La Repubblica
3 luglio 2007, pag. 21
Andrea Manzella
Andrea Manzella
Nunc redit animus. Quando lo storico di Roma scriveva quelle tre parole, non c'erano state "primarie", né "gazebi", né sondaggi, né regole procedurali. Ma con esse attestava la verità politica reale di un movimento di persuasione collettiva, che si era manifestato, oggi diremmo, per via pre-politica. Da allora quelle parole descrivono, benissimo, il punto del tempo preciso in cui un moto di sollievo si diffonde spontaneo nella pubblica opinione per un fatto che essa interpreta come fine di un periodo di depressione o di paura.
Come e perché nascano questi stati d'animo collettivi, quale sia la loro chimica interna, la loro onda di diffusione, la loro perduranza nel tempo: sono tutte cose che nessuna scienza politica o costituzionale è riuscita finora a spiegare o prevedere. Sono fenomeni che oggi si sottraggono per-sino all'ossessiva invasione delle moderne comunicazioni, nel senso che sfuggono alle forme della globalizzazione perché usano canali irriproducibili tecnicamente. Si propagano per contagio, per osmosi, per le invisibili vie che fanno di una folla dispersa e "liquida" una comunità emozionalmente coesa. Appartengono ancora adesso alla zona misteriosa, e qualcuno dice irrazionale, della politica. Ma, se non ci fossero, la politica sarebbe un'altra cosa e non una avventurosa partita aperta che appassiona perché il suo risultato non è mai interamente nelle mani di chi la gioca come professione.
Forse con linguaggio attuale potremmo parlare di forme aurorali della democrazia di partecipazione: il punto in cui, con l'auto identificazione spontanea in un leader o in una mouvance, le risorse dell'antipolitica" (nel senso oppositivo ma non negativo di Pierre Rosanvallon) sono investite nella politica.
Non occorre essere particolarmente amici del sindaco di Roma per riconoscere che uno di questi "magic moments" si è realizzato in questi giorni intorno a lui. Che una di queste fusioni "a caldo" - impolitiche perché sorgono "fuori ordinanza": all'esterno dei regolamenti, dei tempi e degli schemi degli ordinamenti politici vigenti - si è verificata e si è posta al centro della politica perché tutti ormai devono, nel bene o nel male, tenerne conto.
Ne terrà conto, certo, l'opposizione parlamentare – maggioranza nei sondaggi - e che ora deve fronteggiare non tanto il giovane leader conosciuto quanto la profondità sconosciuta del movimento di opinione che si è creato intorno a lui. Ne tengono già conto i contro-opinionisti che cercano legittimamente di demitizzare l'accaduto, spiegando accuratamente le ragioni per cui non vi sarebbero ragioni per la main streaming che tuttavia si è prodotta. Ma ne dovrà soprattutto tenere conto la maggioranza: per due aspetti preminenti. Da un lato, per arrestare, con questa imprevista iniezione di fiducia e di speranza, il movimento franoso che minaccia da tempo l'opera di un difficile governo. Dall'altro lato, per "aggiornare" e ricostruire e accorciare, intorno a questa sopravvenienza di clima e di sentire popolare, il lento e accidentato percorso - magari politicamente "corretto" ma terribilmente datato - a suo tempo tracciato per arrivare al "partito nuovo". Una road map disegnata a freddo, come per una tesi sperimentale scolastica o per un modellino da vasca navale. Ma che ha già provocato una realtà di dissensi e di lacerazioni gravi.
Sarebbe allora un ultimo, inverosimile errore volere costringere il fatto politico, già compiuto almeno come annuncio e come accoglienza, a "rientrare" in quell'astratto schemino di regole concepite prima che la "sorpresa" politica venisse a renderle in certa misura obsolete. È giusto infatti l'impegno a difendere in ogni caso ilprincipio di democrazia procedurale. È perfino equo che certe procedure servano a "recuperare" nel grande gioco validissimi dirigenti politici colti, appunto, di sorpresa dalla vastità e dalla svolta del consenso intorno ad una candidatura. Quello che davvero non si capirebbe è che vincoli procedurali, con pluralismi artificiali e ballottaggi inventati ed altre chicanes e la stessa lontanissima data-feticcio del 14 ottobre - divenissero la "lettera" della politica che ne spegnesse lo "spirito" appena formatosi in una di quelle comunioni o "stati nascenti" che spingono la politica a cambiare cavallo.
Certo, le regole essenziali della democrazia costituzionale vanno rispettate. E anche il consenso "accertato" va verificato: la competizione rende sempre più forti le leadership che vi risultano vincenti. Ma insistendo in certi ideogrammi procedurali, impegnandosi a costruire "lettini di Procuste" per costringervi dentro quel che, in un certo senso, è già accaduto: così non si va avanti, ma si torna indietro. Perché non si inventa un partito nuovo a tavolino e dall'alto, senza accorgersi di quel che accade intorno. E perché qualcun altro potrebbe ripetere come il personaggio di Garcia Marquez che «quella via non gli interessava, perché poteva condurlo soltanto al passato».
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