dai Paesi ricchi. Sto forse buttando in aria bei sogni di fronte a un consesso che decide buona parte del nostro futuro? Non credo, è tutta questione di volontà, e di pensare in maniera innovativa: sono tutte cose fattibili. Per questo motivo il vero sogno, forse, sarebbe vedere l´Italia partecipare al G8 con un tale livello propositivo, perché la nostra nazione, sempre più piccola di fronte ai grandi, può davvero giocare un ruolo decisivo su queste tematiche. L´Italia è il simbolo della diversità: siamo diversi al nostro interno e siamo sempre stati il crocevia di migrazioni e conquiste, generando un´incredibile capacità di adattamento e una buona dose di genialità. Noi italiani siamo sempre anche stati maestri nella convivialità, e per questa nostra capacità ci distinguiamo spesso anche negli incontri ufficiali. Ecco, sarebbe bello se riuscissimo finalmente a fare nostra la riflessione di Ivan Illich, secondo il quale il termine convivialità, a partire dal suo significato di saper vivere e mangiare insieme, ha assunto ormai, più ampiamente, il significato "della capacità, da parte di una collettività umana di sviluppare un interscambio armonioso con gli individui e i gruppi che la compongono e la capacità di accogliere ciò che è estraneo a questa collettività". Siamo pronti per pensare un mondo nuovo?

I doveri della politica

Stefano Rodotà, la Repubblica, 08-06-2007
VANE parole d´ordine percorrono l´Italia. Dialogo, ascolto, non lasciare alla destra temi come la sicurezza, no e poi no all´antipolitica. Indicazioni giuste, ammonimenti necessari. Che, tuttavia, ogni giorno vengono oscurati o travolti da pulsioni che spingono in altre direzioni o che inducono a dare risposte frettolose, e sbagliate.Sul dialogo insiste con giusta determinazione il Presidente della Repubblica. Ma i suoi margini si assottigliano sempre di più. La debolezza numerica della maggioranza e la bassa capacità di gestione del Governo hanno rafforzato nell´opposizione la convinzione che non sia tempo di aperture e che, spallate o non spallate, ogni occasione debba essere colta per mettere in difficoltà, o addirittura liquidare, il Governo. Una resa dei conti: dunque la cosa più lontana da un dialogo, per il quale, sul terreno politico, le difficoltà sembrano quasi insormontabili, come conferma l´ultimo dibattito parlamentare sulla vicenda della Guardia di Finanza.Non minori sono i problemi quando si passa alle questioni, di vita, ai temi "eticamente sensibili". Nel suo messaggio alla Conferenza sulla famiglia, il Presidente della Repubblica, dopo aver ricordato l´eguaglianza raggiunta "con la riforma del diritto di famiglia e altre leggi come quelle sul divorzio e l´aborto", ha sottolineato che anche le unioni di fatto "vanno concretamente assunte come destinatarie dei principi fondativi della Costituzione senza alcuna discriminazione", attraverso "il riconoscimento formale dei diritti e dei doveri". Immediata la risposta del Presidente della Conferenza episcopale, interpretata appunto come disponibilità al dialogo. Attenzione, però. Ogni segnale deve essere valorizzato, ma va pure analizzato per quello che effettivamente è. Monsignor Bagnasco ha manifestato la volontà di "promuovere, là dove ci sono, veri diritti individuali". Vengono così definiti terreno e modalità del dialogo. Ieri si parlava di "sana laicità", oggi di "veri diritti". In questo modo, uno dei due dialoganti si attribuisce il potere di stabilire le "condizioni d´entrata" dell´interlocutore. Ma non ci sono "veri" diritti individuali, che qualcuno pretende di definire unilateralmente. Vi sono i diritti riconosciuti dalla Costituzione, e basta. Un atteggiamento analogo si era già colto a piazza San Giovanni, al cui ascolto si continua ad invitare. Ma quella piazza va ascoltata fino in fondo, nel senso che bisogna ricordare proprio le parole che hanno concluso il Family Day. E´ stato detto che bisogna sostituire una nuova "antropologia", fondata sulla famiglia, alla logica dei diritti individuali. Non è poco, anzi è la conferma che la vera materia del contendere nasce dal fatto che siamo di fronte ad una volontà sempre più dichiarata di riscrivere la tavola dei valori costituzionali, questa volta espressa nella forma di una sostituzione della logica "comunitaria" a quella dei diritti delle singole persone.Prima vittima di questa iniziativa sembra ormai essere la proposta del Governo sui Dico, peraltro assai claudicante. Ma il prossimo obiettivo è già indicato: la legge sul testamento biologico, arbitrariamente presentato come un passo verso l´eutanasia. E il Family Day non ha soltanto reso più acuto il conflitto sui valori. Sta producendo un nuovo