domenica 3 giugno 2007

Ieri al Teatro Quirino: LA GIORNATA, LE FRASI

La Repubblica
3Giugno

Prodi, Parisi e Veltroni messi sotto torchio da una inquieta platea preoccupata per le sorti del nuovo partito

Il popolo ulivista si sfoga in teatro "Siamo stufi, basta con i Mandarini"

Paola, 47 anni Ho fondato un´associazione. Si chiama "Aspettare stanca". Come sarà il nuovo partito? Avrà delle facce nuove? Nascerà veramente aperto?
piercarlo, 53 anni Ero delegato a uno dei congressi, parlano sempre gli stessi. Ci aiuterete a fare delle primarie vere e a liberarci dei mandarini?
saverio, 60 anni Ai leader politici dico: non uccidete il padre prima del tempo. Qui c´è anche l´erede designato. Stiamo attenti a non bruciarlo
Al Quirino il ministro Santagata ha chiamato a raccolta le associazioni nate dalla Fabbrica del programma

GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - Pubblico vero, vivo, a volte aggressivo, diffidente, sicuramente stufo. Il popolo dell´Ulivo ormai non fa sconti. Neppure alle sue icone. Diciamo pure che non ne può più. Si alza una signora: «Ho fondato un´associazione. Si chiama "Aspettare stanca"». Appunto: quando nasce il partito democratico? Sarà veramente aperto? Avrà facce nuove? Alessia, 14 anni, domanda: «I vecchi quando se ne vanno?». Ops. Applausi sì, ma poco fragorosi. Anche se ha il maglioncino blu buttato sulle spalle, il protagonista dell´assemblea ha 68 anni. Siede in seconda fila, accanto a Walter Veltroni, è appena uscito dalla bufera del caso Visco-Speciale. Ascolta per due ore, sorride. «Il 14 ottobre cambia tutto», promette Romano Prodi. Teatro Quirino, un giorno di festa, subito dopo pranzo. Il ministro Giulio Santagata ha chiamato a raccolta gli aderenti a Incontriamoci, l´associazione nata a margine della Fabbrica del programma. La platea e le prime due gallerie sono piene. Un migliaio di persone e vogliono parlare quasi tutti. Sul palco, accanto a una decina di persone "normali", siedono Santagata, Arturo Parisi e Giovanna Melandri. "Fedeli"del Partito democratico, dalla prima ora. Dal piccolo podio apre l´assemblea Veltroni, chiude Prodi. Ma lo spettacolo è in mezzo. Dibattito incasinato, come la famiglia di "Little Miss Sunshine" evocata dal sindaco di Roma. Il turista per caso Patrizio Roversi, bravissimo, smista il traffico degli interventi. Si strappano il microfono. Allora, viene escogitata la tecnica dei bigliettini: domande scritte per non perdere tempo. Roversi scherza. «Leggo un post scriptum: ridammi il foglio perché dietro ho l´orario dei treni». Ma non c´è molto da ridere. «Voglio sapere cosa state facendo voi per impedire che i soliti mandarini chiudano la porta ai nuovi dirigenti», punta il dito un signore ben vestito. E la platea si scalda, unanimità contro i mandarini, contro i vecchi giochi di potere. Si capisce qui che ormai sono tutti sulla stessa barca: gli ulivisti storici e i leader di partito, peraltro assenti. Santagata sbuffa: «Mio figlio dice che gli fa schifo avere per padre un politico. Ma se continuate ad accusarci dicendo "voi, voi", sbagliate. Perché il Partito democratico dobbiamo costruirlo insieme». Reagisce anche Parisi: «Mi potete chiedere conto del mio lavoro al ministero della Difesa. Ma sul Partito democratico ognuno deve fare la sua parte, anche tu», risponde a una signora sfiduciata. Non è un assedio, ma poco ci manca. Ai congressi, quando non parlano i big, si esce a fumare una sigaretta. Qui i più applauditi sono quelli che si presentano così: «Sono Viola, pensionata, una sconosciuta. Potevo stare a casa a fare la calzetta invece ho deciso di partecipare a un´associazione per il Partito democratico...». Gli "sconosciuti" chiedono un leader «all´altezza di Blair» (non esageriamo, commenta Roversi), «dateci le regole per la Costituente», invocano. Applaudono quando Veltroni paragona «il comitato dei 45 alla vita virtuale di Second Life». Il comitato non gode di molte simpatie, qui. «Siete sicuri che avremo delle liste aperte per l´assemblea, che Ds e Margherita non faranno muro?». La Melandri lo rassicura: «Non vogliamo buttafuori all´assemblea». Non si fida, il popolo dell´Ulivo. Sul banco degli imputati non ci sono più solo i D´Alema, i Rutelli, i Fassino. Anche i presenti devono offrire delle garanzie. C´è un clima strano, gli ulivisti si sentono circondati. Afferra il microfono un signore di Bologna, capelli bianchi: «Stiamo uniti, porco giuda. Non fate i bambini». Niente applausi. Poi si avvicina Saverio, 60 anni di Napoli, una sahariana bianca. «Ai politici che sono qui dico: non uccidete il padre prima del tempo. E vedo che in questa sala - si rivolge a Prodi e Veltroni - c´è anche l´erede designato. Bene, stiamo attenti a non bruciarlo». Il padre è lui, il premier, naturalmente. È una boccata d´ossigeno. Prodi infatti blocca Saverio mentre torna al suo posto. Gli stringe il braccio, si avvicina al suo orecchio. «Mi ha detto: "grazie, veramente". E stringeva forte, fortissimo». Sarà così il Partito democratico, giura il Professore. Tutti rischieranno in proprio, nessuno avrà il posto fisso. Anche le nuove generazioni dovranno meritarsi il loro spazio. «Ne ho visti tanti di giovani vecchi affacciarsi in politica...». Comunque, viva la partecipazione, viva il dibattito. «Ma vi rendete conto? Questa è una rivoluzione per la politica italiana?», dice Prodi. Rotolerà qualche testa?

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