soggetto politico, al quale si annuncia l´adesione dei parlamentari teo-dem, rendendo così ancor più arduo il dialogo, dal momento che la sopravvivenza del Governo, la tenuta della maggioranza saranno fatalmente subordinate alle condizioni poste da questi gruppetti, minoritari ma indispensabili.La sottolineatura delle difficoltà non può essere liquidata come volontà di ostacolare il confronto, come espressione di intransigente laicismo. Al contrario. Si potrà dialogare davvero solo se tutte le posizioni saranno chiare, se il netto punto di vista della Chiesa avrà di fronte a sé atteggiamenti altrettanto chiari da parte dei suoi interlocutori, se diverrà manifesta la logica che deve ispirare l´azione dello Stato. Le contorsioni degli ultimi tempi sono il segno d´una cultura debole, dalla quale discende una politica inadeguata. Arriviamo così al punto dolente dell´antipolitica. Giustissimo non alimentare populismo e qualunquismo (però, per favore, non tiriamo sempre in ballo l´Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, che era cosa del tutto diversa), non fare di tutt´erbe un fascio. Ma da troppo tempo queste giuste preoccupazioni si traducono nel silenzio colpevole su fenomeni inammissibili in un sistema democratico, nell´accettazione di una moralità a geometria variabile, nelle smagliature continue della legalità che hanno portato ad un ritorno impressionante della corruzione. L´antipolitica nasce quando la politica perde la capacità di guardare al proprio interno senza compiacenze, quando i ceti dirigenti sono più impegnati nell´autoconservazione che nella ricerca di una trasparente legittimazione pubblica. Da anni la responsabilità politica è praticamente scomparsa. Quando si censura il comportamento di un politico, la risposta corrente è "non vi è nulla di penalmente rilevante". Così non soltanto si confondono codice penale e regole della politica. Si fa diventare la magistratura l´esclusivo e definitivo giudice della politica, con distorsioni che sono davanti agli occhi di tutti e che non sono il frutto d´una volontà di potenza dei giudici, ma delle dimissioni della politica da uno dei propri, essenziali compiti. Un establishment che voglia davvero essere tale, e che voglia conservare credibilità davanti all´opinione pubblica, dev´essere capace di escludere chiunque trasgredisca regole di trasparenza, correttezza, moralità. Altrimenti si finisce su terreni scivolosi, si diventa prigionieri d´ogni contestazione, si riduce tutto solo ad una questione di taglio di spese, sacrosanto per molti versi, ma che può perfino produrre inefficienze maggiori di quelle che si vorrebbero eliminare. Non si abbia pausa della trasparenza e della severità. Da qui, e solo da qui, può partire una possibile salvezza.La buona cultura, come unica via verso la buona politica, dev´essere invocata anche nella materia della sicurezza, cominciando con qualche distinzione. La criminalità "predatoria", che determina insicurezza, è cosa ben diversa dall´affiorare di un terrorismo strisciante, e entrambi questi fenomeni non possono oscurare il tema cruciale della radicale caduta della legalità. D´accordo, prestiamo la dovuta attenzione alle lettere ai giornali. Ma dovremmo anzitutto domandarci le ragioni per cui lo straordinario successo del libro di Roberto Saviano non è stato accompagnato da nessuna significativa reazione istituzionale. Il passaggio di poteri dalle istituzioni pubbliche alle organizzazioni criminali è ormai fatalisticamente archiviato, sì che possiamo tranquillamente occuparci dei problemi legati alla localizzazione di un campo rom?Diciamo pure che il bisogno di sicurezza non è di destra, né di sinistra. Ma sono molto diversi i modi in cui si "produce" e si governa questo bisogno. Proprio perché la legalità è cosa tremendamente seria, non può essere ridotta solo a questione di ordine pubblico, peraltro rilevante. Nei documenti di alcuni sindaci compare la consapevolezza di una strategia complessiva, che va dagli interventi sociali all´integrazione culturale e politica. Questa è la via maestra verso una sicurezza che non solo non smantella le garanzie, ma le fa penetrare più profondamente nella società con benefici per tutti. Altrimenti prepariamoci alla società della sorveglianza, dove la sicurezza è di destra perché insidia la democrazia.Distinguendo pazientemente, chiarendo punto per punto, si creano le condizioni del dialogo. Che, tuttavia, sono negate da un linguaggio che descrive città assediate da nuovi barbari all´assalto della vita e della dignità dell´uomo. Per fortuna, in tutti i campi vi è chi non lancia anatemi. E allora cerchiamo i buoni interlocutori, e andiamo avanti.